Processo Aemilia, “Ti impicchiamo se non vai via da qui”

di Tiziano Soresina
Processo Aemilia, “Ti impicchiamo se non vai via da qui”

Estorsione, le sofferte parole del gestore di un ristorante in uno stabilimento balneare: "Ero terrorizzato, peggio del sisma"

23 settembre 2016
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REGGIO EMILIA. Una testimonianza a dir poco sofferta – nel maxi processo Aemilia – quella del 49enne Ugo Apuzzo, nato nel Napoletano ma che vive a Carpi (Modena).

In mattinata non si presenta a deporre, poche ore dopo arriva in aula “scortato” dai carabinieri. «Scusatemi, avevo la febbre» si giustifica velocemente, ma non ci vorrà molto a capire tanta ritrosia. Bastano alcune frasi. «Mi hanno detto: “Siamo venuti a prendere possesso del nostro bene. Se non te ne vai di qua ti impicchiamo”. Ero terrorizzato, credetemi. Per me sono stati i dieci giorni più brutti della mia vita, peggio del terremoto».

Per il pm antimafia Marco Mescolini è una delle vittime della cosca legata alla ’ndrangheta e accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso il 61enne Giuliano Debbi (imprenditore di Sassuolo residente a Scandiano) in concorso con Alfonso Diletto (il 49enne è considerato dagli inquirenti uno dei capi del clan), il volto tv reggiano 50enne Marco Gibertini e il brescellese 44enne Gennaro Gerace.

Tutti e tre questi ultimi già condannati durante il rito abbreviato. Viene ricostruito in aula che Apuzzo nell’estate del 2013 entra nella gestione del catering del Marinabay, notissimo stabilimento balneare di Marina di Ravenna. «Sapevo che c’erano dei problemi – prosegue il testimone – infatti non ero molto convinto. Mi avevano detto che c’erano grossi debiti: pendenze per 400mila euro con Equitalia, che assieme a quelli verso i fornitori diventavano 2 milioni.

Per questo ho preso solo il catering e non l’intera gestione. Al’epoca dormivo all’interno dello stabilimento. Quando mi sono alzato per controllare che cosa mancasse in dispensa, nella sala ristorante ho trovato alcune persone. Mi hanno subito minacciato, chiedendomi di andarmene. “Voi non siete i titolari”, ho risposto. “Vattene sennò ti impicchiamo, siamo noi i padroni qui”.

E mi hanno mostrato pure una carta notarile in cui si diceva che Giuliano Debbi aveva concesso loro le sue quote societarie. Io ero molto spaventato. Ho chiamato subito i carabinieri per fare denuncia. Poi anche i proprietari del locale, che mi hanno detto “Tu stai al tuo posto, sei autorizzato a stare lì”».

Anche nel ristorante di Carpi di Apuzzo era arrivata una strana telefonata. «Hanno chiamato i miei colleghi e la mia compagna per consigliare loro di mandarmi via».