Taormina contro il prefetto De Miro
Il difensore di Iaquinta svela un’inchiesta a Reggio partita da un suo esposto La Corte: «È indagata, deporrà con un legale». Slitta così la testimonianza
REGGIO EMILIA. E’ pomeriggio inoltrato quando l’ex prefetto di Reggio, Antonella De Miro, si è appena seduta davanti alla Corte per l’attesissima deposizione.
Ma, a sorpresa, si alza in prima fila l’avvocato Carlo Taormina che come difensore di Giuseppe Iaquinta (l’imprenditore cutrese che vive a Reggiolo è sotto processo per associazione mafiosa) va all’attacco di questa testimonianza con un’eccezione. Il legale chiede che la De Miro deponga assistita da un avvocato perché indagata – a Reggio, dal pm Giacomo Forte – per abuso d’ufficio, falso ideologico e calunnia. Come rivela Taormina, quest’indagine è il frutto di un esposto che ha presentato nel marzo 2015 sulla scia dall’esclusione (nell’agosto 2013) di Iaquinta dalla white list per i lavori del post terremoto, come decise la De Miro e sul provvedimento ebbe un peso la partecipazione dell’imprenditore alla famosa cena del 21 marzo 2012 a Gaida (nel ristorante di Pasquale Brescia) cui presero parte anche persone ritenute dagli inquirenti vicine alla criminalità organizzata. Un esposto che ha preso due strade. Quello giunto alla Dda di Bologna non ha avuto seguito (e Taormina ora si è rivolto all’Antimafia nazionale lamentandosi «che non si è fatto nulla»), mentre in procura a Reggio il pm Forte per due volte ha chiesto l’archiviazione dell’indagine, ma il gip Giovanni Ghini, su opposizione di Taormina, ha chiesto che si indaghi. Ora è stata formulata una nuova richiesta d’archiviazione e il gip Ghini si esprimerà a metà marzo. Quindi, al momento, per il legale di Iaquinta «l’ex prefetto è indagato per reato connesso, in quanto dovrà deporre nel processo Aemilia sul provvedimento antimafia relativo a Iaquinta al centro anche dell’inchiesta di Reggio».
Una richiesta ritenuta – nelle loro repliche – priva di fondamento sia dal pm antimafia Marco Mescolini («Se si ammettesse l’eccezione tutti i testimoni sarebbero denunciati e non potremmo sentire più nessuno, siamo di fronte ad un esposto del tutto strumentale») che dai legali di parte civile intervenuti (fra cui Salvatore Tesoriero che tutela la Provincia e ha rilevato come questo comportamento della difesa dimostri la centralità avuta dal prefetto De Miro sul territorio). A quel punto i giudici si ritirano per la decisione. L’avvocato Taormina, attorniato non solo da Giuseppe ma anche da Vincenzo Iaquinta (padre e figlio, coinvolti in maniera diversa nel maxi processo Aemilia) parla con i cronisti per rimarcare che l’esposto è diviso in due parti: «Oltre alla denuncia contro il prefetto De Miro – dice – vi è l’autodenuncia di Giuseppe Iaquinta che chiede che la sua attività imprenditoriale venga sottoposta agli accertamenti dell’Antimafia». Su quest’ultimo punto è lo stesso Iaquinta ad aggiungere con forza: «Non ho fatto nulla, conosco le persone coinvolte in Aemilia solo perché miei compaesani. Alla cena di Gaida andai solo verso la fine, perché insistettero».
Dopo un’ora di camera di consiglio la Corte ha accolto la richiesta di Taormina e, vista l’ora tarda, ha rinviato la testimonianza. L’ex prefetto di Reggio ha solo prestato giuramento e tornerà (assistita dal proprio legale di fiducia) nell’aula bunker sicuramente dopo il 9 febbraio perché fino a quel giorno sono già programmate udienze piuttosto nutrite quanto a testimonianze.