Gazzetta di Reggio

Reggio

Dopo l’interdittiva Zini, Bari e Zambelli chiudono la Sincre

di Enrico Lorenzo Tidona
Dopo l’interdittiva Zini, Bari e Zambelli chiudono la Sincre

Il vice presidente e il consigliere dell’Ance Enrico Zini e Saverio Bari stanno liquidando la ditta edile colpita nel 2013 dal provvedimento antimafia

06 agosto 2014
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REGGIO EMILIA. «La norma sulla white list è sacrosanta, andrebbe estesa anche alle opere private». Così, lo scorso febbraio, a pochi giorni dal ricevimento dell’interdittiva antimafia alla Sincre spa, il presidente della ditta, Enrico Zini, aveva commentato la «comunicazione di non accoglimento della istanza presentata a fine 2013 per l’iscrizione nella cosiddetta “white list” antimafia», elenco delle aziende che possiedono requisiti di legalità e autorizzate quindi a partecipare ad appalti pubblici e alla ricostruzione post terremoto in Emilia.

Un provvedimento, si legge nella nota di bilancio 2013 della Sincre approvato il 10 aprile 2014, che «ha di fatto valore interdittivo per la società in relazione alla possibilità di partecipazione a qualsiasi gara d’appalto promossa da enti pubblici». A mettere nei guai la Sincre è stata la presenza in azienda di un lavoratore con responsabilità sui cantieri, parente di un imprenditore con precedenti legati alle attività illecite delle cosche, e protagonista nel 2002 di reati relativi all’emissione di fatture false per operazioni inesistenti.

Una vicenda che accompagnata alla crisi, secondo gli amministratori, ha portato ora alla liquidazione volontaria della società partecipata al 50% dalla Zini e Zambelli srl di Enrico Zini e Glauco Zambelli (il primo vice presidente dell’Ance di Reggio, sigla confindustriale dei costruttori), da Saverio Bari (consigliere del direttivo Ance) e Salvatore Bari tramite la ditta Fratelli Bari srl.

La Sincre aveva sede in via del Tresinaro, a Masone, spostata poi in via Asseverati, nella quale lavoravano 35 dipendenti, ora coperti dalla cassa integrazione per cessazione di attività. Una breve storia imprenditoriale, nata nel 2012 dal conferimento di rami d’azienda da parte delle due società azioniste.

L’interdittiva è frutto di indagini e accertamenti effettuati negli anni da carabinieri, polizia e guardia di finanza, che avevano rilevato potenziali rischi di inquinamento mafioso per l’azienda reggiana, già titolare di appalti di rilievo come la sede a Reggio di Acer e l’ospedale di Carpi. «In conseguenza di tale grave fatto» viene riportato nella nota riferendosi all’interdittiva emessa dalla prefettura di Reggio «la società si è venuta a trovare nella pressoché impossibilità di dar corso ad una serie di lavori in appalto verso committenti privati e soprattutto pubblici, appalti sui quali si fondava sostanzialmente il budget per l’anno 2014». E ancora: «In un primo momento, con riferimento a quanto sopra ricordato, non si sono rilevate conseguenze dirette in relazione alle attività cantieristiche già in corso». Inizialmente, i soci della Sincre erano convinti di poter raddrizzare la situazione, salvo poi registrare una perdita a bilancio nel 2013 di oltre mezzo milione di euro. Le commesse, intanto, erano sempre più risicate, portando quindi alla decisione delle due ditte socie di proseguire su binari diversi, chiudendo definitivamente l’attività.