Gazzetta di Reggio

Reggio

Aemilia, sequestrati in un anno beni per mezzo miliardo di euro

Enrico Lorenzo Tidona
Aemilia, sequestrati in un anno beni per mezzo miliardo di euro

Il 28 gennaio 2015 lo storico blitz con 117 arresti: poi 224 rinviati a giudizio fino ad arrivare al maxi processo a Reggio Emilia, epicentro dell'infiltrazione della 'ndrangheta e città cassaforte tra case e aziende finite ora sotto sequestro

4 MINUTI DI LETTURA





LEGGI: "RIPRENDIAMOLI", la sfida per i beni confiscati alla mafia

REGGIO EMILIA  Aemilia è l'inchiesta che ha confermato l'esistenza delle mafie al nord. Anni di indagini effettuate in sordina giunte ora alla celebrazione del più grande processo per mafia in Emilia-Romagna nell'aula speciale allestita a Reggio Emilia, provincia considerata l'epicentro del radicamento della 'ndrangheta e della cosca calabrese dei Grande Aracri.

 

Uno dei risvolti più eclatanti dell'operazione AEmilia scattata con 117 arresti avvenuti alle prime luci dell'alba del 28 gennaio 2015, è il valore complessivo di beni e società sequestrate nell'indagine. Pariamo di quasi 500 milioni di euro: un’enormità se si pensa che si tratta di beni bloccati in un solo anno e nei confronti di persone collegate tra loro, che insieme costituiscono un sistema crimale ricco, ramificato ed egemone.

UNA COSCA DI IMPRENDITORIALE  Secondo la Dda di Bologna l'associazione di stampo mafioso attiva a Reggio Emilia è collegata alla casa madre calabrese di Cutro, ma in Emilia ha mosso i suoi passi nel 1980 e ha operato anche in modo autonomo. E lo ha fatto non tanto imbracciando le armi, se non quando era necessario, ma agendo secondo logiche "imprenditoriali".

[[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.13449317:Video:https://video.gelocal.it/gazzettadireggio/dossier/operazione-aemilia/il-blitz-contro-la-ndrangheta-perquisizioni-e-sequestri/39375/39445]]

Il risultato sui sequestri è quello più rilevante dopo l'incredibile numero di persone finite in manette con Aemilia, che ha descritto una realtà più da sud che da nord Italia. Un'inchiesta che ha svelato il vero e proprio radicamento della 'ndrangheta a partire da Reggio Emilia, dove nei decenni si è trasferita un'intera comunità calabrese proveniente dalla piccola città di Cutro, e con la quale - alle brave persone - giunsero anche le mele marce, attirare in molti casi dai soggiorni obbligatori dei boss al nord.

Fino a pochi anni fa Reggio Emilia era fuori dai radar dell'antimafia. Terra con valori radicati, patria della cooperazione che nell'immaginario collettivo ha sempre giocato un ruolo di primo piano quale motore dello sviluppo dell'Italia intera.

'NDRANGHETA A NORD - LO SPECIALE

Un quadro radicalmente cambiato il 28 gennaio 2015, quando l'inchiesta Aemilia è deflagrata con lo storico blitz e con 117 arresti avvenuti nella notte. Sia gli arresti che i sequestri sono avvenuti principalmente a Reggio Emilia e nella nostra regione, con propaggini in Calabria ma anche a in zone della Lombardia fino al Veneto.

A Reggio c’è parte consistente di questi sequestri che riguardano società, beni immobili (in alcuni casi interi quartieri residenziali), auto di lusso, conti correnti, polizze e tutto quanto è considerato provento illecito o occultato dopo averlo generato tramite.

PRIMA DI AEMILIA Il primo sequestro preventivo per mafia a Reggio Emilia è stato pari a 3 milioni di euro ed era nei confronti del cutrese-brescellese Francesco Grande Aracri, fratello del boss Nicolino. Il fratello maggiore del capo della ndrina di Cutro è stato colpito da un secondo provvedimento a luglio 2015 e un altro sequestro nel dicembre dello stesso anno.

Poi c'è stato quello da 5 milioni di euro, sequestro emesso nei confronti dei fratelli Sarcone (foto e video), finiti nell’inchiesta Aemilia. Sono loro le case con offerta di mutui al 100% costruite a Montecchio Emilia o in via Plauto a Reggio Emilia (guarda la mappa).

[[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.13443493:Video:https://video.gelocal.it/gazzettadireggio/locale/blitz-antimafia-a-reggio-emilia-la-dia-mette-i-sigilli-a-una-casa-dei-sarcone/34454/34525]]

Il colpo più duro è stato inferto ai fratelli Vertinelli con un sequestri patrimoniali di circa 30 milioni di euro. I valori fanno capire il radicamento - e non la semplice infiltrazione - che è presente in terra emiliana da parte delle decine di imputati considerati organici alla cosca Grande Aracri. Con le recenti richieste in abbreviato di 71 imputati di Aemilia, sono state ribadite le richieste di sequestro di 21 società, considerate infatti il corpo del reato. Qui vengono menzionati, ad esempio, un immobile in via Giovanni da Verazzano a Reggio, le quote della Agro-Turist Giglio di Crotone, la Giglio Società Agricola, ma anche altr come la Cts Srl, la Service Srl, Gea Immobiliare, La Pilotta, la Core Technology, la New Dimension, la Medea, la Sime.

[[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.13449338:Video:https://video.gelocal.it/gazzettadireggio/locale/il-pm-pantani-ecco-perche-abbiamo-potuto-sequestrare-i-beni-di-vertinelli/39005/39075]]

Parte di questo patrimonio è proprio dell’imprenditore Giuseppe Giglio, considerato dai pm l’uomo con la fedina pulita e sul quale si sono concentrati affari milionari. C’è anche la speculazione immobiliare realizzata a Sorbolo (Parma) che vale 15 milioni di euro. Affari gestiti da Francesco Falbo, che ruppe poi il rapporto con Giglio e soci trovandosi minacciato con dei proiettili. Falbo finì davanti alla procura e raccontò come gli fu ormai impossibile sottrarsi ai suoi soci in affari che lo vessavano decidendo al suo posti chi doveva fare i lavori in cantiere.

Ecco la mappa dei beni confiscati realizzata da Confiscati Bene
(dati dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati)