'Ndrangheta a Reggio Emilia: sequestrati 5 milioni ai Sarcone
Oggi la Dia di Firenze e quella di Bologna hanno messo i sigilli a case, auto, società e conti correnti con l'ausilio dei Carabinieri di Reggio Emilia. Beni riconducibili agli imprenditori edili calabresi affiliati al clan Grande Aracri
REGGIO EMILIA. Beni del valore di 5 milioni di euro sono stati sequestrati da agenti della Dia di Firenze e di Bologna, coadiuvati dai Carabinieri di Reggio Emilia, nelle province di Reggio Emilia, Perugia e Crotone. I beni sequestri sarebbero riconducibili ai fratelli Sarcone, tutti imprenditori edili di origine calabrese da anni stabiliti in Emilia, ritenuti affiliati alla ’ndrangheta e precisamente alla cosca Grande Aracri di Cutro (Kr). La cosca era particolarmente attiva nelle estorsioni ai danni di imprenditori operanti in vari settori dell’economia locale.
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ll sequestro è stato disposto in via d’urgenza dal presidente del Tribunale di Reggio Emilia, su richiesta del direttore della Dia Arturo De Felice, dopo che gli investigatori del Centro operativo di Firenze avevano rilevato, da parte di familiari di uno dei fratelli, ripetuti tentativi di sottrarre al sequestro ingenti somme di denaro. I beni posti in sequestro sono costituiti da circa 40 immobili (terreni e fabbricati), da numerosi autoveicoli intestati a persone fisiche e giuridiche, da quote societarie e compendi aziendali e da consistenti disponibilità finanziarie.
L’operazione si colloca nell’ambito di un procedimento di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali avviato a seguito di richiesta formulata dal Direttore della Dia in base a un’accurata analisi delle infiltrazioni della criminalità organizzata di origine calabrese nei settori imprenditoriali dell’Emilia Romagna, effettuata dalla Dia di Firenze.
I beni sequestrati si trovano per buona parte nel territorio di Reggio Emilia, ma anche a Cutro (Crotone) e a Perugia. Il risultato del blitz fatto in mattinata dalla Dia di Firenze è stato compiuto nei confronti dei quattro fratelli Sarcone: Nicolino, 49 anni, Gianluigi, 43, Carmine, 35 e Giuseppe Sarcone Grande, 52. Il provvedimento di sequestro nasce a seguito delle indagini della Dia, che aveva valutato "l'oggettiva sproporzione tra il reddito dichiarato e il patrimonio posseduto dai proposti". Ai Sarcone era già stato notificato il provvedimento e fissata l'udienza, a ottobre, per discuterlo. Nel frattempo, però, i familiari avrebbero tentato di monetizzare alcuni titoli. Ritenendo sussistente il rischio che denaro e beni della famiglia potessero sparire, è stato chiesto e ottenuto dalla Dia un provvedimento d'urgenza per bloccare immediatamente i beni. Per questo gli uomini dell'antimafia, insieme ai carabinieri di Reggio
Emilia, sono intervenuti per eseguire il provvedimento.
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In tale contesto, è stata monitorata la posizione dei quattro fratelli, ritenuti affiliati alla ’ndrangheta, uno dei quali già condannato con sentenza di primo grado emessa nel 2013 (Nicolino Sarcone) a una pena di otto anni e otto mesi per associazione di tipo mafioso, essendo stato accertato il suo ruolo di vertice nella cosca Grande Aracri.
"Da oggi nessuno può far finta che il fenomeno sia limitato o ritenere che sia stato enfatizzato, nessuno può negare che la nostra comunità sino ad ora lo abbia sottovalutato, in alcuni casi volutamente rimosso od addirittura tollerato". Queste le parole di Guido Mora e Matteo Alberini, componenti della segreteria della Cgil di Reggio Emilia, che putano il dito contro le infiltrazioni nel tessuto economico della provincia e la politica, spesso indolente rispetto alle inchieste sulle mafie. "Non deve più succedere che le istituzioni locali non percepiscano la gravità di fatti che accadono quotidianamente sotto i loro occhi, che si minaccino querele a chi denuncia pubblicamente situazioni sospette o che ci si trinceri dietro a – peraltro inesistenti – lesioni dell’immagine di “pacifiche comunità”.
A intervenire sul caso, a pochi ore dal blitz, è il sindaco di Bibbano, Andrea Carletti, che ha scritto un post su facebook. “In merito alla maxi-operazione antimafia condotta dalla Dia di Firenze e di Bologna in collaborazione con i Carabinieri di Reggio e Bibbiano - scrive il sindaco - relativa al sequestro di beni alla famiglia Sarcone, rinnoviamo il nostro pieno e convinto sostegno al lavoro dei soggetti inquirenti e delle forze dell’ordine, a cui va la nostra gratitudine. Ribadiamo inoltre che Bibbiano e i bibbianesi continueranno a portare avanti con determinazione e a schiena dritta i valori della legalità, senza se e senza ma. Continueremo a combattere con tutte le nostre forze per liberare il territorio dalla presenza non gradita di personaggi legati alla criminalità organizzata”.
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«È una bella notizia che ci sia stata questa operazione. Vanno ringraziate tutte le forze dell'ordine per la caparbietà e l'operazione che hanno fatto». Così il candidato alle primarie in Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha commentato l'operazione contro la 'ndrangheta in regione parlando con i giornalisti prima di un incontro pubblico con il sindaco di Bologna, Virginio Merola. L'ex segretario regionale Pd ha ricordato che «la parola legalità è una delle parole chiavi del mio programma. La lotta alla mafia deve essere una delle priorità di tutto il sistema emiliano-romagnolo». Bonaccini ha anche risposto a una domanda sul primo cittadino Pd di Brescello, Marcello Coffrini, al centro delle polemiche per le sue parole sull'incontro con un boss della 'ndrangheta: «Dimettersi? La prima cosa che mi sarei aspettato - ha detto - è che chiedesse scusa per gli errori. Questo è un errore grave. Mi auguro si scusi. E poi sarà la sua comunità a decidere il da farsi».
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«Vorrei complimentarmi con gli agenti della Direzione investigativa antimafia di Firenze e Bologna e con i Carabinieri di Reggio Emilia per l'indagine che ha portato al sequestro di beni del valore di 5 milioni di euro
riconducibili ai fratelli Sarcone, tutti imprenditori edili di origine calabrese da anni stabiliti in Emilia, ritenuti
affiliati alla 'ndrangheta e precisamente alla cosca Grande Aracri di Cutro»: a sostenerlo è il senatore modenese del Pd Stefano Vaccari.
«Un'operazione che conferma, una volta di più - prosegue Vaccari - quanto siano fondamentali le misure di prevenzione verso questi patrimoni accumulati con attività illecite e criminose, nonchè la pericolosità di questo fenomeno, sempre più spesso cresciuto anche nel nostro territorio sotto gli occhi di tutti per mano di cittadini insospettabili attraverso attività all'apparenza lecite, come dimostrano anche le testimonianze raccolte dal gruppo di giovani giornalisti Cortocircuito di Reggio Emilia a Brescello, comune di residenza della famiglia Grande Aracri, definita, dai concittadini, come una famiglia per bene e gentile. anche contro questa capacità di mimesi delle organizzazioni criminali che tutta la società civile e politica deve alzare il livello di guardia ed attenzione. Un positivo segnale in questo senso è giunto meno di una settimana fa, dall'ampia e attenta partecipazione con cui la cittadinanza ha seguito la visita della presidente della presentazione Commissione Antimafia del Senato, Rosy Bindi a Modena per presentare il primo Rapporto trimestrale sulle mafie nel nord Italia», conclude Vaccari.
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La chiama "Emilian connection" e attacca il Pd, al governo dell'Emilia-Romagna «da sempre», per non essersi accorto che la mafia «prospera» anche in questi territori. Giulia Gibertoni, candidata M5s alla presidenza della regione, alza subito i toni della campagna elettorale per le prossime regionali. Lo fa commentando, sul suo profilo facebook, l'operazione della Dia a Reggio Emilia contro i clan affiliati alla 'ndrangheta, che ha portato al sequestro di beni per cinque milioni di euro. «In una regione governata da sempre dal Pd - attacca Gibertoni - a quanto pare le infiltrazioni si sono verificate senza che il partito al governo se ne sia mai accorto o abbia dato segnali sostanziali di trasparenza. I controlli ci sono stati veramente? Evidentemente non sono serviti a nulla - insiste la candidata M5s - come mai questa "Emilian connection" ha potuto prosperare? Se la situazione è questa, con Pd a Roma e Od in regione, c'è di sicuro qualcosa che non funziona».