Gazzetta di Reggio

Reggio

L’attacco incendiario quando era “River”

L’attacco incendiario quando era “River”

L’attentato al locale, al tempo gestito da cutresi, finì nelle carte della maxi inchiesta Edilpiovra

2 MINUTI DI LETTURA





REGGIO EMILIA. Il bar di via Dalmazia non è nuovo a fatti di cronaca.

Prima di chiamarsi bar Dama e di essere gestito da Marcella Cretella e Davide Canovi negli ultimi cinque anni, si chiamava River ed era di proprietà della famiglia di origine cutrese Lombardo.

Nel 2002, il locale venne preso di mira per un atto incendiario: nella notte tra il 5 e il 6 novembre qualcuno infranse la porta d’ingresso e appiccò le fiamme. Fu un passante a lanciare l’allarme nel cuore della notte e a far intervenire i vigili del fuoco. I danni furono ingenti. L’incendio era stato appiccato dall’esterno.

Per anni ci si interrogò a lungo sulle cause di quel gesto e di altri che, nello stesso periodo, coinvolsero altri locali. Fino a quando scoppiò la maxi inchiesta Edilpiovra e i processi conseguenti. Secondo l’accusa ci furono una serie di atti intimidatori messi in atto dalla banda comandata dal clan dei Grande Aracri, che si proponeva di gestire il racket delle estorsioni in provincia. Uno dei locali colpiti fu proprio il River, con quell’attacco incendiario.

Nella sentenza di primo grado che nel 2013 ha condannato l’imprenditore edile cutrese Nicolino Sarcone a 8 anni e 8 mesi di reclusione, si parla proprio di quell’episodio: secondo i giudici era lui l’uomo di fiducia di Nicolino Grande Aracri e colui che garantì il premio promesso agli autori del tentativo di incendio al River.