Gazzetta di Reggio

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L’omaggio di Reggio Emilia ai deportati ebrei

di Adriano Arati
L’omaggio di Reggio Emilia ai deportati ebrei

Grande partecipazione, soprattutto di giovani e studenti, alla posa delle pietre d’inciampo organizzata da Istoreco

10 gennaio 2015
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REGGIO EMILIA. Inciampare nella memoria, nelle vite e nelle sofferenze di chi è morto solo perché di una “razza inferiore”. Da ieri mattina Reggio Emilia fa parte di un enorme museo diffuso, largo come tutta l’Europa occupata della seconda guerra mondiale. Grazie al lavoro dei Viaggi della Memoria di Istoreco sono state posate dieci pietre d’inciampo, piccole opere d’arte urbane create dall’artista tedesco Gunter Demnig che ricordano le vittime del nazismo nell’ultimo luogo in cui hanno vissuto libere.

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Fra la città e Correggio sono state sistemate davanti alle abitazioni di dieci persone di origine ebraica, Ada, Olga e Bice Corinaldi, Benedetto Melli, Lina Jacchia, Oreste Sinigalia, Beatrice Ravà, Iole e Ilma Rietti e Lucia Finzi. Tutte catturate in Italia da italiani fra il 1943 e il 1944, dopo l’occupazione nazista e la messa in atto delle leggi razziali fasciste, convogliate al campo di smistamento di Fossoli e poi trasportate al campo di sterminio di Auschwitz/Birkenau, dove hanno trovato la morte come oltre un milione di compagni di sventura.

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LA RICERCA. In questi mesi i ricercatori di Istoreco hanno lavorato con i ragazzi di diverse scuole superiori reggiane, grazie a un laboratorio di ricerca sulle singole storie, per ricostruire queste dieci esistenze. Ieri mattina, poi, lo stesso artista tedesco Gunter Demnig, arrivato appositamente da Colonia, ha provveduto alla sistemazione delle pietre d’inciampo, che riportano i dati principali delle vite ricordate. La posa è stata compiuta davanti alle loro abitazioni, in un viaggio nel cuore della Reggio Emilia storica, da viale Montegrappa per arrivare al vecchio ghetto, in via Monzermone, passando per via Emilia San Pietro.

A CORREGGIO. Un’anticipazione era arrivata in precedenza alle 9 Correggio, in piazza San Quirino, per omaggiare Lucia Finzi. A seguire, il rientro in città, dove alle 10 in viale Montegrappa 18 è iniziata la marcia, di fronte alla grande villa dove per decenni hanno vissuto le tre sorelle Ada, Olga e Bice Corinaldi. Un folto gruppo, parecchie decine di persone, ha avviato il ricordo.

IN CITTA’. Gunter Demnig e i funzionari del Comune hanno scavato per terra lo spazio per sistemare le opere, Matthias Durchfeld di Istoreco e gli studenti protagonisti della ricerca hanno ricostruito la storia delle Corinaldi, dalla loro vita in città, in una famiglia di proprietari terrieri, sino alla cattura e alla deportazione. Come saluto, poi, dei fiori bianchi sono stati lasciati alle pietre appena incassate. Il copione si è poi ripetuto in via Emilia San Pietro 22, a lungo casa di Benedetto Melli e Lina Jacchia, e poi nel centro del vecchio ghetto reggiano, in via Monzermone, fra via Emilia Santo Stefano e l’isolato San Rocco, nella strada parallela alla sinagoga di via dell’Aquila. Il serpentone, corposo e rumoroso, ha attirato anche l’attenzione di tanti passanti, che hanno chiesto informazioni e si sono unite al gruppo “storico”.

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Presenti, oltre a parecchie classi delle superiori, semplici cittadini, docenti, appassionati di storia e diverse autorità: il rabbino capo della comunità ebraica di Modena e Reggio Beniamino Goldstein, che ha parlato in viale Montegrappa, il sindaco di Reggio Luca Vecchi, che ha chiuso la mattinata in via Monzermone, il presidente provinciale di Anpi Giacomo Notari, il vicesindaco di Casalgrande Marco Cassinadri. Sempre in via Monzermone, dopo il sindaco ha preso la parola Federico Ravà, discendente di tre delle donne deportate, Beatrice Ravà, Iole e Ilma Rietti.

LE TESTIMONIANZE. Proprio Ravà è intervenuto davanti al portone dove le sue parenti hanno vissuto e sono state catturate, e ha ringraziato Vecchi, gli studenti, Istoreco e tutti quelli che hanno lavorato per tenere vivo il ricordo delle vittime naziste. Il primo cittadino, nel suo intervento, ha ricordato l’importanza della memoria «non solo per il passato, ma ancora di più per il futuro, il futuro non si cancella.

E va detto con grande forza in giorni tremendi come questi, dove l’Europa è stata ferita con i terribili fatti di Parigi». Ora le pietre sono lì, per terra, a ricordare vicende molto diverse. Melli e la Jacchia, cercarono sino all'ultimo la salvezza, tramite la fuga in Svizzera, ma vennero catturati sul confine, nel varesotto, rimandati a Reggio e dà lì a Fossoli e poi alla morte. Sinigaglia, mobiliere-commerciante di origine lombarda, dal 1904 a Reggio, ha gestito per decenni una conosciuta bottega, sino alla fine del 1943.

Tocca ancora più la storia di Beatrice Ravà, affittacamere, vedova, legatissima alle due figlie Iole e Ilma Rietti. Una di queste perse il lavoro alla compagnia telefonica, nel 1938, all'approvazione delle leggi razziali. I fascisti reggiani le vennero a prendere in via Monzermone, e insieme furono deportate. All'arrivo a Birkenau, l'anziana Beatrice venne selezionata per le camere a gas; le figlie avrebbero potuto passare qualche mese nel campo di lavoro, ma preferirono seguirla nel loro destino comune.

LA SCHEDA

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In viale Montegrappa 18, vivevano le tre sorelle Ada, Olga e Bice Corinaldi, che lì passarono tutta la loro vita sino alla cattura. In via Emilia San Pietro 22 ci sono ora i nomi di Benedetto Melli e Lina Jacchia, marito e moglie. Melli, commerciante molto noto, cercò sino all'ultimo la salvezza, tramite la fuga in Svizzera, ma lui e la moglie vennero catturati sul confine, nel varesotto, rimandati a Reggio e dà lì a Fossoli e poi alla morte. In via Monzermone, dove un tempo si trovava il ghetto, le pietre sono quattro.

La prima è per Oreste Sinigaglia che ha una bottega in via dell'Aquila. Vicino a lui viveva Beatrice Ravà con le due figlie Iole e Ilma Rietti. I fascisti le vennero a prendere in via Monzermone, e insieme furono deportate. All'arrivo a Birkenau, Beatrice venne selezionata per le camere a gas; le figlie vollero morire con lei. Infine, Lucia Finzi: si nascose per qualche tempo poi al ritorno a Correggio fu scoperta e portata a Fossoli.