Fatture false per alimentare la ’ndrangheta
Aemilia, Gaetano Blasco al centro di una girandola di bonifici per lavori inesistenti. La difesa contesta
REGGIO EMILIA. Una girandola di fatture false, frodi finanziarie, passivi fittizi, sgravi dell’Iva da società esistenti solo sulla carta a beneficio di altre società di affiliati, a seconda delle necessità di denaro dell’organizzazione nostrana di ’ndrangheta: peccato che, di lavori edilizi veri e propri, non vi sia alcuna traccia. È questa la tesi che ha voluto dimostrare l’accusa, impersonata dal pm Marco Mescolini, ieri durante la maxi udienza Aemilia.
Una seduta tecnica, a tratti ostica, basata di nuovo sulle intercettazioni ambientali coordinate dal maresciallo Emilio Veroni, dell’Arma di Modena, e incentrata di nuovo sulla figura di Gaetano Blasco, 52 anni, nella precedente udienza al centro di una infinita scia di roghi dolosi.
Veroni, che coordinò le intercettazioni dei carabinieri orientando l’indagine, ha ripercorso le fasi del meccanismo di movimentazione del denaro: l’episodio macroscopico riguarda la Anpa Costruzioni, formalmente intestata ad Antonio Blasco, secondo gli inquirenti un puro schermo senza nessun potere decisionale. Del resto è lo stesso padre Gaetano al telefono a consigliare a Michele Colacino, in difficoltà perché gli hanno bloccato la ditta per guai con la giustizia: «Trova qualcuno di più pulito, fai una società uninominale e intestatala a tua moglie, come ho fatto io con mio figlio».
Ebbene l’Anpa Costruzioni – insieme a diverse società cartiere, perquisite dalla Guardia di Finanza di Cremona tra il 2011 e il 2012 – nel corso del solo anno 2012 emette fatture per oltre un milione di euro, consentendo ad altre 7-8 società, tutte facenti capo a cutresi del sodalizio, di scaricare l’Iva e di godere di altri benefici fiscali. Secondo l’accusa, la punta dell’iceberg di un modus operandi assurto a pratica quotidiana, visto che la quantità di contatti pressanti per «bonifici urgenti» e gli importi ingenti non lascerebbero dubbi sulla finalità delle movimentazioni bancarie.
Una ricostruzione pedissequa che, in aula, è stata più volte contestata dagli avvocati difensori di Blasco – Carlo Petitto del Foro di Catanzaro e Nicola Tria del Foro di Reggio – che hanno sollevato più di un’eccezione e accusato il pm Mescolini di “imbeccare” il teste. (am.p.)