Quando la 'ndrangheta cercava di vendere case al sindaco Delrio
Mafie a Reggio Emilia, l'associazione degli imprenditori edili reggiani (Aier) è stata voluta e costituita dalla cosca: ecco quando, come e perché
REGGIO EMILIA. Nella sua strategia di ricerca del consenso e delle strade migliori per fare affari, segnando un sostanziale cambio di strategia rispetto al basso profilo da sempre adottato dalla “casa madre”, la cosca Grande Aracri ha compiuto in questi anni secondo gli inquirenti alcune significative operazioni di lobbismo, cercando contatti con i vertici del mondo politico e stringendo alleanze con quello imprenditoriale.
Una è stata lo scatenamento di una campagna mediatica contro le interdittive firmate dall’allora prefetto Antonella De Miro che colpivano al cuore le imprese legate (direttamente o indirettamente) alle ‘ndrine, impedendo loro di lavorare e quindi sia di fare profitti, sia di riciclare. L’altra, è stata rappresentata dalla costituzione dell’AIER, associazione d’imprenditori edili reggiani, in realtà cutresi.
In questa nostra inchiesta cercheremo di dimostrare che l’AIER non è nata come soggetto sano poi infiltrato dai rappresentanti della ‘ndrangheta, ma che al contrario è stata costituita dalla ‘ndrangheta stessa.
Gli esordi
La prima comparsa dell’AIER sui mass media reggiani risale al 16 febbraio 2010 quando si fissa il giorno della presentazione ufficiale dell’associazione, in una serata all’Hotel Astoria di Reggio Emilia. Il problema principale sembra essere costituito dalla stretta creditizia operata dalle banche. La crisi economia scoppiata tra il 2008 e il 2009 sta mettendo in ginocchio molti settori, edilizia in primis. Tra i capifila dell’AIER figura sin dall’inizio Antonio Rizzo: la sua Rizzo Group Spa all’epoca all'epoca fa parte di Unindustria.
Salviamo la Reggiana.
Carlo Rizzo, fratello di Antonio, è nel pool d’imprenditori che salvano la Reggiana dal fallimento. In sintesi: il 13 luglio 2005 la società, gravata da un pesantissimo debito, viene dichiarata insolvente e fallisce. Regista della crisi è di fatto il sindaco Graziano Delrio che, eletto l’anno prima, fa uscire di scena Ernesto Foglia e chiama a sé l’ex presidente della società Ermete Fiaccadori. Quest’ultimo si occupa di mettere insieme un pool d’imprenditori (guidati da Claudio Campani) chiamati a gestire la transizione. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.12845145:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/image/contentid/policy:1.12845145:1649686969/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]Il 21 luglio 2005 nasce la nuova società Reggio Football Club con la firma dell’atto costitutivo da parte di 12 soci. Amministratore unico è Fiaccadori; i soci sono in parte reggiani, in parte cutresi: Pietro Benassi, Nuova Autofrance, Ifir Holding, Rizzo spa, Zini e Zambelli costruzioni, Sassi e co, S.A.P. srl, Rigel Spa, Fiduciaria Felsinea, Eternedile Spa, Gregorio Villirillo, Rizzo Carlo e Figli. Zini e Zambelli sono noti alle cronache: la Sincre Spa da loro partecipata sarà costretta a chiudere nel 2013 dopo un provvedimento antimafia per potenziali rischi d’inquinamento.
La cordata sborsa 200 mila euro per acquistare il marchio dal Tribunale fallimentare e salvare così il nome (Ac Reggiana) e i titoli sportivi. Nel giro c’è anche il notaio Antonino Vacirca che risulta avere contribuito personalmente con 25 mila euro. Secondo un articolo del Carlino, anche Bacchi - l'imprenditore delle "sabbie del Po" - avrebbe garantito il suo impegno finanziario.
[[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.12845151:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/image/contentid/policy:1.12845151:1649686968/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]Poi, in agosto, spuntano però fuori i “pezzi grossi”: industriali e cooperative di primo piano che, di fatto, subentrano alla prima cordata e costituiscono “Iniziativa Tricolore” che costituisce la nuova società. Sfruttando il Lodo Petrucci (retrocedi e puoi ripartire dalla serie inferiore), la società si iscrive al campionato di serie C2 trasformandosi poi nell’attuale Ac Reggiana 1919 Spa.
Pressioni su Delrio
L'Aier parte con duecento associati, questo dichiara Rizzo alla stampa. Duecento imprese che, messe insieme, “hanno un’esposizione bancaria complessiva che si aggira tra i 700 e i 900 milioni di euro”.
L’obiettivo appare chiaro sin dall’inizio: fare pressioni sul sindaco Delrio. La crisi nata nel biennio 2008-2009 ha messo in ginocchio l’intero settore delle costruzioni. Dopo due decenni di “vacche grasse”, è arrivata la mannaia: in periferia, metà dei cantieri è già ferma. Per questo, al primo cittadino vengono recapitate tre proposte precise:
- La moratoria per un anno sulle fidejussioni e il conseguente congelamento degli oneri che le imprese devono al Comune
- Il mancato pagamento dell’Ici sull’invenduto
- Il congelamento di tutti gli interessi e delle rate dei mutui accesi.
La cena pre-elettorale con Delrio e Vecchi.
Il 29 maggio 2009, una settimana dal voto, Nicola Fangareggi scrive sul suo blog radiovasca "Cena alla Pignatta per Graziano Delrio, Luca Vecchi e un gruppo di sostenitori convocati da Antonio Rizzo. Torta finale con decorazione personalizzata: "Il Sindaco". Il quale peraltro, da medico endocrinologo, fa molta attenzione alla dieta".
Lo spottone al sindaco.
Il tre giugno 2009, tre giorni prima delle elezioni comunali che consacreranno Delrio al suo secondo mandato, accade un episodio inquietante. Sul Sole 24 Ore appare questa «informazione pubblicitaria» (ovvero un annuncio a pagamento) dello stesso Rizzo, che si fa ritrarre assieme a Delrio e perora l’acquisto dell’invenduto. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.12845146:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/image/contentid/policy:1.12845146:1649686969/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]Rizzo plaude a una soluzione bipartisan sull'acquisto pubblico di centinaia di alloggi costruiti dai cutresi, ipotizzando che l’operazione sia appoggiata politicamente sia da destra, sia da sinistra. Ma soprattutto, la dà già per acquisita, arrivando a scrivere che «l’amministrazione comunale nella persona del sindaco ha preso di buon occhio l’idea» e che «il suo staff tecnico sta lavorando per superare tutti i problemi burocratici e gestionali a cui si andrebbe incontro».
Delrio è da poco tornato dal suo contestatissimo viaggio a Cutro. Il messaggio che Rizzo gli lancia da un giornale nazionale sembra molto chiaro. Si vota, Delrio viene rieletto. Alla festa di piazza in suo onore c'è anche l'onnipresente imprenditore. Trascorrono un paio di mesi relativamente tranquilli, poi a Reggio succede di tutto.
La bomba di via Caliceti
Pochi giorni prima della presentazione ufficiale dell’AIER, nella notte dell’otto maggio 2010, a Reggio avviene un fatto gravissimo: una bomba piazzata su un’auto parcheggiata in via Caliceti Tra la marmitta e una delle ruote posteriori della macchina, una Citroen C5, è stato piazzato un ordigno rudimentale. L’auto appartiene a un muratore calabrese che dice di non aver mai fatto nulla di male a nessuno e di non nutrire alcun sospetto. Niente fiamme, questa volta. Ma una pesante intimidazione. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:foto-e-video:1.11051648:MediaPublishingQueue2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/reggio/foto-e-video/2015/03/16/fotogalleria/la-bomba-di-via-caliceti-un-avvertimento-inequivocabile-1.11051648]]
Sono in molti a cercare una relazione tra l’attentato e l’operazione della Finanza che, appena tre giorni prima, aveva portato in carcere cinque calabresi accusati di usura Sono cutresi residenti a Pieve Modolena, che per l'accusa praticavano tassi di interesse dal 10 al 15% mensile: Giuseppina Maria Salerno, 51 anni, e i suoi figli: il 32enne Giuseppe Silipo e il 34enne Salvatore Silipo, più il 38enne pluripregiudicato - e in passato finito in un'inchiesta dei carabinieri quale affiliato del clan Dragone - Giulio Vito Floro e il 57enne Antonio Grande. Molti di questi nomi li ritroveremo poi indagati nell'operazione Aemilia.
Leggi: il dossier della Gazzetta sulla 'ndrangheta a Reggio Emilia
Sì, insomma, qualcosa sta succedendo, in città. Impossibile non accorgersene. Che si tratti di faide interne al clan, di “concorrenza” tra ‘ndrine o di pura intimidazione, il livello si è alzato, e di molto.
L’AIER tira dritto ed esce allo scoperto
A pochi giorni dagli arresti per usura e dalla bomba di via Caliceti, il 12 maggio di quel fatidico 2010, l’associazione si presenta ufficialmente, sostiene di avere già 318 iscritti e di contare di aggiungere altri duecento a breve. Il fatto che l’iniziativa nasca fra dagli imprenditori edili d’origini cutresi non solo non è un mistero, ma viene per così dire dichiarato in premessa. Del resto, tutti sanno che il mattone è nelle loro mani.
Ecco la mappa dei beni confiscati realizzata da Confiscati Bene
(dati dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati)
Accanto ad Antonio Rizzo, quel giorno fanno la loro comparsa “pubblica” altri tre personaggi. C’è innanzitutto Antonio Gualtieri “che sottolinea l’importanza di un’azione mirata” così come Salvatore Frontera che “invita i presenti a organizzare un fronte comune”. Infine, il commercialista Alessandro Palermo che snocciola una schiera di consulenti ed esperti “nei settori urbanistico, tributario, legale, finanziario e aziendale”. L’assemblea delinea il vertice: Rizzo presidente, Gualtieri e Frontera i suoi vice, Palermo direttore.
L’AIER vuole accreditarsi come la faccia pulita dell’imprenditoria calabrese, e infatti se ne esce sui giornali spiegando che “le mele marce non devono guastare il lavoro onesto di tutte quelle imprese calabresi sane che hanno contribuito allo sviluppo del nostro territorio”. E, ovviamente, “condanna con forza gli ultimi episodi criminosi accaduti nella nostra città, schierandosi a fianco delle istituzioni per far sì che organizzazioni malavitose siano messe al bando dal nostro contesto cittadino e imprenditoriale”.
In realtà, non tutti ci cascano. Giacomo Scillia, ad esempio: presiede la Confesercenti reggiana e parla chiaro: “Quando nei cantieri saltano le regole e iniziano a utilizzarsi sistemi infiniti di subappalti e caporalato, evidentemente è facile capire che in questi vuoti di legalità non si può che inserire la criminalità organizzata”. Troppe finanziarie, denuncia Scillia. Troppe ditte edili e di autotrasporti che nascono e muoiono in continuazione. La Fiar, inascoltata, cerca sponde tra le altre associazioni dell’artigianato per evitare che “questi episodi di criminalità economica prendano piede sul territorio”.
In piazza contro le mafie, AIER compresa
Il 16 maggio 2010, Delrio e la presidente della Provincia Sonia Masini dirigono il sit-in bipartisan contro le infiltrazioni mafiose a Reggio con fuori programma e coda velenosa. “Reggio non si lascia intimidire, vogliamo dire a tutte le persone minacciate che è giunto il momento di parlare”. Masini è sulla stessa scia: “Non accetteremo mai alcuna prevaricazione”, ma ad attenderla al varco ci sono i grillini, con tanto di fischietti e uno striscione che recita “Reggio niente mafia: vero Sonia” avendola inserita nella folta schiera dei “negazionisti”. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:foto-e-video:1.12845157:MediaPublishingQueue2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/reggio/foto-e-video/2016/01/26/fotogalleria/graziano-delrio-e-sonia-masini-ai-vertici-nella-reggio-emilia-degli-anni-duemila-1.12845157]]“Resto convinta che Reggio è fondamentalmente sana – dichiara la Masini alla Gazzetta – e non è in mano alla mafia, anche se l’attentato è stato un fatto molto grave. E lo dice una persona che si batte da anni contro le infiltrazioni mafiose”. Piccolo particolare: a manifestare contro le mafie c’è anche l’Associazione calabresi nel mondo, ma soprattutto c’è Antonio Rizzo, in rappresentanza dell’AIER. Enrico Bini punta sui distinguo: “Ci sono anche molte imprese calabresi, campane, siciliane sane. Vanno aiutati questi imprenditori, forse sono i primi ad essere taglieggiati dai loro conterranei in giacca e cravatta”.
Caro Delrio, compraci tu le case invendute
Appena un paio di giorni più tardi, dopo averlo incontrato in piazza Prampolini al sit-in antimafia, Rizzo spara il carico da novanta proprio verso Delrio. Il messaggio è così sintetizzabile: caro sindaco, compraci il nostro invenduto. A molti non sfugge il paradosso. Ma come? Negli anni del boom edilizio vi siete arricchiti con la cementificazione selvaggia, avete costruito dappertutto sopravvalutando la domanda e ora che avete centinaia (se non migliaia) di alloggi invenduti vorreste rifilarli alla mano pubblica? Ovvero, cancellare con un colpo di spugna il rischio d’impresa e farlo gravare sulle casse pubbliche?
Sì, l’obiettivo è esattamente questo. Gli investigatori credono di sapere perché tutti quegli appartamenti non siano stati venduti: perché lo scopo reale non era affatto venderli. Ma riciclare denaro, dare lavoro, far girare l’economia. Però, dato che ci siamo, perché non provare anche a piazzarli?
La proposta viene formalizzata in questi termini a Delrio: acquisto a prezzo di costo (almeno 350 unità immobiliari) per realizzare nuove case popolari. Il Comune – è la teoria proposta – ha solo da guadagnarci perché non costruisce nuove case, risparmia sull’acquisto, si ritrova un patrimonio di qualità e dà ossigeno all’economia locale. Ovvero, ai cutresi. Dice Rizzo che, così facendo, il Comune ridurrebbe l’indebitamento di imprese edili e società immobiliari verso le banche “con la conseguente possibilità di essere rifinanziati e poter far ripartire la catena della costruzione edilizia a Reggio”. Chiaro, no? Soldi pubblici per costruire nuove case.
Leggi: la cementificazione selvaggia e il "sacco di Reggio"
L'operazione sfuma
Ovviamente, una simile mossa scatena un vespaio di reazioni. Perché le case invendute ce le hanno anche le coop, gli industriali, le PMI, gli artigiani La crisi ha colpito tutti indistintamente. “Il PDL ha applaudito”, riferisce la Gazzetta del 7 novembre 2010. Significative un paio di risposte a Rizzo. La prima è di Carlo Veneroni della Cgil: “Che si stava costruendo troppo lo si era detto e ridetto anche in passato. Ma se davvero l’AIER vuole vendere le sue case a puro prezzo di realizzo, perché non lo fa direttamente con i privati?
Il Comune, quei soldi, non li ha, e fa bene a puntare sul recupero del patrimonio esistente”. La seconda è di Enrico Bedogni, ad del Centro cooperativo di progettazione: “Se negli anni passati qualcuno ha costruito, voglio immaginare che l’abbia fatto con precise prospettive in mente”.
E il Comune come reagisce? Delrio smista la risposta sull’assessore all’urbanistica Ugo Ferrari, che di fatto la respinge adducendo le ristrettezze di bilancio: quei soldi per acquistare le case dei cutresi non ci sono, e comunque l’Aier farebbe bene a seguire la strada dell’affitto calmierato, sfruttando anche i contributi regionali che arrivano sino al 50 percento del valore dell’immobile.
Sparato alle spalle, e Rizzo fa i “distinguo”
Alcuni mesi più tardi, il 23 novembre di quel 2010, a Coviolo un imprenditore edile calabrese di 62 anni, Vito Lombardo, viene colpito da due colpi di pistola che lo raggiungono al fegato e a un'anca.
Nato a Cutro, Lombardo si è trasferito con i familiari a Reggio negli anni '70. Qui ha fondato l'impresa edile che porta il suo nome e che, negli anni, ha aperto diversi cantieri in tutta la provincia e negli ultimi tempi anche nel Parmense. Nel settore edile lavora anche il fratello maggiore Antonio, titolare di un'impresa a Gualtieri. Mentre un altro fratello, Alfonso, è da qualche tempo in pensione dopo aver gestito per anni il bar River in via Dalmazia. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:foto-e-video:1.11051658:MediaPublishingQueue2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/reggio/foto-e-video/2015/03/16/fotogalleria/l-agguato-di-coviolo-due-spari-alle-spalle-1.11051658]]
Il 4 dicembre, la svolta: in carcere finisce il 65enne Gino Renato. Sarebbe lui, secondo i carabinieri, l'uomo che la sera del 23 novembre avrebbe sparato alle spalle di Vito Lombardo. Titolare dell'impresa edile Regil, residente a Cutro, ma di fatto domiciliato insieme alla moglie in un appartamento di via Medaglie d'oro della Resistenza nel cuore della Rosta Nuova, è stata la vittima stessa a fare il suo nome. Il 22 maggio del 2014, la sentenza di primo grado: 12 anni e due mesi a Renato.
Quello che qui ci interessa sottolineare, però, è l’ennesima presa di posizione pubblica dell’AIER, che con Rizzo, ancora una volta, prende carta e penna – prima della svolta nelle indagini - per ribadire che non tutti i calabresi sono ndranghetisti. Siamo in trentamila tra Reggio e Provincia, dice. E’ ora di finirla di fare di tutta l’erba un fascio. Auguri di pronta guarigione alla vittima, l’auspicio che si trovino i responsabili, l’invito a non considerare criminali tutti coloro i cui cognomi finiscano per “o”, per “e” o per “i”.
Rizzo e "Gente del Fare"
Nel 2011, l’AIER sembra evaporata, quasi fosse nata al solo scopo di fare pressioni sulla politica reggiana e riuscire a piazzare gli appartamenti invenduti. Antonio Rizzo, resta comunque al centro delle cronache. L'otto febbraio sempre sul blog Radiovasca, Fangareggi si occupa dell'Aier. Nella foto qui sotto, che accompagna la nota, con Rizzo c'è anche Marco Gibertini. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.12850359:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/image/contentid/policy:1.12850359:1649686968/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]
"Anthony Rizzo stavolta fa sul serio. Ha affittato il Sali&Tabacchi e convocato la meglio gioventù post cutrese per un meeting con cena e dopo cena. Età media vent’anni circa. I convenuti hanno atteso pazienti che il Proconsole di Lettonia – che ha preteso di farsi annunciare con la musica del Costanzo Show – elaborasse una serie di domande allo stesso Rizzo e al direttore Aier, Alessandro Palermo. E’ stato annunciato il cambio di sede: l’Aier si trasferisce in via Samarotto nella dépendance che anni fa ospitò il quotidiano Ultime Notizie. Ma soprattutto Rizzo ha aperto le iscrizioni a un’associazione che si chiama Gente Del Fare, acronimo GDF (come Guardia di Finanza: ora si teme la fuga degli associati)"
Vicepresidente dell’AIER, il braccio destro del boss in persona
Dal presidente, al vice dell’Aier: Antonio Gualtieri, cutrese classe 1961, residente a Reggio Emilia. Secondo la DDA di Bologna che lo arresterà nell’ambito dell’Operazione Aemilia accusandolo , fa parte della cupola ndranghetista emiliana, uno dei sei capibastone agli ordini di “Manuzza” alias Nicolino Grande Aracri. Nelle “geometrie variabili” del potere dentro la cosca, Gualtieri sale nel consenso del boss sino a diventarne il plenipotenziario al Nord: un ruolo di enorme prestigio.
Così si legge in un passaggio dell’ordinanza del gip sull’Operazione Aemilia: “Le sorti della Tattini (bolognese, diventata la consulente di “Manuzza”) sono strettamente legate alla ascesa di Antonio Gualtieri dopo la temporanea uscita di scena di Romolo Villirillo. Chiamato dallo stesso Grande Aracri a rappresentare e gestire i propri interessi economici al Nord, Gualtieri avverte che simile impegno comporta la necessità di essere affiancato da una figura altamente professionale che lo possa coadiuvare in tutte le operazioni commerciali sotto un profilo strettamente tecnico. Sotto tale aspetto, in virtù della precedente collaborazione quale intermediatore nell’affare con (omissis) viene individuata Tattini Roberta, consulente ambiziosa che ha già instaurato un rapporto di fiducia con Gualtieri Antonio. Giova peraltro precisare che l’attività lavorativa di Tattini Roberta è prioritariamente incentrata su consulenze esterne nei confronti di aziende in difficoltà economico-finanziarie. In forza delle pregresse esperienze professionali e di una mirata formazione post universitaria, la Tattini svolge numerose consulenze tecniche in ambito civile nelle cause tra privati/società e gli istituti di credito”.
Gualtieri è l’uomo con sigaro e occhiali da sole, fotografato dai carabinieri fuori dallo studio della Tattini a Bologna, dove ha personalmente accompagnato Grande Aracri (con moglie e figlia). [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.12845150:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/image/contentid/policy:1.12845150:1649686968/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]I giudici della DDA contestano a Gualtieri l’associazione a delinquere di stampo mafioso e nel capo d’imputazione lo indicano come “promotore, dirigente ed organizzatore dell’attività dell’associazione in particolare nelle zone tra Piacenza e Reggio Emilia”.
E’ lui che garantisce “il collegamento tra i partecipanti all’associazione, mantenendo e garantendo l’autonomia d’azione della medesima associazione nella individuazione degli scopo concreti da perseguire anche al fine di procedere all’individuazione ed al recupero del denaro di spettanza della cosca Grande Aracri di Cutro, di cui si era impossessato VILLIRILLO Romolo, nonché individuando nuove zone di interesse operativo e settori di intervento diretto anche fuori dall’Emilia”. Sempre lui, che mantiene “i rapporti con la “casa madre di Cutro”, e con Nicolino GRANDE ARACRI, in funzione di aggiornamento sulle attività in corso e di messa a disposizione di denaro, anche della stessa cosca reinvestito in Emilia”. Ma non solo:
- individuando le linee di intervento del gruppo e le azioni di interesse comune;
- aggiornando i partecipi in relazione al proprio ruolo, ai propri compiti ed alle mansioni di ciascuno
- coordinando l’azione dei partecipi ed in particolare garantendo il rispetto delle gerarchie e dei rapporti interni nell’osservanza delle decisioni prese e degli ordini impartiti nonché della divisione di compiti effettuata, in particolare per quanto riguarda l’attività relativa ad appalti e al recupero crediti;
- risolvendo i conflitti insorti tra i partecipi (e coinvolgendo sotto questo profilo in particolare LAMANNA Francesco e gli altri capi dell’organizzazione emiliana);
- decidendo le azioni di ritorsioni nei confronti dei partecipi che contravvengono alle regole;
- pretendendo ed ottenendo obbedienza dagli appartenenti al sodalizio;
- mantenendo rapporti con imprenditori avvicinatisi alla cosca, e coordinando le attività compiute insieme a costoro;
- mantenendo il rapporto a nome dell’associazione e in relazione a singoli avvenimenti che coinvolgono l’associazione in se stessa ovvero taluno degli associati, con altri clan di matrice ‘ndranghetistica (clan Galasso) ed in particolare commettendo i delitti sotto al medesimo contestati con ruolo di organizzatore o comunque di riconosciuto vertice dell’azione (che qui si richiamano a far parte integrante del presente capo di imputazione) detenendo armi da fuoco a disposizione delle azioni comuni e comunque dell’associazione
A noi interessa questa voce: “individuando le linee di intervento del gruppo e le azioni di interesse comune”. Torniamo al teorema di cui parlavamo all’inizio, e cioè che l’AIER sia un’emanazione diretta delle cosche, creata appositamente per fare lobbismo e mettere sotto pressione alcuni soggetti (a partire dal Comune di Reggio Emilia) funzionali al riciclaggio compiuto attraverso le operazioni edilizie. Il tutto, con una tale spudoratezza da piazzare alla vicepresidenza nientemeno che il numero due della cosca. A questo punto, se il teorema è sbagliato, esiste una sola altra possibilità: ossia che l’AIER sia nata “sana” e sia stata infiltrata inconsapevolmente dalla cosca.
Sul fatto che il numero due dell’AIER sia un capobastone, potrebbe anche bastare il passaggio di questa intercettazione, datata 25 giugno 2011. Dice Gualtieri: “cui non manca – annotano i giudici - il gusto dell’iperbole”:
Allora io te lo dico io, io personalmente, perché al di sopra di me qui c'è soltanto il Papa. Noi siamo la famiglia che sul crotonese siamo la famiglia maggioritaria, ok? Allora... siamo la famiglia che...allora...ti ho detto, che arrivare da Catanzaro fino a Rossano, siamo noi… io c'ho na famiglia che è grande che arriva da Catanzaro fino a Rossano. La mia famiglia, va bene. Che posso dire tutto quello che voglio, ok?... allora tu gli dici, tu gli dici a loro - sono le persone che possiamo attivarci come vogliamo. Punto, ok?
Frasi smargiasse, perché Gualtieri non è uno sciocco e sa benissimo che potrebbe essere tenuto sotto controllo, come risulta in questa sua conversazione con un avvocato legato a Grande Aracri in Calabria.
GUALTIERI Antonio: pausa...di me, più controllato di me non c'è nessuno! perchè io devo filare come...pure nel telefono io...io posso parlare con tutti al telefono...Ma credetemi io posso parlare con tutti! l'importante è che lavoro...mi devo incontrare con l'avvocato..."avvocà ci dobbiamo incontrare per il lavoro di..."
(omissis): si ,si
GUALTIERI Antonio: benissimo, ci incontriamo, "a che ora?"..." a le ore tot, avvocà, alle ore tot ci incontriamo" mi spiego?
(omissis): hai avuto l'appuntamento
GUALTIERI Antonio: eh! perchè...quando loro sanno che voi vi state incontrando alle ore tot...dici: "possibile che questo va a dire...?"
(omissis): si ho capito, dici: "ci vediamo là"
GUALTIERI Antonio: no, no
(omissis): una cosa
GUALTIERI Antonio: vedete che vi ho detto? "ci incontriamo all'hotel, alle ore tot"... ndr.pausa
(omissis): ci sono quelle persone delle quali: "ma quella cosa.." ..."ma quella cosa che?"
GUALTIERI Antonio: "che cosa?"
(omissis): "eh si, ma quella cosa che sei andato"..."ma che non mi ricordo?"..."quale cosa?".."i documenti, avvocà"..." ah! i documenti dici, ah!"....e gli mostri i documenti, eh!
GUALTIERI Antonio: ah!
(omissis): quella cosa cos'è, cosa si pensano?
GUALTIERI Antonio: la malizia ...la legge.. la legge...
(omissis): eh! sai che, tanto ormai...so che dite
GUALTIERI Antonio: il telefono mio è monitorato 24 ore su 24, avvocà...ma io lo so già! lo so già alcuni amici miei lo dicono... da Reggio! e io tutte le volte dico: "senti dove ci vediamo, a che posto? a che ora?"..perchè loro me l'hanno detto: "Antonio, racconta sempre l'orario! che è molto più..INC...tu l'orario lo fai su un appuntamento allora..."
(omissis): eh!
GUALTIERI Antonio: vogliono controllare, "io ero con la persona!" "dove siete andati?" "all'aziende e sul lavoro" ..."sto cercando di fare business, è vietato? Non credo!.. e io sto cercando sviluppo!"
(omissis): è lavoro!
GUALTIERI Antonio: è lavoro!
(omissis): si può lavorare? ..INC...per il processo...io lavoro!
GUALTIERI Antonio: solo lavoro...ndr. pausa...a volte Romolo (VILLIRILLO Romolo n.d.r.) mi fa: "zio Tò ci vediamo?".."dove ci dobbiamo vedere?" gli dico io..."e va bene, venite a casa mia!"..."a casa vostra a che ora ci vediamo?", dite sempre..io gli dico sempre così!
Le carte della DDA sulle cosche e l’AIER
L’AIER è citata più volte, nell’ordinanza del gip sull’Operazione Aemilia. Innanzitutto, lo è nella scheda dedicata a Nicolino Sarcone. Leggiamo insieme questo passaggio:
Ad ammettere che sia vero che “vengono colpite le imprese calabresi dai poteri forti che hanno cambiato orientamento”, rimane il fatto che nessun altro si azzarda a farsi interprete dei calabresi, nessuno. L’unica iniziativa precedente a quella di SARCONE – la famigerata cena agli Antichi Sapori, nda - è la costituzione dell’associazione AIER, associazione imprenditori edili reggiani capitanata tra gli altri da GUALTIERI Antonio, di cui si è detto. Perché questo viene lasciato fare agli ‘ndranghetisti? Perché nessuno di coloro che, dopo essere immigrato ed essere divenuto reggiano a tutti gli effetti (anche perché molti sono di seconda o terza generazione) ed avendo raggiunto posizioni sociali stabili non si muove? Perché nessuno di questi dice nulla sul fatto che si muovano solo pregiudicati o persone sotto processo per mafia? Anche questa è una prova della capacità di intimidazione del gruppo emiliano. Non lo fanno perché hanno timore, è evidente. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.12845148:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/image/contentid/policy:1.12845148:1649686968/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]
Gli inquirenti non hanno alcun dubbio sul fatto che la costituzione dell'AIER nasca direttamente dalle cosche, e che faccia parte di una precisa strategia: avere il monopolio di qualsiasi iniziativa in ambito economico. Nessun imprenditore avrebbe potuto creare l'Associazione di costruttori edili cutresi senza fare i conti con la ’ndrangheta. Dunque, Rizzo è come minimo un "volto rispettabile", un uomo di facciata.
Di Aier si parla anche in una intercettazione che riguarda un’avvocatessa cutrese avvicinata dalla cosca ma che gli inquirenti considerano «indipendente e attendibile». Le viene proposto di partecipare alla famosa cena agli Antichi Sapori, lei “teme” che c’entri l’Aier (da cui si dissocia) e viene in qualche modo rassicurata.
Dopo il presidente e il vice, ecco il direttore dell’AIER
Alessandro Palermo, direttore dell’AIER è citato in decine di pagine dell'ordinanza sull'Operazione Aemilia ed è tra i convocati alla famosa cena degli Antichi Sapori. Quella in cui, presente tra gli altri il politico del Pdl Giuseppe Pagliani, si combina – secondo l’accusa – una precisa strategia per contrastare e delegittimare il prefetto De Miro che, a colpi di interdittive, sta bloccando molte imprese ndranghetiste, pregiudicando gli affari della cosca.
Sul fatto che Palermo sia affiliato, o quantomeno vicino alla cosca, gli inquirenti non sembrano nutrire molti dubbi. Nell’ordinanza dell’Operazione Aemilia si cita una riunione d’affari del 10 novembre 2011 alla quale “partecipa, nell’interesse delle ragioni del Gualtieri (e, di rimando, della cosca) anche Alessandro Palermo”.
La Ifir Holding e le altre collegate.
Ma c'è un ultimo capitolo: l'intercettazione del 20 giugno 2011 - riportata nell'ordinanza di Aemilia - tra Gualtieri e Palermo. Conversazione nella quale, scrive il gip, "lo stesso Gualtieri afferma una regola interna alla 'ndrangheta emiliana, quella relativa al cosiddetto "fiore" e cioè alla percentuale del valore di un affare da destinare alla cassa comune della famiglia.
Cioè qui a Reggio Emilia devono capire che se si prende un po' di roba dalla Rizzo (Rizzo Costruzioni Generali spa ndr), un po' di roba deve venire alla famiglia punto. Allora chi entra in queste cordate devono capire che c'è la famiglia in mezzo…
Grande Aracri, così pare di capire, vuole la sua parte dal fallimento della Ifir Holding, dichiarato il mese prima, in maggio. Un autentico colosso: si parla di 120 immobili per un valore complessivo superiore ai 40 milioni di euro tra cui sette ville a Forte dei Marmi. O forse si tratta di un'altra società del gruppo Rizzo.
AGGIORNAMENTI
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