Gazzetta di Reggio

Reggio

«Nessuno provi a cacciarci da Seta»

di Evaristo Sparvieri
«Nessuno provi a cacciarci da Seta»

Vernaci, direttore dell’Agenzia della Mobilità: «Noi non vogliamo uscire, i modenesi mettano da parte i rancori passati»

18 luglio 2015
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REGGIO EMILIA. «Non abbiamo nessuna intenzione di uscire da Seta». Prova a ricucire lo strappo, mai così come profondo come in questi giorni. Ma, dopo le parole dell’assessore modenese Giacobazzi, vuole mettere i punti sulle “i”: «Reggio ha fatto la sua parte. Il progetto di fusione nel 2011 è stato valutato e approvato da tutti. I retropensieri dovevano essere confinati in quella sede, non ha senso parlarne ancora».

Così Michele Vernaci, ad dell’Agenzia della Mobilità, commenta la querelle che da giorni sta animando il trasporto pubblico locale, alle prese con un infuocato rinnovo del cda di Seta.

Ruolo di Til, protesta dei sindacati, tariffe, piano industriale. E poi il bilancio, che verrà presentato il 23 luglio. «Quanto dichiarato da Giacobazzi mi lascia molto perplesso. Noi abbiamo conferito in Seta un risultato netto in attivo», afferma.

Vernaci, stando a quanto dichiarato dall’assessore modenese abbiamo portato in Seta solo debiti. È così?

«Nel 2011, la parte di Act conferita in Seta aveva un valore patrimoniale netto di 1,260 milioni di euro, composto da un attivo di 24 milioni e 400 mila euro e un passivo di 23 milioni e 120 mila. Al momento della fusione, è stata fatta una perizia. Sa chi l’ha fatta?Proprio per non creare tensioni, abbiamo scelto lo stesso perito di Modena. Se i soci in quella discussione non hanno avuto da ridire, non capisco perché adesso continuino a polemizzare. È arrivato il momento di mettere da parte i rancori».

Però a Reggio c’è Til, non gradita nè da Seta nè da Modena. Sembra che nella contesa sia uno degli aghi della bilancia. Come mai?

«Capisco che vedano Til come un potenziale elemento di disturbo sul mercato locale. Ma Til non ha pretese di diventare una grande multinazionale del trasporto. È chiaro che per far fuori i concorrenti di solito la strategia prevede che o li si incorpora o li si depotenzia. Ma penso che l’errore di Seta sia quello di sopravvalutare il ruolo di Til».

Un ruolo del quale Reggio difficilmente potrà fare a meno. O no?

«Per Reggio Til rappresenta un’alternativa per evitare che il mercato diventi monopolista. A dicembre, per fare un esempio, abbiamo ricevuto da Seta una diffida, in cui minacciava di smettere il servizio. In quel caso, Til sarebbe stata una “ruota di scorta”. Ma non credo che il problema di Seta siano i chilometri coperti dai Minibù».

Da Modena tuttavia sperano che, con Til dentro Seta, Reggio possa far quadrare meglio i conti, non avendo portato utili quest’anno. La richiesta di bilanci di bacino va in questa direzione, così come la richiesta di adeguamento delle tariffe.

«Cercando di essere molto trasparenti sulle tariffe, le entrare del bacino di Reggio Emilia sono un po’ deficitarie. Ma il motivo non sta nel fatto che non è stata adottata la tariffa regionale».

E qual è?

«Abbiamo una forte integrazione fra ferro e gomma, e la suddivisione delle entrate non avviene in modo troppo aderente alla realtà. Con la tariffa obiettivo, l’aumento porterebbe dentro circa 100 mila euro. Quindi non c’è un problema tariffario, ma di sistema. È lì che bisogna trovare la soluzione. E non devono prenderla gli enti locali da soli. Si potrebbe guardare anche all’integrazione ferro-gomma, ma si tratta di analizzare con attenzione la volontà di farlo».

E sui dipendenti? Anche qui da Modena sostengono che i reggiani lavorino meno...

«Secondo il piano industriale i chilometri di copertura del bacino modenese sono circa 13,3 milioni, quelli di Reggio sono circa 10,2 milioni, quelli di Piacenza 8,4 milioni. I dipendenti, invece, sono 529 a Modena, 303 a Reggio e 302 a Piacenza. Basta fare una semplice divisione per capire come stanno le cose. Modena fa meno chilometri. È questo il piano industriale. Poi qualcuno potrà replicare che ci sono i subaffidamenti, che a Reggio sono anche un po’ di più. Ma io parto dal piano industriale».

Ma secondo lei qual è il vero motivo di queste polemiche? Crede che ci sia una partita più grande in campo, che riguarda anche i rapporti con la Regione?

«Io posso solo dire che se guardiamo il passato, non andiamo da nessuna parte. Bisogna cassare il rancore e le incomprensioni maturate in passato, che stanno dando fastidio all’intero sistema. Credo che anche i lavoratori non siano contenti di questo tipo di polemiche, ne risentono molto. Non si dimentichi, tra l’altro, che con la fusione ci sono tanti lavoratori reggiani che vanno a lavorare a Modena. Per loro, più che fusione, c’è stata quasi un’acquisizione. Noi non abbiamo nessuna intenzione da Seta. Se Reggio deve ancora pagare qualcosa, però, voglio capire di cosa stiamo parlando».