Gazzetta di Reggio

Reggio

Pausa per Aemilia dopo 21 udienze

di Jacopo Della Porta

Il dibattimento riprenderà a settembre: nell’aula bunker fari puntati su false fatture, frodi fiscali, attentati incendiari

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REGGIO EMILIA. Prestiti ad usura, false fatture e frodi fiscali. Intimidazioni e attentati incendiari. Relazioni tra imputati e insospettabili della società civile reggiana, tra cui imprenditori, professionisti, persino appartenenti alle forze dell’ordine. Le prime 21 udienze del processo Aemilia, iniziato il 22 marzo nell’aula speciale costruita a tempo di record nel cortile del tribunale, hanno già fornito materiale corposo sul quale riflettere sul radicamento della cosca cutrese in Emilia.

Il dibattimento, dopo l’ultima udienza che si è svolta giovedì, riprenderà il 7 settembre e in quel mese le udienze si svolgeranno ogni mercoledì e venerdì. A settembre si risolverà anche il nodo legato al presidente del collegio giudicante, Francesco Maria Caruso. Il magistrato sta per andare a presiedere il tribunale di Bologna e quando assumerà quell’incarico chiederà di essere applicato a Reggio per continuare a seguire il processo. Il presidente spera che l’applicazione venga concessa: in caso contrario il dibattimento subirebbe fisiologicamente un po’ di ritardo, anche se Caruso ha assicurato che l’attività istruttoria già acquisita sarebbe comunque salva in virtù di precise norme sui processi di mafia.

Le prime udienze del processo Aemilia si sono aperte con gli investigatori che hanno dato inizio all’inchiesta, i carabinieri di Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza. Sono stati loro i primi ad accendere i riflettori su alcuni soggetti che a Reggio ai tempi godevano invece di appoggi importanti.

I testimoni che si sono susseguiti hanno poi fatto comprendere il modus operandi delle aziende cutresi ritenute orbitanti attorno al clan Grande Aracri. Il cuore delle loro attività, prima ancora che le estorsioni o l’usura, erano le false fatture. False fatture utilizzate per le frodi fiscali ma anche per consentire ad imprese reggiane di costituire fondi neri. Il processo ha dunque confermato quanto ripetono da anni gli studiosi di criminalità organizzata: il radicamento mafioso non può essere spiegato con la metafora del virus che aggredisce un corpo sano. Piuttosto le mafie si fanno largo offrendo servizi alle imprese e stringendo patti con la politica (l’inchiesta ha messo in luce il coinvolgimento degli indagati in alcune campagne elettorali in provincia di Parma).

Un altro elemento importante che emerge dall’aula speciale è il ruolo centrale giocato da una schiera di colletti bianchi e professionisti di varia natura che hanno fornito il loro fondamentale apporto al clan per complesse operazioni societarie e finanziarie.

Le figure che sono state maggiormente messe in evidenza fino ad ora sono quelle di Antonio Gualtieri, di cui si è raccontata l’ascesa all’interno del clan, l’imprenditore Giuseppe Giglio, ora collaboratore di giustizia, al centro di una rete di imprese gestite da prestanome e collaboratori fidati, e Pasquale Brescia, proprietario del ristorante Antichi Sapori di Gaida, luogo deputato ad incontri con politici, esponenti delle forze dell’ordine ed amici. A settembre sono attese testimonianze importanti, come ad esempio quella dell’ex direttrice di Postaimprese di Reggio, dove sono transitati molti milioni di euro del clan.