Una medaglia al “deportato” don Artemio Zanni
Dopo il ritrovamento dei diari, riemerge la storia di don Zanni tra il 1943 e il 1945: riceverà a Roma un premio alla memoria
CASTELNOVO MONTI. Una notizia che ha rallegrato e commosso la comunità felinese, ma anche di tutto l’Appennino, è arrivata nelle scorse ore e si concretizzerà oggi, Giornata della memoria: in occasione di questa ricorrenza che ricorda la tragedia delle deportazioni e dei campi di prigionia e sterminio, a Roma oggi sarà tributata una medaglia alla memoria a don Artemio Zanni, lo storico parroco di Felina che prima di essere assegnato alla comunità con cui sviluppò un fortissimo legame nell’immediato dopoguerra, visse sulla propria pelle l’esperienza dei campi di prigionia.
Don Zanni, nato a Castellazzo il 10 marzo 1914 (lo scorso anno sono avvenute le celebrazioni per il centenario della nascita), rimase orfano in ancor tenera età, e verso il 1929 iniziò gli studi seminaristici a Marola. Fu ordinato sacerdote nel 1941, e dopo un anno di esperienza pastorale a Corneto di Toano, fu chiamato alle armi come Tenente Cappellano.
Inizialmente fu in servizio al presidio militare di Pola, seguendo la cura morale e spirituale di oltre cinquemila soldati. Quando questi, dopo l’8 settembre 1943, caddero prigionieri dei tedeschi e furono internati in Germania, volle seguirli volontariamente.
Fu con loro nei campi di Lukenvalde, di Berlino, di Eisenack. Allestì una cappella dedicata alla Madonna di Fatima e fondò un ospedale per prigionieri russi e italiani ammalati di tubercolosi.
A chi moriva prometteva che avrebbe lui stesso provveduto ad accudire i figli lontani, e da quella promessa nacque l’esperienza di “Casa Nostra”: rimpatriato nell’estate del 1945 fu inviato a Felina, parrocchia difficile, squassata dalla guerra civile, dove il 19 aprile era stato trucidato il cappellano don Giuseppe Jemmi, ma tra le difficoltà dette vita a “Casa Nostra”, che da allora fin verso il 1975 raccolse ogni anno fino a 40 bimbi, orfani o con madri rimaste sole.
Dall’esperienza di prigionia di don Zanni, lo scorso anno sono anche tornati alla luce - nell’ambito di una scoperta straordinaria - i diari del parroco: un membro delle SS, dopo un violento alterco che stava per costare la vita ad un prigionieri, fu avvicinato con grande dolcezza da don Zanni, al quale confessò il suo disagio per aver ucciso parecchi uomini, e per il fatto che i suoi attuali ordini prevedevano che ne uccidesse altre. Don Zanni volle redimerlo, e vistolo pentito, per non farlo fucilare dai commilitoni delle SS gli organizzò una fuga verso l’Italia.
A questa persona don Zanni affidò poi diversi documenti, ed alcuni diari da lui scritti degli anni della prigionia e della deportazione. Don Zanni chiese al soldato di portare i documenti in Italia per non farli confiscare, perché non andassero perduti, e incredibilmente così è stato: i diari sono stati ritrovati in una biblioteca di Udine, che li ha conservati e catalogati.
Una testimonianza preziosa, che va ad aumentare l’importanza di questo riconoscimento che arriva oggi al grande parroco, e che pone ulteriori basi per la rinascita di “Casa Nostra”, a cui la Fondazione don Zanni sta lavorando da tempo. E’ ormai a buon punto la ristrutturazione del primo edificio a tale scopo a Felina, che ospiterà nuovamente ragazze sole e in difficoltà.
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