Imam espulso: «Un intransigente che non ama parlare con noi donne»
L’ex sindaco: sfruttava la crisi per chiedere soldi al comune. Bini: «Non era aperto e non aveva interesse a integrarsi»
CARPINETI. Un personaggio particolare, ai margini della comunità per scelta personale, aiutato a più riprese dal comune, segnalato per l’atteggiamento intransigente in moschea salvo prendere le distanze in pubblico sugli attentati terroristici. Nel carpinetano, Mohammed Madad non godeva di particolare stima, ma certo non per timori terroristici.
Da quando era arrivato nel paese appenninico con la sua famiglia, si era distinto per i gesti pubblici, fra cui la chiacchieratissima occupazione del municipio nel 2005, per avere una casa e aiuti dopo essere stato sfrattato dallo scantinato di Marola dove abitava.
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Un atteggiamento che non gli aveva fatto guadagnare simpatie segnando una distanza a differenza dei figli, che parlano correntemente dialetto reggiano. Da qui a immaginare un suo coinvolgimento radicale, però, i chilometri sono tanti. A parte l’aspetto peculiare – con i sandali tutto l’anno, la lunga veste e la barba incolta – era un nordafricano come molti altri residenti in montagna, cortese e in grado di parlare un ottimo italiano.
Qualche lampo integralista in più lo avevano notato probabilmente i fedeli musulmani che lo hanno conosciuto come imam prima a Gatta e poi dal 2014 a Felina, dove riceveva anche un compenso per la propria attività ed è stato coinvolto direttamente nelle tante polemiche sulla chiusura della moschea del paese. Non solo loro, però.
«Non posso dire di essere meravigliata, un certo estremismo si percepiva chiaramente dai suoi comportamenti. E dal suo pensiero», commenta secco l’ex sindaco di Carpineti Nilde Montemerli, che con Madad ha battagliato per anni. «Io credo che abbia sempre approfittato della presenza della sua famiglia per chiedere soldi, case, ha sfruttato i suoi figli minorenni in questo senso, e lo ha fatto tante volte».
Con Madad la Montemerli ha avuto diversi scontri, e una volta l’ex macellaio si è presentato in municipio per occupare l’ufficio del sindaco, venendo poi allontanato dai vigili urbani.
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«I suoi modi e la sua visione di tante cose erano chiari anche all’epoca, credo che per lui fosse un problema anche rapportarsi con me, ero il sindaco ed ero una donna», riflette.
Un altro amministratore con un passato burrascoso con Mohammed Madad è il sindaco di Castelnovo Monti Enrico Bini. Nel marzo 2014, durante le primarie del Pd vinte da Bini, c’era stato un primo incidente «sono arrivati a votare molti nordafricani che non sapevano leggere l’italiano, c’era chi gli indicava come votare. Io sono andato da Madad per dirgli che stava facendo qualcosa di scorretto, molto scorretto, e il giorno dopo lui minacciò di denunciarmi».
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In autunno, con Bini sindaco, arriva poi la chiusura della moschea allestita in un palazzo nel centro di Felina: «Il centro islamico era irregolare, c’erano situazioni che hanno imposto il provvedimento di chiusura. Dopo i ragazzi musulmani di Felina hanno iniziato a ragionare per riaprire il centro, ma ho sempre posto come condizione l’allontanamento di Madad. Non mi piacevano i suoi modi e come si rapportava con le donne. Non era aperto, non aveva interesse a integrarsi».
Alcune perplessità erano stata esposte dalla stessa comunità musulmana della montagna. Chi ha avuto rapporti recenti con Madad è l’attuale sindaco carpinetano Tiziano Borghi: «I modi erano piuttosto integralisti, ma certo non si poteva pensare ad altro. La solidarietà e l’attenzione delle persone della nostra montagna, di ogni credo, abbia contribuito ad arginare un possibile pericolo».
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