«Le armi? Mai problemi quando si sparava»
Un investigatore illustra il ruolo di Nicolino Sarcone: «Voleva un’offensiva contro il prefetto De Miro»
REGGIO EMILIA. Il maresciallo dei carabinieri Danilo Melegari è stato chiaro ieri: durante le indagini, analizzando alcune situazioni, si erano resi conto che «Nicolino Sarcone era sempre al centro, con Antonio Silipo come persona a stretto contatto con lui». E comincia a snocciolare gli episodi, partendo dal 25 gennaio 2013, giorno della sentenza di primo grado di Edilpiovra nei confronti di Sarcone che sarà condannato a 8 anni e 8 mesi di reclusione. «In tanti degli appartenenti al sodalizio – rimarca il maresciallo – cercano sul telefonino Sarcone per sapere l’esito della sentenza». Il 3 febbraio 2013, quando poi sul “Carlino” appare l’intervista al fratello Gianluigi Sarcone è lo stesso Nicolino a mandare sms a raffica (a Pasquale Brescia, Giuseppe Iaquinta, Michele Colacino, Gaetano Blasco) affinché leggano l’articolo. Un’attenzione all’uso dei mass media che era già emersa, l'anno prima, quando il prefetto Antonella De Miro – spiega il sottufficiale – aveva imposto la revoca del porto d'armi ai partecipanti della famosa cena di Gaida. Rivolgendosi ad Alfonso Paolini, Sarcone aveva detto che bisognava contattare l’avvocato Giuseppe Pagliani affinchè scrivesse una lettera (un atto giudiziario, una nota alla stampa?) in loro difesa. Con ironia da brividi, se pensiamo ai morti ammazzati della lotta fra cosche, Sarcone osservava che per il porto d'armi non avevano avuto problemi, quando «facevamo la guerra...».