«Sarcone, Gibertini e Silipo i tre si fingevano carabinieri»
REGGIO EMILIA. I raid in Riviera romagnola nel 2013 sono stati al centro dell’udienza di ieri di Aemilia e un investigatore – il luogotenente Leonardo Berti dei carabinieri di Ravenna – racconta come...
REGGIO EMILIA. I raid in Riviera romagnola nel 2013 sono stati al centro dell’udienza di ieri di Aemilia e un investigatore – il luogotenente Leonardo Berti dei carabinieri di Ravenna – racconta come un paio di episodi l’avessero a dir poco insospettito: «Da vecchio sbirro ho cominciato a pensare che ci fosse un tentativo di infiltrazione da parte di una famiglia legata alla ’ndrangheta».
Si entra nei dettagli di una vicenda inquadrata dall’Antimafia come un’estorsione nei confronti di Mauro Grassi, per gli inquirenti messo sotto pressione affinché pagasse «una somma di denaro quantificabile in 200mila euro a favore di Giuliano Debbi, quale restituzione dell’anticipo di quote capitale relative all’acquisto di un esercizio pubblico a Ravenna». E nella ricostruzione c’è l’arrivo – il 17 giugno 2013 – a Ravenna di un trio: Nicolino Sarcone, Marco Gibertini e Antonio Silipo. Girano su una Bmw nera e si fingono carabinieri, mostrando velocemente dal portafoglio un sorta di tesserino. Per la Dda effettuarono delle ricerche nei luoghi frequentati da Grassi, riuscendo a identificarne la residenza e obbligandolo ad incontrarli «minacciandolo in caso di rifiuto di andarlo a prendere a casa». Grassi presenta subito una denuncia per minacce ai carabinieri ravennati. Tramite un fermo-immagine della “visita” dei tre in un ristorante del centro di Ravenna per cercare informazioni sul loro obiettivo, i militari identificano il terzetto e lo tengono d’occhio. Si muovono per le minacce, poi dieci giorni dopo avvisano l’Antimafia di Bologna.