I cutresi, dai regolamenti di conti fino agli appetiti politici
L’inchiesta della Dda ricostruisce tutti i tentativi della cosca di influire sul voto amministrativo a Reggio e nel resto della provincia
Leggi: Il nostro speciale sull'Operazione Aemilia - Dossier: Tutti i video - Foto Centinaia di carabinieri mobilitati - L'ascesa politica di Pagliani - Gli arresti eccellenti Articoli: Leggi tutto - De Miro, prefetto di ferro - Editoriale: Reggio, le cosche e la Zona grigia
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REGGIO EMILIA. «La comunità cutrese a Reggio Emilia è fatta di migliaia di persone perbene, non sono tutte come quei cinquanta che abbiamo preso..». La precisazione di Roberto Alfonso arriva a margine della conferenza stampa. E in un certo senso s’impone per quanti, dalla città del Tricolore, assistono increduli a quanto sta accadendo. Perché pur con tutti i distinguo del caso, oggi non è più possibile l’anomalia del legame tra Reggio e Cutro. Un legame imposto, più di trent’anni fa dal divario nord-sud del nostro Paese, ma soprattutto dallo stesso Stato.
STORIA DI UN BIDELLO. «Questa storia - ha detto il capo della Dda presentando l’operazione Aemilia - inizia nel 1982, quando a Reggio Emilia si stabilisce Antonio Dragone». Bidello della scuola elementare di Cutro, spedito a Reggio in soggiorno obbligato, si scoprirà soltanto dopo che in realtà è il capo indiscusso della cosca egemone a Cutro e dintorni in quegli anni.
E da lì in poi inizia una storia fatta inizialmente di massiccia immigrazione - perlopiù piccoli imprenditori edili con le loro famiglie - e di regolamenti di conti che, sporadicamente, da Cutro e dintorni sconfinano anche qui. Siamo nei primi anni novanta e la comunità cutrese cresce di numero, anche se nel frattempo Antonio Dragone è tornato a Cutro, qui restano i suoi luogotenti.
Il lavoro nell’edilizia c’è per tutti, ma giù le ’ndrine, su questa torta vogliono metterci le mani: anche per questo a Cutro e dintorni in quegli anni si scatena una guerra che porterà - nell’arco di una decina d’anni - al quasi totale sterminio del clan Dragone: il vecchio boss, dopo anni di galera, ne esce per tornare al suo paese. Pochi giorni e verrà ucciso da un colpo di bazooka.
E’ un passaggio di consegne sanguinario quello che porta Nicolino Grande Aracri, detto mano di gomma, a capo della cosca che ha messo radici a Reggio. E a parte la parentesi del 98-99, in cui Reggio fece i conti con la follia omicida di Paolo Bellini (la bomba al bar Pendolino, l’omicidio di Giuseppe Abramo e il tentato omicidio di Antonio Valerio) i regolamenti di conti sembrano aver come teatro soltanto la Calabria.
CALMA APPARENTE. Ma in realtà non è così: prima l’inchiesta Edilpiovra, con arresti di pregiudicati cutresi che chiedevano il pizzo ad imprese cutresi che lavorano a Reggio. E poi un rosario infinito di roghi , furti e danneggiamenti nell’edilizia. Quasi un tran-tran su cui la città - salvo qualche eccezione - sembra cullarsi. Sono gli anni di pomposi convegni intrisi di retorica antimafia e il mood della politica locale è sempre quello: Reggio ha gli anticorpi.
In realtà questo refrain è sempre meno convinto e convincente. Perché nel frattempo le cosche cercano appoggi in politica. Lo fanno con Pagliani e con il centrodestra. Ma anche con il centrosinistra. E quando, nell’autunno scorso i ragazzi della web-Tv “Cortocircuito” presentano la loro videoinchiesta sui roghi dolosi in provincia, esplode il caso Brescello (giunta Pd) e quello dei viaggi elettorali a Cutro da parte dei politici reggiani.
IN PROCESSIONE. Proprio in una Sala del Tricolore già stordita dalle immagini di un sindaco (Marcello Coffrini di Brescello) che si mostra troppo friendly con Francesco Grande Aracri (fratello del boss Nicolino, imprenditore edile già condannato per mafia, da sempre residente nel paese di Peppone e don Camillo) viene alla luce la vicenda della spedizione elettorale del 2009, quando i tre principali competitors di quelle amministrative, Graziano Delrio, Antonella Spaggiari e Fabio Filippi calarono su Cutro per la Festa del Santissimo crocifisso, una delle rare attrazioni turistiche del paese del Crotonese.
Tutti in processione dietro quel Crocifisso. A Cutro accade ogni anno, ma ogni sette anni è un evento speciale. Soprattutto se a Reggio Emilia si vota per le Amministrative. Durissimo fu il commento del procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, presente in Sala del Tricolore: «Se vai in Calabria - disse il capo dell’Antimafia - vuol dire che sai che lì si decide.
Ovunque tu sia nel mondo, se appartieni alla ‘ndrangheta prendi ordini dal Crimine di Polsi (il vertice della ‘ndrangheta, ndr). E se tu vai in Calabria a chiedere sostegno elettorale vuol dire che è da lì che deve arrivare l’ok al tuo sostegno elettorale». Secca la replica di Delrio, nel frattempo diventato braccio destro di Renzi: «Alla città di Cutro _ dice Delrio _ ci lega una lunga amicizia, fondata sull'accoglienza reciproca e la laboriosità.
L'apporto dell'operosa comunità cutrese allo sviluppo economico e alla crescita sociale della nostra città è importante e consolidato da tanti anni. La mia visita sottolinea questa amicizia e sarà occasione per rinnovare e rafforzare la collaborazione che lega Cutro e Reggio».
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