Gazzetta di Reggio

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Mafie, il presidente del tribunale striglia i politici

Tiziano Soresina
Mafie, il presidente del tribunale striglia i politici

Caruso torna sui contenuti della video inchiesta di Cortocircuito. "Chi amministra non può ignorare le indagini sul radicamento mafioso"

23 settembre 2014
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REGGIO EMILIA. «Brescello per me non esiste»: all'incontro di giovedì a Casalgrande sulla nuova video inchiesta firmata dagli universitari della web-tv reggiana Cortocircuito, tra gli invitati c’era anche il presidente del tribunale Francesco Caruso

SONDAGGIO: Cosa dovrebbe fare il Pd con Coffrini?

Così lei ha commentato l'intervista a Marcello Coffrini, sindaco di Brescello...

«C'è stato un fraintendimento, in realtà quella frase che potrebbe apparire irriguardosa per i brescellesi era legata a quella che avevo detto prima, cioè che non potevo neppure sfiorare temi che in qualche modo riguardavano processi in corso per quanto del tutto autonomi rispetto ai temi della serata. Comunque quanto emerge dal video è grave e preoccupante».

Entriamo nei dettagli.

«Non mi sarei mai aspettato un situazione simile nel Reggiano. Siamo in Emilia, terra di valori civili, di partigiani, di Resistenza, con istituzioni ben radicate, in cui operano con efficacia il tribunale, la procura, le forze dell'ordine, dove vi sono stati arresti e indagini anche per 416 bis. Dalla video-inchiesta emergono invece silenzi, indifferenza, paura, omertà. A questo punto mi è venuto da pensare che rispetto al tema del contrasto alle mafie vi sia maggior impegno in una certa parte della società civile in Sicilia che da queste parti. Ricordo che da alcuni anni Confindustria Sicilia ha stipulato protocolli per espellere dall’Associazione gli imprenditori omertosi che pagano il pizzo. Sono poi rimasto colpito dalle parole di questi nuovi amministratori reggiani...».

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Cosa intende dire?

«Davo per scontata, a Reggio, la consapevolezza degli amministratori pubblici su certe delicate tematiche, anche perché negli anni scorsi sono stato coinvolto dal Comune in iniziative di formazione. Davanti ad alcune risposte sentite nel video mi chiedo se la nuova classe politica si informi, si documenti, si ponga il problema dei criteri per riconoscere l’esistenza della criminalità organizzata sul territorio. Sulla mafia che si radica al Nord vi sono relazioni dell'Antimafia, fior di libri e indagini di esperti, consulenti della Regione e degli Enti locali, inchieste giornalistiche. Per non parlare di indagini molto incisive, per esempio quelle sulla 'ndrangheta in Lombardia da cui sono scaturite ad esempio pubblicazioni come quelle di Nando dalla Chiesa sul caso Buccinasco e un libro inchiesta dal significativo titolo la “Quinta mafia” in cui si sostiene che la mafia del nord sta diventando la quinta mafia nazionale. Insomma, è doveroso informarsi per chi deve amministrare il territorio».

Il sindaco Coffrini ha definito Grande Aracri "una persona normale, gira in bici e non in Ferrari, saluta, non spara in aria, non ha comportamenti mafiosi".

«Ne prendo atto».

Sempre il sindaco di Brescello, nell'intervista alla Gazzetta, dice che la inviterà in loco, per mostrarle un paese che non è mafioso. Ci andrà?

«Sì, se organizzerà un'iniziativa sulla mafia vi parteciperò, portando il mio contributo su come la criminalità organizzata s'infiltra nel tessuto economico e come si fa a riconoscere la presenza della mafia sul territorio sulla base di ciò che emerge dai processi celebrati in varie sedi del nord Italia».

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Coffrini sostiene che a Brescello vi siano zero estorsioni, zero pizzo. E che pochi episodi non sono indice di un paese mafioso...

«La mafia agisce in silenzio e le estorsioni avvengono proprio in questo modo, non è facile individuarle. Come spiega Andrea Camilleri il mafioso è tale quando non ha bisogno di chiedere il pizzo: chi deve pagare paga prima che arrivi la richiesta. Basta farsi riconoscere. E il pagamento è poi effettuato talvolta anche in cambio dei servizi che l’organizzazione offre: protezione, affari, risoluzione di problemi. Il tutto nel silenzio e nella “pax mafiosa”. Inoltre gli analisti del fenomeno mafioso dicono che dove ci sono i quattrini, la criminalità organizzata investe, fa affari e ripulisce i soldi».

Il segretario provinciale del Pd, Andrea Costa, è stato lapidario: "I nostri amministratori non stringono la mano ad un condannato per mafia, non lo salutano, non lo frequentano".

«Direi che si tratta di una posizione più che corretta. Quando lavoravo in Sicilia e dovevamo liquidare gli indennizzi a chi era stato arrestato per mafia e poi assolto, sostenevamo un argomento simile per respingere la domanda».