Gazzetta di Reggio

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SINDACATO

Dove finisce il diritto di assemblea

Luigi Setti
Dove finisce il diritto di assemblea

30 luglio 2015
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Da ormai troppo tempo, nei servizi pubblici, scioperi, assemblee, proteste di ogni genere con una fantasia e creatività degni di miglior causa, in orari spesso assurdi e con scarso o assente preavviso, stanno minando la credibilità del sistema Italia agli occhi del mondo e ancor più evidenziano l'incapacità della dirigenza pubblica nel gestire problematiche sindacali con professionalità e autorevolezza. E ancora di più, molto di più, dimostrano la vocazione autolesionistica e abbastanza fallimentare di una dirigenza sindacale sempre più numerosa, sempre più divisa, sempre più competitiva nell'utilizzare e difendere "furbate spacciate per diritti" e altrettanto incapace di governare i conflitti nei pubblici servizi.

L'ultimo clamoroso episodio in ordine di tempo ha costretto, a Pompei, lunghissime file di turisti a una lunga attesa sotto un sole cocente, senza informazione alcuna, senza nessuna spiegazione sul perché di un disagio tanto pesante inflitto a cittadini provenienti da lontano e che hanno poche ore a disposizione per visitare una meraviglia godibile solo in Italia; una meraviglia che giustifica stipendi e occupazione di chi fa davvero poco o nulla per meritarlo, e tutto senza nessuna spiegazione o informazione alle persone in fila se non un cartello: “assemblea sindacale”.

Questo episodio ha interessato e coinvolto turisti provenienti da tutto il mondo e per questa ragione ha destato forte scalpore internazionale, ma non sono diversi gli effetti di rigetto e ribellione per assemblee più o meno improvvise, in uffici pubblici, nei trasporti, negli aeroporti, negli ospedali e in altre molteplici situazioni ben conosciute dai cittadini italiani. La domanda che ci si pone è sempre quella: perché? Cosa c'entriamo noi? È proprio necessario, è giustificato questo disagio?

La risposta è no. I disagi ai cittadini per assemblea sindacale devono essere evitati o contenuti al minimo. Sono sacrosanti il diritto di sciopero e di assemblea ma sono due cose assolutamente diverse. Se lo sciopero è la conseguenza di una rottura tra le parti, è una modalità di lotta e, come tale è inevitabile (e spesso voluto) che provochi disagi. L'assemblea no, l'assemblea rappresenta un momento di confronto, di consultazione, di informazione tra i lavoratori e i loro dirigenti. Lo sciopero nei pubblici servizi prevede forme di regolamentazione e di garanzia, è preceduto da procedure per il raffreddamento dei conflitti e ha sempre adeguati preavvisi e informazioni agli utenti.

L'assemblea no, l'assemblea è uno strumento di rapida attuazione, senza troppi vincoli formali proprio perché non pensata come una delle armi del conflitto tra le parti ma come strumento di partecipazione. Trasformare il diritto di assemblea in una surrettizia forma di lotta, oltre a rappresentare una "furbata illegittima" è assolutamente sbagliato.

Nella pubblica amministrazione i sindacati sono tanti, ognuno può convocare assemblee anche in modo disgiunto, e, quindi, le assemblee possono essere numerose nel corso dell'anno ed è giusto che sia così. La rappresentanza è un tema importante e il confronto tra dirigenza e iscritti o anche la semplice informazione devono essere ampi e garantiti, ma proprio per questa ragione l'assemblea in orario retribuito deve essere richiesta e deve essere autorizzata e il dirigente che autorizza deve autorizzare solo se, oltre a sede e ordine del giorno compatibili, anche gli orari sono tali da evitare o ridurre al minimo i disagi.

Ecco perché la risposta è no, i disagi ai cittadini nei pubblici sevizi per assemblea sindacale possono e devono essere evitati, magari grazie ad auspicabile quanto responsabile forma di autodisciplina dei sindacati ma anche attraverso la piena assunzione di responsabilità dei dirigenti pubblici che in certe situazioni devono farsi intendere, devono consentire l'assemblea in orario retribuito ma contrattando orari compatibili con i servizi, cercando con i sindacati i giusti equilibri e i giusti compromessi, arrivando sino alla non autorizzazione e alla diffida.

Ci si inimicherà qualche sindacalista, ci si guadagnerà qualche insulto, ma in questo modo si tuteleranno meglio i cittadini, si darà un senso maggiore al proprio ruolo e alla fine si tutelerà maggiormente anche la credibilità dei sindacati.