Gazzetta di Reggio

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Shoah, dieci nuove pietre d’inciampo a Reggio Emilia

di Adriano Arati
Shoah, dieci nuove pietre d’inciampo a Reggio Emilia

Dedicate ad altrettanti ebrei uccisi dall’odio razziale: morirono tutti prima di arrivare nei lager dei nazisti

04 gennaio 2016
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REGGIO EMILIA. Deportati in campo di lavoro, impazzito per la morte dei genitori ad Auschwitz, ucciso da un infarto mentre si nascondeva, catturato da quei fascisti che aveva a lungo sostenuto.

Il 13 gennaio il territorio reggiano accoglierà dieci nuove pietre d'inciampo, le piccole opere che ricordano le donne e gli uomini uccisi dal nazismo e dai suoi alleati, grazie a un'iniziativa del Viaggio della Memoria di Istoreco che bissa quella del gennaio 2015.

Un anno fa sono state posate dieci pietre in ricordo di dieci ebrei reggiani, catturati dai fascisti e deportati ad Auschwitz dove sono morti. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:foto-e-video:1.10612579:MediaPublishingQueue2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/reggio/foto-e-video/2015/01/05/fotogalleria/pietre-d-inciampo-l-omaggio-di-reggio-ai-dieci-martiri-ebrei-1.10612579]]

Nel 2016, sempre collaborando con le scuole superiori che poi prenderanno parte al Viaggio, si è guardato ad altre vittime, dirette e indirette, della persecuzione nazista, trovando dieci storie divise fra Reggio Emilia, Correggio e Castelnovo Monti.

Le nuove pietre verranno posate il 13 dal loro ideatore Guntern Demning, e il 9 gennaio a Castelnovo ci sarà un'anticipazione, un percorso sui luoghi dove verranno sistemate le opere.

Una delle biografie più amare è quella di Giorgio Melli, figlio diBenedetto e Lina Jacchia, ricordati nel 2015. Il passaggio di consegne riguarda anche le scuole, perché di questa storia si è occupata una classe del liceo Ariosto, che ha preso il testimone da una quinta della stessa scuola.

E lo stesso Melli, ottant'anni fa, aveva studiato all'Ariosto, un legame che responsabilizzato ancora più le ragazze e i ragazzi di oggi. Melli, nato nel 1919, nel 1938 vuole andare all'università, ma le leggi razziali introdotte proprio quell'anno glielo impediscono. Rimedia su Losanna, dove diventa ingegnere e inizia anche a insegnare all'università.

La falce però ha iniziato a tagliare: i genitori vengono catturati mentre provano a raggiungere e finiscono a Birkenau, così come lo zio.

Giorgio non si riprenderà mai, nel dopoguerra torna in Italia e viene ricoverato in una casa di cura per malattie mentali a Verona, dove morirà, solo, a 57 anni. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:foto-e-video:1.10459235:MediaPublishingQueue2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/reggio/foto-e-video/2014/12/08/fotogalleria/shoah-dimenticare-mai-anche-a-reggio-emilia-le-pietre-d-inciampo-1.10459235]]

Dalla montagna arrivano invece le storie di Ugolino Simonazzi, Francesco Toschi, Inello Bezzi e Ermete Zuccolini, di cui sono occupate le quinte del Cattaneo e del Mandela. Sono quattro uomini catturati nel grande rastrellamento dell'ottobre 1944, e mandati poi in Germania, dove troveranno la morte.

Toschi, Bezzi e Zuccolini nel campo di lavoro di Kahla, in Germania, dove si producono i caccia da guerra Messerschmitt 262, Simonazzi – militante comunista attivo contro il fascismo dagli anni '20 – a Brandenburg Havel.

A volte, il fascismo ha divorato sé stesso, e la pietra d'inciampo correggese su Claudio Sinigaglia lo ricorda a tutti. Sinigaglia era un notabile molto vicino alla monarchia e poi al fascismo, attivo a Bologna, e a Correggio manteneva una villa di campagna.

Nel 1938, con le leggi razziali, iniziano i problemi, e dopo l'8 settembre 1943 anche lui deve nascondersi, cacciato dagli ex alleati, italiani e tedeschi. Diabetico, in clandestinità non può procurarsi l'insulina e muore, seguito qualche mese dopo dalla sorella Gilda, debilitata dalla fuga.

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Vicenda opposta e uguale a quella di Dante Padoa, impiegato reggiano delle poste che cerca rifugio in montagna, a Costabona, e qui viene ucciso da un infarto, mentre scappa nei boschi per evitare un rastrellamento.

Una sorte simile è toccata a Ida Liuzzi, borghese reggiana che muore in un piccolo nascondiglio in un fienile a Borzano, da dove non poteva uscire.

Ha finito invece la sua corsa ad Auschwitz Paolo Bonaventura, professore di matematica in pensione e da sempre antifascista, che ha pagato le sue idee e le sue origini.