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Inflitta una doppia condanna per padre e figlio rapinatori

di Elisa Pederzoli
Inflitta una doppia condanna per padre e figlio rapinatori

Cadelbosco Sopra: erano stati arrestati per due colpi alla filiale locale del Monte dei Paschi Tre anni e otto mesi al genitore, due anni e otto mesi al 38enne che fece da palo una sola volta

30 luglio 2015
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CADELBOSCO SOPRA. La rapina era un affare di famiglia. E, ora, per padre è figlio è scattata la condanna di coppia: tre anni e 8 mesi per il primo, due anni e otto mesi per il secondo.

Lo ha deciso ieri il giudice Angela Baraldi, al processo con rito abbreviato che vedeva alla sbarra Antonio Origlia e il figlio Domenico, entrambi originari di Crotone, ma domiciliati rispettivamente a Bologna e Mantova. Erano entrambi difesi dall’avvocatessa Vera Sala del Foro di Reggio Emilia.

Sono due gli episodi che hanno fatto finire nei guai il genitore; uno, alla fine, quello imputato al secondo, che aveva il ruolo di palo.

Il primo episodio risale al 5 agosto dello scorso anno: in quella occasione Origlia padre entrò nella filiale del Monte dei Paschi di Siena intorno alle 15 quando mancava poco alla chiusura.

Con una calzamaglia calata sul volto, una vistosa parrucca bionda in testa e gli occhiali da sole a coprire gli occhi sorprese i tre clienti presenti e i quattro dipendenti che non si erano accorti subito del travestimento. Avevano capito cosa stava succedendo solo quando l’uomo, con un balzo, scavalcò il bancone della cassa e, con fare deciso, infilò la mano nel cassetto e arraffò tutti i soldi. Se la svignò con un bottino di 7mila euro, senza riuscire a prendere il denaro della cassaforte che era bloccata dalla serratura temporizzata.

C’era il figlio alla guida dell’auto sulla quale il bandito salì riuscendo a fuggire dal luogo della rapina.

Il 19 settembre il genitore tornò in azione, intorno a mezzogiorno sempre nella stessa banca. Origlia era privo di armi e in pochi istanti mise le mani sul bottino – circa 4mila euro quella volta – quindi fuggì, ma in quella occasione era solo.

Per arrivare a identificare i due, i carabinieri del Nucleo operativo avevano passato al setaccio i filmati del sistema di videosorveglianza della banca, analizzato tabulati telefonici e raccolto testimonianze. Fino a trovare abbastanza riscontri circa la presenza dei due nei luoghi delle rapine da convincere il sostituto procuratore Giacomo Forte, che chiese al gip l’ordinanza di custodia a carico del 56enne e del figlio 38enne. Era lo scorso mese di maggio, quando per i due erano scattate le manette.

Ieri, è andato in scena il processo con rito abbreviato.

Il padre ha voluto scagionare il figlio, confermando che non era presente in una delle due rapine. Tanto è bastato per ridurre la sua condanna, rispetto a quella del padre, a due anni e otto mesi rispetto ai tre anni e otto mesi.

Entrambi sono agli arresti domiciliari.

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