Gazzetta di Reggio

Reggio

Abusi, minacce e favori alla cosca: così Brescello è diventata terra di mafia

Abusi, minacce e favori alla cosca: così Brescello è diventata terra di mafia

Pubblicata la relazione del ministro Angelino Alfano al presidente della Repubblica che riporta la lista dei favori dati e ricevuti da esponenti della cosca Grande Aracri all'amministrazione comunale sciolta per mafia

6 MINUTI DI LETTURA





LEGGI: "RIPRENDIAMOLI", la sfida per i beni confiscati alla mafia

BRESCELLO (Reggio Emilia)  Favori ai parenti dei mafiosi, speculazioni edilizie sospette, varianti urbanistiche a rischio di infiltrazioni e appalti a ditte successivamente interdette sempre per mafia. Il tutto condito da una condiscendenza tra amministratori pubblici e personaggi aderenti alla cosca di 'ndrangheta dei Grande Aracri di Cutro che nel volgere di vent'anni ha letteralmente liquefatto la narrazione nazional popolare che da sempre caratterizza Brescello, primo comune sciolto per mafia in Emilia-Romagna.

 

[[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.13331033:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/image/contentid/policy:1.13331033:1652284151/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]

Non parliamo di un luogo anonimo bensì del paesello della bassa reggiana che digrada verso il grande fiume Po, diventato il portabandiera "dell'emilianità" dal dopoguerra in poi . Quel "mondo piccolo" che ha fatto da sfondo nella trasposizione cinematografica dei film di Peppone e Don Camillo ispirati ai racconti di Giovannino Guareschi, ormai soverchiati dalla realtà fatta di mafia e condizionamenti tali da indurre il Consiglio dei ministri lo scorso 20 aprile a decretare lo scioglimento del comune, amministrato ora da tre commissari.

Dopo "l'esito  di  approfonditi  accertamenti, sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l'amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialità dell'attività comunale" viene scritto nel decreto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lo Stato italiano ha deciso di tirare una linea di netta separazione per ribadire che non ci possono essere zone grigie nei rapporti tra sindaci e amministratori pubblici con criminali di alto profilo, legati con le mafie.

[[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.12787907:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/image/contentid/policy:1.12787907:1649483473/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]

Mattarella mette in evidenza nel suo decreto "la permeabilità dell'ente ai condizionamenti esterni della criminalità  organizzata che ha arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettività e ha determinato la perdita di credibilità dell'istituzione locale". Per questo è stato deciso lo sciogliemento di Brescello "al fine di porre rimedio alla situazione di grave inquinamento e deterioramento dell'amministrazione comunale"

Ecco la mappa dei beni confiscati realizzata da Confiscati Bene
(dati dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati)

PERCHE' SI INDAGA  Tutto è partito nel settembre del 2014 da una video inchiesta sulle mafie realizzata dai ragazzi della web tivù reggiana Cortocircuito, nella quale l'allora sindaco di Brescello Marcello Coffrini mostrava familiarità con il condannato per associazione mafiosa Francesco Grande Aracri (colpito da sequestri preventivo per circa 5 milioni di euro), per il quale spendeva anche parole benevole.

Da lì sono partite le difese d'ufficio, i distinguo dei compaesani, poi le prime condanne di  esponenti della lotta alle mafie in Italia, la presa di posizione del Pd che ha "processato" Coffrini facendogli chiedere scusa, la manifestazione in piazza dei sostenitori del sindaco con tanto di camion vela.

Poi la débacle, con l'arrivo della commissione di accesso agli atti, la rilevazione di condizionamenti evidenti e le dimissioni della giunta Coffrini due mesi prima dello scioglimento. Un anno e mezzo circa vissuto dai brescellesi con il fiato sospeso e giunto al termine con lo scioglimento per mafia.

Un giudizio netto e senza appello, contenuto in quattro righe e che dà ragione alle evidenze contenute nella relazione lunga 300 pagine messa insieme in tre mesi di lavoro dalla commissione di accesso agli atti, che ha scandagliato gli ultimi 15 anni dell'amministrazione sotto il segno della dinastia Coffrini (prima di Ermes sindaco per 19 anni e poi del figlio Marcello) con un interregno di 9 anni della giunta di Giuseppe Vezzani sotto l'egida monocolore della sinistra: dal Pci, al Pds fino alle civiche del Pd.

LA LISTA DELLE ACCUSE  Ci sono accuse pesantissime contro la classe politica di Brescello nelle due relazioni del ministro dell'interno, Angelino Alfano e del prefetto di Reggio Emilia, Raffaele Ruberto, pubblicate sul sito della Gazzetta Ufficiale che illustrano le ragioni dello scioglimento del comune per mafia (primo caso in Emilia-Romagna).

Come accertato dalla commissione di indagine prefettizia che per sei mesi ha passato al setaccio gli uffici dell'ente, non solo gli amministratori erano piegati ai voleri della 'ndrangheta, ma anche chi denunciò il fenomeno delle infiltrazioni aveva avuto in passato «rapporti amicali e di frequentazione con alcuni soggetti vicini alla cosca».

SCIOGLIEMENTO  -  LEGGI IL DOCUMENTO COMPLETO

Nella relazione del ministro, redatta sulla base di quella del prefetto, Alfano scrive: «L'atteggiamento di acquiescenza degli amministratori comunali che si sono avvicendati alla guida dell'ente, nei confronti della locale famiglia malavitosa si è poi trasformato in una condizione di vero e proprio assoggettamento al volere di alcuni affiliati alla cosca, nei cui riguardi l'ente, anche quando avrebbe dovuto, è rimasto, negli anni, sostanzialmente inerte».

Ma non solo: questo atteggiamento di «accondiscendenza» nei confronti della consorteria «ha connotato la conduzione dell'ente nel corso di più consiliature e si è andato consolidando negli anni anche grazie alla sostanziale continuità gestionale derivante dalla costante presenza di alcuni amministratori, che si è tradotta in una continuità politico-amministrativa e di intenti degli organi elettivi, senza prese di posizione o interventi in discontinuità rispetto a fatti che si sono verificati in passato».

[[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.13315133:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/reggio/cronaca/2016/04/17/news/brescello-l-ex-sindaco-ermes-coffrini-fu-il-legale-dei-grande-aracri-1.13315133]]

IL CASO DELLE FIRME PRO COFFRINI  Alla manifestazione in sostegno dell'allora sindaco di Brescello Marcello Coffrini, finito nel 2014 nella bufera per le sue dichiarazioni sul boss della 'ndrangheta Francesco Grande Aracri, «hanno partecipato anche esponenti della locale cosca, che hanno attivamente assicurato il proprio sostegno all'amministratore». Nell'occasione infatti «è stata effettuata una raccolta di firme, molte delle quali appartenenti a soggetti vicini o contigui alla consorteria».

Lo scrive sempre la prefettura di Reggio Emilia secondo cui «è un dato fattuale che tra i latori della lista delle firme vi fosse anche un soggetto legato da stretti vincoli familiari con il titolare di una ditta che ha operato per il comune nel settore edile, poi raggiunta da interdittiva prefettizia antimafia».

Si tratta della stessa ditta che aveva sponsorizzato, nel settembre 2013, la realizzazione di una rotonda stradale, con la fornitura di materiale e di parte della manodopera, in base ad una iniziativa, del tutto personale e privata di un candidato sindaco eletto consigliere comunale di minoranza in occasioneá delle consultazioni elettorali del 2014.

INCARICHI IN COMUNE CASA GRATIS AI PARENTI DEL BOSS  Varianti urbanistiche a rischio di infiltrazioni e appalti a ditte successivamente interdette. Ma c'è anche l'assegnazione di immobili demianali senza graduatoria e incarichi in comune, seppure di breve periodo, a parenti di quella che viene considerata la cosca di Cutro. Tutti interventi contraccambiati da sponsorizzazioni per eventi pubblici da soggetti che la prefettura ha giudicato «contro indicati», e responsabili di interfenze nelle campagne elettorali.

[[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:reggio:cronaca:1.11966043:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/reggio/cronaca/2015/08/21/news/brescello-ditta-in-odor-di-mafia-sponsor-della-corsa-di-paese-1.11966043]]

Ci sono poi tra le varianti citate quella di «Cutrello», quartiere di case di proprietà di cittadini cutresi con personaggi di spicco del clan come Francesco Grande Aracri e Alfonso Diletto. Ma soprattutto quella per la realizzazione del supermercato «Famila». Un provvedimento che, scrive la prefettura, «ha consentito di effettuare una rilevante operazione imprenditoriale, programmata e realizzata da soggetti controindicati, senza che l'amministrazione abbia adeguatamente valutato le possibili ingerenze mafiose, pur a fronte di apposita missiva da parte della presidente della provincia che per questa pratica, raccomandò massima cautela nella valutazione dei requisiti soggettivi dei contraenti».

BOCCHE CUCITE TRA I DIPENDENTI  «Ancora oggi, e questo è il dato preoccupante, anche i dipendenti comunali che hanno interagito con la commissione o i tecnici interpellati ai quali è stato chiesto se in comune aleggiasse la percezione di un potenziale pericolo, rappresentato dalla mafia o dalla presenza di soggetti incriminati per associazione a delinquere di stampo mafioso, hanno tutti in linea di massima affermato di non aver avvertito l'esigenza di cautelarsi dal fenomeno».

Si conclude così la relazione della prefettura reggian. E poi «emblematico l'atteggiamento del personale del comune di Brescello, apparso ancorato a quella che sembra essere una posizione di inconsapevolezza, in taluni casi mista a timore, verso l'argomento criminalità organizzata». Al riguardo, si legge nel documento, «sembra significativo quanto riferito da un dipendente dell'area tecnica del comune alla commissione che, sull'argomento rispose: 'no comment. Non intendo essere implicato in queste cose. Non intendo dire nulla»