Mafie, l'inchiesta di Cortocircuito squassa Montecchio e Brescello
Scuola bloccata e senza cerificato antimafia: il presidente del Tribunale segnala il caso alla Corte dei conti. Il sindaco Coffrini: Grande Aracri? Una persona perbene. Spadoni (M5s): interrogazione in Parlamento
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CASALGRANDE. «Brescello per me non esiste» e «il sindaco di Montecchio credo dovrà risponderne alla Corte dei Conti». Fra ironie e pareri tranchant, il presidente del tribunale di Reggio Emilia Francesco Caruso non ha girato attorno alle questioni calde reggiane, come la Brescello dei Grande Aracri e il caso di Montecchio con la scuola ancora da finire per colpa di una ditta campana che non ha mai prodotto il certificato antimafia e che, dopo aver vinto l’appalto, all’improvviso, ha abbandonato il cantiere. Un fatto destinato ad approdare in Parlamento per mano della deputata reggiana del Movimento 5 Stelle, Maria Edera Spadoni: "Depositerò alla Camera un'interrogazione scritta relativa alla mancanza del certificato antimafia per la scuola di Montecchio. Il ministero competente sarà obbligato a dare spiegazioni sulla vicenda" dice Spadoni.
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Il magistrato è stato uno dei protagonisti dell'incontro in scena giovedì sera a Casalgrande, la presentazione della video-inchiesta “La ‘Ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana”, realizzata dai ragazzi della web-tv reggiana Cortocircuito. Presenti, oltre a Caruso, Isabella Fusiello, questore di Reggio, Paolo Zito, comandante provinciale dei carabinieri. Il documentario si concentra su alcune situazioni poco chiare nel territorio reggiano, a livello di infiltrazioni e radicamento mafioso. Al centro del mirino, in particolare, Brescello e Montecchio e i suoi sindaci, intervistati da Cortocircuito.
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A lasciare sbigottiti tanto le forze dell'ordine presenti in sala, quanto il pubblico, sono state soprattutto le dichiarazioni del primo cittadino di Brescello, Marcello Coffrini, che ha speso parole benevole per Francesco Grande Aracri, residente nel comune della bassa reggiana, condannato in via definitia per mafia all'interno dell'inchiesta Edilpiovra, al quale sono stati sequestrati in via preventiva beni per 3 milioni di euro. Secondo Coffrini, Brescello non è un paese con problemi di criminalità. Per il sindaco "Grande Aracri è uno molto composto, educato, ha sempre vissuto a basso livello".
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Messi a confronto, nel lavoro, con il vecchio sindaco di Rubiera Danilo Pignedoli, che già negli anni '80 si attivò contro presenze criminali. «Il confronto fra vecchi e nuovi e amministratori emerge chiaro, così come è chiaro – dopo anni di studio – il fenomeno dell'infiltrazione al Nord. Come è chiara la capacità della mafia di infiltrarsi nel potere, in quella che chiamiamo zona grigia». Caruso ha poi commentato le immagini. Su Brescello, si è limitato ad un ironico «per me Brescello non esiste». Poche parole ma decisamente pesanti. A Montecchio, dove i lavori della nuova scuola sono fermi dopo la sparizione degli operati dell'azienda scelta, che aveva presentato un'offerta molto vantaggiosa economicamente. Ma di cui non sono mai state certificate le credenziali antimafia, in un mare di confusione burocratica. «Credo che il sindaco di Montecchio dovrà risponderne alla Corte dei Conti», è la secca frase del presidente del tribunale. Caruso ha poi allargato il discorso a livello nazionale: «in Italia far rispettare le leggi diventa sempre un problema politico. Si sa perché Dell'Utri è in galera, è chiaro, ma se alla fine la colpa è del giudice qui c'è qualcosa che non funziona».
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Del ruolo, positivo o meno, nel tessuto sociale amministrativo ha parlato anche il nuovo questore Isabella Fusiello. «A mio avviso, il Comune di Montecchio non è giustificato per non aver trasmesso i dati per l'antimafia. Gli amministratori, in generale, se vogliono possono ostacolare la penetrazione mafiosa nei settori a rischio», ha sostenuto. «Ci sono gli strumenti, le liste, le interdizioni, e vanno usati. Poi, è innegabile: Reggio è una realtà ricca, ci sono tante opere importanti, come le Vele di Calatrava e la Mediopadana, che possono assolutamente aver attirato l'attenzione di realtà mafiose». Infine, ha preso la parola il comandante provinciale dei carabinieri Paolo Zito. E anche il colonnello ha usato parole chiare: «qui si fanno affari, alle mafie non interessa il controllo del territorio, qui interessa fare soldi, ed è ovvio che ci siano infiltrazioni nel tessuto reggiano». Anche in un settore storico locale, l'agricoltura. «Le cosiddette agromafie generano un giro di affari stimato in 14 miliardi di euro all'anno, con tantissime varianti criminali. Spesso e volentieri realizzate assieme ai colletti bianchi, a chi vuole farsi infiltrare per interesse». Zito però non offre un quadro del tutto fosco. «Credo che dei segnali siano stati dati, nei mesi scorsi, colpendo il patrimonio delle associazioni mafiose. Ed è giusto che si vedano arresti, di persone coinvolte. A Reggio, comunque, si vive ancora bene, i servizi sono garantiti, qui possiamo contrastare queste infiltrazioni. Dico contrastare, chi parla di annullamento completo è quantomeno presuntuoso».