La democrazia gettata nel ridicolo
Negli anni Settanta-Ottanta ho lavorato a Guastalla e a Reggio come infermiere, caposala, sindacalista provinciale e componente del comitato di gestione della Ausl di Reggio Emilia. In quegli anni si doveva, tra le altre cose, riprogettare e riorganizzare il manicomio in una ottica completamente diversa che mettesse al centro il paziente, la sua cura e riabilitazione anziché la mera sorveglianza. Anche allora le contrapposizioni erano forti, contrapposizioni ideologiche, culturali e di interessi, ed io, come sindacalista della Cgil settore sanità ero particolarmente esposto ed impegnato.
Uno dei tanti problemi da affrontare era quello della modifica dei turni di lavoro, passare cioè da turni che distribuivano il personale proporzionalmente nelle 24 ore a turni che concentrassero la presenza, soprattutto di infermieri, nelle ore diurne, in quanto la cura, il contatto con i pazienti, le iniziative riabilitative erano praticate di giorno e non di notte. Tutti d'accordo sui principi fondamentali ma, oggettivamente, agli infermieri conveniva, e di molto, lavorare di notte: indennità maggiori, più ore libere, lavoro meno stressante, e io ero nella difficile situazione di capire bene le ragioni sia di chi voleva cambiare i turni e concentrare il personale nelle ore diurne sia di chi, iscritto al sindacato, pretendeva la difesa della situazione in essere.
Dibattiti, trattative, discussioni e pressioni a non finire ma le posizioni non variavano di molto, il tempo passava e i ricoverati pagavano il prezzo maggiore. Era talmente evidente che l'unico modo (che non fossero sempre e solo nuove assunzioni) per aumentare le cure fosse il cambio del turno che, nonostante la fortissima contrarietà degli infermieri, dopo aver discusso nel direttivo provinciale, noi della Cgil pubblico impiego e un'altra sigla sindacale ci dichiarammo disponibili a sottoscrivere un accordo ampiamente innovativo nell'interesse più generale dei pazienti psichiatrici.
Gli infermieri, furibondi, si appellarono alla segreteria confederale Cgil che, affrontato il problema, ci convocò e ci disse che era giusta la disponibilità a riorganizzare profondamente il manicomio e tutto il settore psichiatrico ma che la firma ad un accordo poteva essere apposta dalla Cgil solo se un referendum tra gli infermieri avesse dato l'assenso. Era talmente evidente che gli infermieri avrebbero negato il consenso che non se ne fece più niente. L'altra sigla sindacale ci prese in giro per mesi e i pazienti continuarono come prima ad avere cure meno efficaci di quanto fosse possibile garantire loro. Tutto sommato anche a noi era andata bene: coscienza a posto e pace con gli iscritti.
Passarono alcuni anni, entrai nel comitato di gestione con delega sia al personale sia al settore psichiatrico e con l'intero comitato di gestione ci assumemmo la responsabilità di decidere il cambio dei turni. Vi fu qualche protesta, qualche tessera restituita, qualche mal di pancia ma tutto filò dritto e cominciò un nuovo periodo di innovazioni per il San Lazzaro.
Sono fermamente convito che se avessimo aspettato di ottenere il consenso degli interessati con il referendum staremmo ancora discutendo della questione, così come sono consapevole della forzatura fatta con la eventuale sottoscrizione di un accordo a nome degli iscritti, però credo anche che la democrazia sia troppo importante per essere banalizzata, ridicolizzata o ridotta a una mera deresponsabilizzazione. Un sistema democratico deve poter funzionare e poter assumere decisioni, anche dolorose, in tempi accettabili, altrimenti, prima o poi, addio democrazia.
Chissà perché questa cosa mi è venuta in mente pensando alla crisi greca, e chissà perché anche allora chi voleva il referendum si diceva più di sinistra di me. E chi sosteneva che chi è a favore dei servizi e della cosa pubblica deve far funzionare i servizi anche a costo di essere temporaneamente impopolare, era tacciato di essere di destra e autoritario…