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Trovato morto bruciato il boss Mimmo il calabrese

Trovato morto bruciato il boss Mimmo il calabrese

Casalgrande: il corpo di Dominique Scarfone era in una casa a Mesagne (Brindisi) Era stato coinvolto in una inchiesta su usura e racket dei videopoker a Modena

27 giugno 2015
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CASALGRANDE. E’ Dominique Scarfone, il boss di Rosarno, residente a Casalgrande, il 44enne rimasto vittima dell'incendio divampato a Mesagne, in provincia di Brindisi, nella notte fra martedì e mercoledì. La vittima, conosciuta negli ambienti malavitosi come “Mimmo il calabrese”, è uno dei 135 indagati a Lecce per un giro di racket e usura sui video-poker sulle direttrici Puglia-Emilia: un’ulteriore conferma che non di un incidente si è trattato, come si pensava in un primo tempo, ma molto altro si nasconde dietro il rogo appiccato all’abitazione alla periferia della città pugliese. Il 25enne Girolamo Gullace, di Gioia Tauro, presunto complice del boss trovato cadavere, è stato raggiunto da un provvedimento di fermo in qualità di indiziato di delitto emesso dalla Procura di Brindisi. Il pm Valeria Farina Valaori lo accusa di incendio doloso e di morte del compagno con cui era in trasferta in Puglia ufficialmente per eseguire dei lavori. In sostanza, secondo gli inquirenti, i due avrebbero cercato di dare fuoco alla villa per cause ancora tutte da scoprire, ma la situazione sarebbe sfuggita di mano con conseguenze drammatiche.

L’indagato è finito in carcere, ma nelle mani degli inquirenti resta tutta intera l’incognita: perché un uomo del calibro di Scarfone si muove personalmente dal Nord fino a Mesagne per mettere a segno un attentato di questa natura?

È una delle incognite alle quali l’inchiesta in corso sta cercando di rispondere, interrogando fra gli altri il proprietario della villetta data alle fiamme, Maurizio Tanzarella, che pare avesse sfrattato i due calabresi alla fine dello scorso anno.

La prova regina che l’incendio di Mesagne non è frutto di un incidente, ma un fatto doloso, è nella tanica di liquido infiammabile ritrovata dagli investigatori accorsi in contrada Torretta dopo l’allarme lanciato proprio dal sopravvissuto, che ha parlato di una forte esplosione intorno alle 4,30 del mattino di mercoledì 24 giugno. Il 25enne raggiunto dal provvedimento di fermo si trovava invece sotto shock all’esterno della villa. È stato soccorso, trasferito in ospedale e interrogato a lungo dai poliziotti su mandato del sostituto procuratore di turno a cui sono state assegnate le indagini.

Dalle prime ricostruzioni è emerso che i due, formalmente, lavoravano in veste di operai per una ditta con sede legale in Calabria e spesso si recavano in trasferta a Mesagne per effettuare lavori.

Le dichiarazioni rilasciate dal giovane sopravvissuto sarebbero state giudicate «omissive e discordanti»: da qui la decisione del fermo, in conseguenza del quale il 25enne è stato trasferito nel carcere di via Appia a Brindisi.

Dominique Scarfone, nel 2010 era considerato il capo della gangi di usurai che avevano agito per diversi anni a Modena con un giro di 20 milioni di euro. Scarfone venne arrestato e rimase in carcere fino al 2013 ma in seguito fu coinvolto anche nell’inchiesta per il racket dei videopoker.

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