Gazzetta di Reggio

Reggio

Pd, flop di affluenza Balzaniani all’attacco «Colpa di Bonaccini»

di Evaristo Sparvieri

Ibattici: «È mancata la regia di un segretario regionale» In molti invocano il congresso. A Reggio un crollo dell’89%

30 settembre 2014
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REGGIO EMILIA. Doveva unire tutti, mettendo in moto tutta la gigantesca macchina dell’apparato. Alla fine invece ha catturato la fiducia di meno della metà degli iscritti, ottenendo qui a Reggio una “legittimazione” sulla base di circa quattromila voti, poco più di un terzo dei tesserati Pd nella nostra federazione. Ed ora il dito sembra puntato proprio su di lui: Stefano Bonaccini, fresco vincitore delle primarie, che ieri ha ricevuto anche l’in bocca al lupo di Renzi durante le direzione nazionale. Candidato ufficiale Pd per il dopo Errani ma, soprattutto, segretario regionale uscente. E quindi, da molti indicato come il principale responsabile di queste primarie che hanno rappresentato un vero record negativo.

CONGRESSO ALL’ORIZZONTE.Dal Pd fanno quadrato attorno al vincitore. Ma già in molti cominciano a chiedere a gran voce il congresso regionale per discutere della disfatta. A cominciare dallo sconfitto Roberto Balzani, che ha lanciato subito la proposta, appena chiuse le urne, davanti a numeri mai prima di ora così impietosi. Un appello raccolto subito dai suoi sostenitori. Come Nicola Dall’Olio, capogruppo Pd del consiglio comunale a Parma, che non ha esitato ad affermare che il flop primarie «ha un preciso responsabile ed è chi le ha organizzate, ovvero il segretario regionale, che è la stessa persona che poi le ha vinte: Stefano Bonaccini». Polemico anche il consigliere regionale, Thomas Casadei. Dalla federazione reggiana, a sollevare ben più di una perplessità è stata invece Roberta Ibattici, responsabile organizzazione della segreteria di via Gandhi e fra i promotori del comitato pro Balzani nella nostra provincia. «La scarsa partecipazione è anche il risultato diretto di una rinuncia - afferma – Il Pd regionale ha rinunciato ad intavolare un robusto confronto tra candidati, che coinvolgesse pezzi di società soprattutto nei settori su cui la regione incide di più. Ha curato molto bene gli aspetti organizzativi ma non altrettanto quelli politici. Si è vista la mancanza di un segretario regionale, una regia, che nell’interesse comune, per garantire partecipazione, imponesse se necessario ai candidati un minimo di confronto. Per parlare ai cittadini, e non solo agli amministratori che come grandi elettori possono influenzare blocchi di voti».

OBIETTIVO 23 NOVEMBRE. «La cronaca di una mancata partecipazione annunciata». Così, il sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha commentato il flop, affidandosi allo scrittore Gabriel García Marquez. Ma, letteratura a parte, per i democratici è arrivato già il momento di analizzare una débâcle davvero inattesa. Soprattutto di fronte alle previsioni, che qui a Reggio ambivano a raggiungere 27mila voti. Da via Gandhi hanno liquidato a caldo il disastro con tre spiegazioni, in linea con lo stesso Bonaccini: mancanza di media nazionali, campagna elettorale troppo breve e abuso nel chiamare gli elettori alle urne, mostrando tranquillità in vista del voto del 23 novembre. Ma almeno due di queste condizioni ci saranno anche alle Regionali: di certo la chiamata alle urne, con il rischio astensionismo, cui si potrebbe aggiungere la latitanza dei network nazionali. Ed è per questo che nel Pd reggiano qualcuno starebbe già avanzando anche altre analisi, partendo da due aspetti: il primo riguarda proprio Bonaccini. Ex bersaniano di ferro e ora braccio destro di Renzi, non sarebbe riuscito a mobilitare la potenza di fuoco che le due aree riescono a mettere in campo qui in Emilia, non convincendo fino in fondo nessuna delle due correnti. La seconda invece riguarda i sindaci, che nei Comuni – specialmente se di piccole e medie dimensioni – rappresentano gli unici in grado di spostare realmente il bacino elettorale. Nulla di tutto ciò è avvenuto domenica.

NON SEMPRE C’È RENZI. Che la scelta del candidato governatore abbia meno appeal di quella del segretario nazionale a dimostrarlo sono i numeri, che raccontano un’emorragia diffusa, a prescindere dalle percentuali bulgare che Bonaccini regionale è riuscito a conquistare nel Reggiano. Nel 2013, per l’elezione di Renzi, i voti in provincia erano stati 55mila, un boom anche rispetto alla sfida del 2012 tra lo stesso Renzi e Bersani. Domenica solo 6.190, con un crollo vicino al 89%. E non c’è stato seggio in grado di contenere la caduta libera. A Reggio, in centro storico, l’8 dicembre scorso votarono mille persone. Domenica appena 83. Nella “civatiana” Albinea, dieci mesi fa furono circa 1.300 gli elettori. Domenica solo 189. Questione di correnti? No. A Correggio, feudo rosso per ex bersaniani, nel 2013 ci furono 3.197 voti, rispetto ai 346 di domenica. E i renziani? A Casalgrande si è passati da circa duemila a 234 voti. Stesso trend a Scandiano, amministrato da Alessio Mammi, promotore del Comitato per Bonaccini: 205 voti, rispetto ai 2.900 dell’8 dicembre scorso.