Chieste dure condanne per la cosca
Processo Pesci: requisitoria contro gli uomini di Grande Aracri a Mantova
BRESCIA. Pesanti richieste di condanna ieri a Brescia nel processo con rito abbreviato nei confronti delle persone coinvolte nell’inchiesta antimafia “Pesci”, parallela ad Aemilia, che ha fatto luce sul versante mantovano della cosca capeggiata dal boss cutrese Nicolino Grande Aracri.
I pm della Dda di Brescia hanno chiesto otto anni per l'imprenditore edile Antonio Muto, colpevole per l’accusa di aver procacciato affari e vittime alla cosca. Diciotto anni e otto mesi per Francesco Lamanna, “Testone”, il “direttore lavori” incoronato dal boss Nicolino Grande Aracri, su cui pesa la recidiva, come per i tredici anni e quattro mesi e 14mila euro di multa chiesti per Alfonso Martino, il “Cagnolino” l’addetto alla consegna alla cosca dei profitti realizzati al nord. Cinque anni invece per Paolo Signifredi, il contabile parmigiano ora nel programma preliminare di protezione (che sarà ascoltato anche nel processo Aemilia a Reggio) e due anni e 600 euro di multa per Jose Antonio Da Silva, accusato di aver ripulito un assegno sporco in cambio di 500 euro da Antonio Rocca, suo datore di lavoro, che sarà alla sbarra il 4 aprile a Mantova. Una mazzata che ha lasciato senza fiato la platea degli avvocati, Muto, e i tre detenuti, Martino, Lamanna e Signifredi che hanno seguito l'udienza in videoconferenza.
Quella di ieri avrebbe dovuto essere solo una coda delle requisitorie pronunciate la settimana scorsa, nelle intenzioni dei due pm dell'antimafia Claudia Moregola e Paolo Savio. Ma l'aula 22 di palazzo di giustizia ieri si è incendiata e il processo Pesci ha preso una piega inattesa alla vigilia. Non lo hanno nascosto, i due magistrati, davanti al giudice Vincenzo Nicolazzo: hanno detto che vogliono dimostrare, «al di là di ogni ragionevole dubbio» che nel Mantovano era attiva una vera associazione criminale affiliata alla cosca cutrese di Grande Aracri, di cui l'imprenditore edile Antonio Muto, trapiantato da anni a Curtatone, accusato di concorso esterno, era un personaggio di primo piano. Pesanti condanne che ricordano quelle chieste nel processo Aemilia con rito abbreviato a Bologna.
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