Gazzetta di Reggio

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Un colpo di bianchetto sulle frasi scomode

Un colpo di bianchetto sulle frasi scomode

La squadra mobile ha scoperto anomalie in alcune pratiche per il porto d’armi a imputati di Aemilia

23 giugno 2016
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REGGIO EMILIA. «Anomalie» nelle pratiche della questura nel rilascio o nel rinnovo del porto d’armi di alcuni imputati di Aemilia. «Peculiarità» raccontate ieri in aula dal capo della squadra mobile Guglielmo Battisti, che su delega della Dda di Bologna ha svolto minuziosi accertamenti sull’assistente capo Domenico Mesiano (condannato in primo grado a 8 anni e 6 mesi) e sui rapporti tra alcuni imputati e personale della questura.

L’episodio più clamoroso è quello che riguarda Antonio Muto (classe 55). Nel 2010 la questura comunicò alla prefettura che non c’erano elementi ostativi al rinnovo del porto d’armi. La prefettura però non era convinta e in modo pressante chiese accertamenti sui legami tra Muto ed elementi della criminalità. La questura ribadì che non emergeva nulla, ma la prefettura revocò di propria iniziativa il porto d’armi. Ieri in aula Battisti ha rivelato che nei suoi accertamenti ha scoperto che in quella pratica, di cui si era occupato anche Mesiano, c’erano delle parti sbianchettate. Si ipotizza, ha detto Battisti, che le frasi coperte facessero riferimento al fatto che nel corso di un controllo a casa di Antonio Muto era stata trovata una pistola P38 carica.

Le anomalie non riguardano però solo Mesiano, che si occupava sistematicamente di pratiche relative ai cutresi, «senza averne le competenze». Il capo della mobile ha sottolineato come Gennaro Gallo, questore dal 2004 al 2008, si è occupato di persona di alcune pratiche, tra cui quella di Alfonso Paolini e del fratello. Ne aveva facoltà. La peculiarità consisterebbe nel fatto che in genere quelle pratiche erano svolte da altri uffici (e inoltre sono emerse affermazioni «che non sono supportare da adeguata attività istruttoria»). L’ex questore nel processo Aemilia comparirà in veste di testimone di Pasquale Brescia.