«Ndrangheta e casalesi uniti negli affari»
Il maresciallo Veroni inquadra l’alleanza: «Insieme volevano accaparrarsi i lavori dopo i terremoti in Abruzzo e in Emilia»
REGGIO EMILIA. Una lunga deposizione che in certi momenti ha anche spossato il maresciallo dei carabinieri Emilio Veroni (del reparto operativo di Modena), ma non poteva essere diversamente perché con estrema precisione e puntiglio il sottufficiale – rispondendo alle domande del pm antimafia Marco Mescolini – ha per ore indicato e ricostruito intercettazioni, contatti, legami, affari illeciti.
ALLEANZA MAFIOSA. E il maresciallo va subito verso il bersaglio grosso, illustrando le dinamiche colte dagli investigatori durante i lavori della ricostruzione dopo i terremoti in Abruzzo e in Emilia. Ed entra fra le pieghe di un’alleanza fra la cosca Grande Aracri e il clan dei casalesi radicato a Modena. Ma con sviluppi diversi. Nel 2009 – per la ricostruzione in Abruzzo – furono personaggi di primo piano della cosca marchiata ’ndrangheta a spendere i loro nomi per procurarsi contatti e lavori, ma le interdittive antimafia (specie quelle emesse dal prefetto di Reggio) hanno bloccato le aziende in odore di criminalità organizzata, facendole uscire dalla white list, il che significò anche perdere i soldi già spesi per i lavori di ricostruzione già effettuati. Perciò nel 2012, quando partì la ricostruzione dopo il terremoto in Emilia, l’alleanza ndranghetista-camorrista cambiò strategia e – sempre secondo il maresciallo Veroni – iniziò la ricerca di imprese locali («lontane da loro», cioè non direttamente riconducibili al sodalizio mafioso) ma da usare come schermo, concordando in partenza la spartizione degli utili .
LE OPERAZIONI PASSATE. Il testimone ha poi ricostruito il quadro emerso dalle operazioni “Idra” e “Barracuda” della procura di Reggio, che rappresentano a loro volta la prosecuzione di “Edilpiovra”. la prima inchiesta, cioè, che già agli inizi degli anni Duemila aveva cominciato a mostrare le evidenze di una cellula della ’ndrangheta sul nostro territorio. Proprio questo “salto nel passato” è stato oggetto di contestazione da parte degli avvocati della difesa e di alcuni imputati, secondo cui le vecchie indagini non sono attinenti con il maxi processo Aemilia.
DUE ORGANIZZATORI. La deposizione prosegue con la ricostruzione, attraverso la capillare attività di intercettazione, dei movimenti in specifico di due personaggi – il 54enne Gaetano Blasco e il 49enne Antonio Valerio – che i carabinieri qualificano come “organizzatori” della cosca. Se ne desume che il boss Nicolino Grande Aracri – nelle frasi criptiche indicato come “l’ingegnere” – appena uscito di cella, vuole incontrare i due perché ne riconosce le capacità imprenditoriali. I luoghi reggiani d’incontro del gruppo criminale sono due: il ristorante “Antichi Sapori” gestito da Pasquale Brescia e il maneggio di quest’ultimo.
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