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Partito da Correggio un volo sperimentale per studiare i venti

di Serena Arbizzi
Partito da Correggio un volo sperimentale per studiare i venti

L’iniziativa del team guidato dall’ingegner Lorenzo Tarabini «Il sogno: lanciare in orbita un satellite per scopi divulgativi»

01 settembre 2015
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CORREGGIO. Un lancio nell’atmosfera possibile ad un prezzo bassissimo, ideato da un gruppo di ingegneri allo scopo di avvicinare la gente allo spazio e farle provare le forti emozioni che ne derivano. Questa l’impresa stupefacente realizzata da Lorenzo Tarabini con i colleghi Raphael Rebolo e Guillermo Rodriguez, tutti e tre ingegneri della Sener, il gigante spagnolo impegnato in progetti milionari per conto dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea. A 43 anni, Tarabini, carpigiano, vive all’estero dal 2000, dapprima come ricercatore all’Università di Monaco; successivamente in qualità di ingegnere alla Sener. Sabato scorso, a Correggio, i tre ingegneri hanno affrontato il loro sesto lancio nello spazio dal quartier generale dell’azienda Webranking di via dell’Oratorio. Azienda con la quale il team di Sener ha realizzato una partnership per mettere a punto un nuovo tipo di missione. E’ stato il primo lancio in Italia effettuato da questo team, e del primo lancio di un dispositivo video da parte dei tre esperti.

Tarabini, perché lei e i suoi due colleghi avete deciso di avventurarvi in questa impresa del tutto singolare?

«Il nostro unico scopo è la grande passione per lo spazio e per tutto ciò che è collegato a questo mondo ancora tutto da scoprire. Per questo abbiamo messo a punto, tramite il progetto denominato “Inzpace”, la possibilità di effettuare lanci nello spazio di svariati oggetti, e sabato, assieme a Webranking, abbiamo approntato il nostro sesto lancio».

Quali accortezze richiede la preparazione dei lanci?

«L’ultima impresa effettuata sabato a Correggio ha richiesto quattro mesi di intenso lavoro. Per compiere questa missione, usiamo un pallone di aeromodellismo (una piccola mongolfiera) che viene riempito con l’elio, al quale, poi, abbiamo appeso una capsula con una piccola tv che, al termine del lancio, che ha sfiorato i 20 chilometri di altezza, è atterrata su un capannone nelle campagne del Mantovano. Riusciamo ad individuare il punto esatto in cui atterra grazie a un sistema di gps che ci consente di capire la collocazione del dispositivo. Tramite questa missione si può vedere il mondo con occhi profondamente diversi rispetto al punto di vista con cui lo osserviamo normalmente».

Questa volta avete lanciato nello spazio una tv. Le volte scorse in quali tipi di missione vi siete cimentati?

«Ad esempio, abbiamo fotografato nella stratosfera i pupazzetti dei bambini della scuola con i loro nomi, riprendendoli con l’ovale scuro della terra sullo sfondo. È tutto collegato a terra via radio, con il computer che manda le foto quasi in tempo reale. Il pallone, che prima del lancio ha un diametro di un metro e mezzo, quando sale aumenta di dimensioni a causa della pressione. Raggiunti i sei metri, esplode nella stratosfera. Nel frattempo ha scattato centinaia di foto e fatto vari video. Dopo l’esplosione, la capsula precipita a terra».

Avete un sogno nel cassetto?

«Volare sempre più in alto, fino a lanciare in orbita un CubeSat, ovvero un satellite miniaturizzato per scopi divulgativi. Così come divulgativo è l’intento delle nostre missioni».

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