Gazzetta di Reggio

Reggio

«Vogliamo salvare la nostra azienda»

di Serena Arbizzi
«Vogliamo salvare la nostra azienda»

Parlano i lavoratori della coop che rischia di lasciare a casa 500 dipendenti Paura e tanta rabbia a poche ore dallo sciopero programmato per oggi

31 luglio 2015
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SAN MARTINO IN RIO. Lotteranno fino alla fine per impedire che la “loro” Cormo venga chiusa, per evitare che la realtà per la quale hanno speso sudore, fatica, e della quale si sentono figli – dato che hanno contribuito a renderla un fiore all’occhiello – si dissolva, dopo tanti anni passati sulla cresta dell’onda. I lavoratori della Cormo non si arrendono e a poche ore dallo sciopero di oggi ribadiscono di non rassegnarsi alla terribile crisi in cui è sprofondata la cooperativa che opera da tempo nel settore serramentistico.

Una crisi che coinvolge oltre 500 addetti se si considera oltre a Open.Co (formata dopo la fusione di Cormo con la modenese Coop Legno) anche la ferrarese Lavoranti Legno. E dietro a ognuno di questi 500 ci sono famiglie intere la cui sopravvivenza è appesa a un filo sottilissimo che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro, se non si trova una soluzione in grado di preservare l’occupazione.

Un problema che coinvolge non solo il territorio di San Martino, dove ha sede la Cormo, ma l’intera provincia, dove risiedono le famiglie travolte da questo ciclone di mezza estate e anche altre città fuori Reggio, se si considera che tra i lavoratori della cooperativa ce ne sono molti provenienti dal sud. Patrizia Cirillo ha 38 anni, e dietro il sorriso dolce e i capelli biondi raccolti in una coda c’è la grinta necessaria a ribadire a gran voce che la cooperativa non deve chiudere.

«Quindici anni fa io e il mio compagno ci siamo trasferiti qui da Pompei, Napoli – racconta Patrizia, Rsu Cormo – cercavamo prospettive lavorative e nel corso del tempo è nata Ginevra, la nostra bambina, che ora ha tre anni. I nostri parenti più vicini abitano a Zurigo: il motivo che ci tiene ancorati a San Martino è lavorativo, anche se oltre alla mia situazione, anche quella del mio compagno non è rosea: lavora in una ditta di asfalti con sede a Rubiera. Dopo un periodo di cassa integrazione, per lui se ne prospetta un altro a settembre. Quest’estate non ho iscritto la bambina alla sezione estiva del nido. Così almeno abbiamo risparmiato quella quota. Sbarcare il lunario è difficilissimo: abitiamo a Budrio di Correggio e abbiamo anche il mutuo da pagare, oltre a tutte le altre spese. Io sono anche socia della Cormo: mi piange il cuore nel vederla ridotta così».

Carmela Muscò ha un carattere solare, malgrado le difficoltà: anche lei è socia della cooperativa e mai avrebbe detto, vent’anni fa quando è stata assunta, che la Cormo sarebbe scivolata sull’orlo del baratro dall’oggi al domani. «Ero una bambina quando ho iniziato a lavorare nella cooperativa – dice –. Sono arrivata da Crotone, Calabria, quando avevo 18 anni, con una bimba di soli 15 giorni. Ci siamo spostati qui per lavoro anche noi, io e mio marito invalido civile. A 22 anni sono entrata in azienda, oggi ne ho 42 e posso dire di essere cresciuta con la cooperativa. Oltre a mio marito la mia famiglia è composta da una figlia di 24 anni e uno ancora piccolo, che tra poco ne compirà 12. Nel 2013 sono stata messa in cassa integrazione insieme ad altri cento colleghi e ho sofferto tantissimo quell’anno. Poi, fortunatamente, sono rientrata: in questi vent’anni ho sempre aiutato la famiglia. Inoltre, io non ho la patente e avere il lavoro a pochi passi da casa, a San Martino in Rio, è stato fondamentale. Adesso abbiamo paura di non andare nemmeno in cassa integrazione: che l’impresa chiuda e basta».

Sul piede di guerra Luca Pavani, 54 anni, ex Rsu, residente a Carpi, tanta esperienza come falegname e pochi peli sulla lingua. «Sono arrivato alla Cormo più di vent’anni fa dopo un impiego in un’altra cooperativa dello stesso settore – dice Pavani –. Mi sono occupato di diverse mansioni fino a diventare un falegname completo professionalmente. A casa ho una situazione particolarmente complicata: ho una moglie, tre figli e ora un genero in casa, in attesa che nasca mia nipote. Sono l’unico sostegno economico della famiglia e sono a casa da due anni, in cassa integrazione a zero ore. E non so cosa potrà succedere ad agosto…».

Pare infatti che il compenso di agosto verrà erogato alla fine di settembre, dopo la richiesta di concordato preventivo da parte di Open.Co. Un’ulteriore spada di Damocle sulle famiglie che dovranno fare i conti con questo ulteriore ritardo. Giuseppe Minutoli ha ormai una professionalità consolidata da oltre un decennio trascorso in Cormo e anche lui, come gli altri, una famiglia da mantenere. «Vengo da Messina e lavoro da 12 anni alla cooperativa – conferma – svolgendo diversi incarichi. Il mio reparto sarebbe Segheria ma mi sono adattato a svolgere diverse mansioni in questi anni. Ho moglie e due figli, di 8 e un anno, tutti a carico: mia moglie, infatti, lavorava tempo fa con contratti a tempo determinato, ma da quando ha partorito non le hanno più rinnovato niente. Le spese sono tantissime, io sto lavorando per fortuna anche se faccio qualche giorno di cassa integrazione al mese. A differenza di altri miei colleghi che, al contrario di me, fanno più cassa che giornate di lavoro».

Arrabbiato e indignato come gli altri addetti è anche Vito Sebastiani, appartenente all’Rsu, che ricorda con nostalgia i tempi in cui si poteva scegliere dove lavorare perché la crisi non aveva ancora mostrato il suo lato più cruento. «Abito a Reggio Emilia, mia moglie lavora alla Coop Service e abbiamo una bimba di 3 anni – racconta Sebastiani –. Sono stato assunto con un contratto a tempo indeterminato alla Cormo nell’agosto del 2002. Io sono diplomato in ragioneria e mi sono adattato perché il mestiere mi piace. Ora è un dispiacere vedere che c’è chi non vuole salvare la cooperativa per una pura questione di volontà politica, prima che per la crisi. La nostra realtà, infatti, è destinata a essere sacrificata a beneficio di altre e questo fa molto male a noi che ci siamo prodigati, anima e corpo, trasformandola in un fiore all’occhiello del settore. E per fortuna che lo scopo delle coop dovrebbe essere mutualistico, cioè l’obiettivo di crescere insieme fra soci. Di certo non ce ne staremo con le mani in mano ad aspettare di chiudere. Difenderemo il nostro lavoro e lo ribadiremo anche oggi durante lo sciopero».

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