Gazzetta di Reggio

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Le tracce di droga nelle urine non bastano per condannare

Le tracce di droga nelle urine non bastano per condannare

Sentenza “pilota”: un giovane causò un incidente, ma non è provato che fosse in stato di alterazione

23 luglio 2015
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REGGIO EMILIA. «Poiché, come la scienza medica ha chiarito, tracce di sostanze stupefacenti permangono nelle urine anche dopo la fine dell’efficacia del principio attivo, non è possibile desumere lo stato di alterazione unicamente dalla presenza di dette sostanze nel liquido».

E’ una sentenza di assoluzione quella emessa dal giudice Silvia Semprini nei confronti un giovane automobilista (difeso dall’avvocato Ernesto D’Andrea ) e coinvolto in un incidente stradale e trovato positivo ai cannabinoidi. Una sentenza che non mancherà di far discutere. «In sostanza - sono le parole usate dal giudice in sentenza - dalla sola positività su urina non può essere inferito lo stato di alterazione derivante dall’assunzione di stupefacenti».

I fatti risalgono al 26 luglio del 2014 alle 4.50 del mattino. Siamo in via Gorizia. L’automobilista finito a processo è alla guida di un’Alfa Romeo 156 e nella rotatoria dell’acquedotto provoca uno scontro frontale con un altro veicolo. Scattano gli accertamenti e dall’esame delle urine viene accertata la positività.

Il primo provvedimento a scattare è la sospensione della patente per un anno. Poi, dal punto di vista penale, un decreto di condanna al pagamento di 31mila euro.

Il giovane automobilista, però, si oppone. E il punto sul quale si concentra il suo difensore, l’avvocato D’Andrea, a processo è fondamentalmente uno: nonostante la positività alla sostanza, non era in condizioni alterate. Il giovane sostiene, per altro, che sì è vero aveva fumato, ma qualche giorno prima dall’incidente, e di essere stato completamente lucido al momento dell’incidente.

Per fugare ogni dubbio, secondo la difesa, occorreva un accertamento diverso, subito dopo l'incidente, per capire qualo fosse lo stato psico-fisico del giovane e accertare eventuali alterazioni. Ma non è stato fatto. Inoltre, gli agenti della Municipale interrogati in udienza dal giudice hanno dichiarato che al momento dei fatti, l’automobilista non sembrava in stato di alterazione.

Tanto è bastato all’avvocato D’Andrea per chiedere l’assoluzione. Ma, evidentemente, anche per convincere il giudice perché ha assolto il giovane, perché il fatto non sussiste.

Dopo un anno senza patente per la sospensione, il giovane si dice anche pronto a fare ulteriori passi per chiedere il risarcimento del danno provocato da 12 mesi senza la possibilità di guidare, che gli ha causato problemi anche a trovare lavoro. «Quello che mi chiedo – è il quesito che ora pone l’avvocato Ernesto D’Andrea – è se abbia senso far scattare la sospensione della patente prima di sapere come va a finire il processo penale». (el.pe)