Gazzetta di Reggio

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«A Reggio un vagone pieno di soldi coreani»

«A Reggio un vagone pieno di soldi coreani»

Il misterioso racconto di Giglio: «Quei won erano di gente russa, lauti guadagni se riuscivi a cambiarli»

12 novembre 2016
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REGGIO EMILIA. C’è una storia a dir poco misteriosa – raccontata ieri dal pentito Giuseppe Giglio – che la dice lunga su come la cosca ndranghetista avesse ramificazioni ovunque a Reggio.

«C’era un vagone intero pieno di won fermo alla stazione di Reggio». Il collaboratore lo dice con nonchalance, quasi con distacco, come se fosse una cosa normale l’approdo nella nostra stazione ferroviaria di un vagone pieno di soldi coreani che per di più sarebbe rimasto lì per giorni. Una storia da film. «Questi won erano di proprietà di russi – prosegue Giglio nel racconto in videoconferenza – e da quello che sapevo io dovevano andare in Svizzera, ma per sbaglio erano finiti in Italia».

Ma di quello “sbaglio” erano al corrente «praticamente tutti i componenti della consorteria emiliana di ’ndrangheta, visto che in tanti abbiamo provato a cambiarli». Il pentito dice che a lui una piccola parte di quelle banconote coreane erano state consegnate in una scatola da scarpe da Nicolino Sarcone. «Provai in tutti i modi a cambiare quei soldi, contattando anche un dirigente bancario (di un noto istituto di credito di Reggio, ndr), ma non vi riuscii, perché il rischio di cambiare quei won era considerato molto alto. Contattai anche un consulente che avevo in Svizzera, ma non riuscii ugualmente nel mio intento».

Però a detta sempre di Giglio qualcuno vi riuscì, senza specificare chi fra i nomi che snocciola relativamente a quel vagone pieno di won: Nicolino Sarcone, Antonio Valerio, Michele Bolognino.

Del resto il provarci a cambiare quei soldi era “sollecitato” dal guadagno promesso, cioè «dal 3 al 50 per cento».

Ma che la cosca avesse dei rapporti con l’estero è un dato di fatto per Giglio, che accenna ad un affare nel ramo dei pellet non decollato nell’Est europeo (Ucraina, Lituania, Polonia) e «che doveva essere finanziato da Gaetano Blasco con i soldi di Grande Aracri». Il progetto? «Comprare grosse quantità di pellet all’estero, per poi fare un grosso centro in Emilia per accaparrarsi il mercato». Ma parla pure della consolidata triangolazione di merci fra l’Italia e l’estero (in Polonia, Ucraina, perfino la Cina) per ricavare profitti importanti (sul 10%) sull’Iva, alludendo a società collocate in Svizzera e logistica in Austria.