Pagliani a Cataliotti: «Lontano dalla verità»
Sul boom di tessere volano gli stracci tra i due ex compagni di partito nel Pdl Il consigliere di Forza Italia: «Anche nella sua lista c’erano cento calabresi»
REGGIO EMILIA. «Non posso esimermi dal sottolineare che quanto affermato dall’avvocato Cataliotti circa il congresso del Pdl del 2011, già peraltro oggetto di valutazione nel procedimento abbreviato, sia del tutto inesatto e del tutto in contrasto con la documentazione presente negli atti del processo».
E poi: «L’elenco degli iscritti del Pdl a quel congresso riporta fedelmente il soggetto “presentatore” e, dall’analisi specifica di quei dati, emerge che gli iscritti di origine calabrese sono circa 150, un numero certo non rilevante né particolarmente decisivo su 2500 tesserati. Di questi, circa un centinaio risultano essere stati direttamente presentati proprio dall’avvocato Cataliotti, che risulta nella lista il soggetto presentatore». Si difende. E respinge al mittente le accuse, chiamando in causa anche le dichiarazioni rese da altri esponenti dell’allora Pdl al suo avvocato, Alessandro Sivelli, entrate a far parte della sua relazione difensiva.
Così il capogruppo di Forza Italia, Giuseppe Pagliani, assolto in abbreviato per concorso esterno, replica alla testimonianza resa martedì al processo Aemilia dal suo ex compagno di partito, Liborio Cataliotti, che ha acceso i riflettori sulle ombre nel centrodestra reggiano e sul boom sospetto di tessere che il 18 dicembre di sei anni fa portarono anche a Reggio una rivoluzione nel partito di Silvio Berlusconi, quando a pochi mesi dal passaggio di mano all’allora delfino, Angelino Alfano, si svolse il congresso provinciale che decretò la vittoria di Roberta Rigon, sostenuta dal coordinatore uscente Massimiliano Camurani, da Giuseppe Pagliani e dall’ex consigliere regionale, Fabio Filippi.
Ad uscire sconfitta politicamente, in quella circostanza, era stata la mozione di Liborio Cataliotti, all’epoca membro del direttivo provinciale del partito, capogruppo in Comune a Reggio e per circa 20 anni punto di riferimento del partito di Berlusconi, sostenuto dall’allora deputato Emerenzio Barbieri. Una tornata congressuale caratterizzata da un clima di sospetti e veleni, tornati ora sotto i riflettori nei retroscena raccontati dallo stesso Cataliotti nella sua testimonianza al processo Aemilia, per la quale Cataliotti ha rinunciato a tutti i mandati come difensore di alcuni imputati.
«A Reggio da poche centinaia passammo a 2.600, un’esplosione delle tessere – il racconto di Cataliotti davanti alla corte – Temevo che ci fosse l’avvicinamento di persone disinteressate alla politica e pericolose, perché vidi i cognomi fra i 2.600 iscritti che dal mio punto di vista ingeneravano dubbi o che avevano altre mire. Tanto che scrissi al coordinatore nazionale del partito se poteva controllare i cognomi che mi insospettivano, per verificare che non ci fosse corrispondenza con dei pregiudicati».
Una ricostruzione alla quale arriva la replica di Pagliani, che passa al contrattacco e invita a leggere le carte contenute nella sua difesa. In particolare, le testimonianze rese nell’ottobre 2015 al suo avvocato difensore da altri tre esponenti dell’allora Pdl, non coinvolti in Aemilia, le cui parole sono entrate nella relazione sulle indagini difensive portate davanti al gup di Bologna, in cui sul congresso del 2011 si legge che «le dichiarazioni dell’avvocato Cataliotti vengono clamorosamente smentite dalle dichiarazioni rese ai difensori dell’avvocato Pagliani da Massimiliano Camurani, Gianfranco Carugo e Roberta Rigon». Non solo. «L’avvocato Cataliotti – aggiunge Pagliani – non è stato nemmeno in grado di indicare un solo nominativo di quelli che lo avrebbero “insospettito” ed egli stesso ha smentito che in quel congresso fossero iscritti i vari Sarcone e Diletto. La pendrive con gli iscritti è prodotta in atti ed è consultabile per verificare l’insussistenza di quel che ha riferito l’avvocato Cataliotti, dichiarazioni rimaste prive di qualsivoglia riscontro effettivo e servite soltanto a generare un effetto cinematografico ben lontano dalla verità».
Parole, quelle di Pagliani, alle quali a stretto giro replica lo stesso Cataliotti, che a sua volta aveva fornito un elenco di iscritti del 2011, che non vuole in alcun modo entrare nella polemica, ma semplicemente precisare quanto già raccontato durante l’udienza: «Personalmente, non ho mai fatto il nome di Pagliani – spiega Cataliotti – molto banalemente dicevo che il criterio adottato dal partito per consentire la corsa indiscriminata alle tessere aveva portato all’iscrizione di persone non vicine al movimento. Ce n’erano tanti con cognomi di origine meridionale, che secondo me generavano l’esigenza di fare verifiche. Ma io non ho mai detto presentati da chi». Proprio sul ruolo dei presentatori delle tessere, inoltre, Cataliotti aggiunge che «non sono le stesse persone che hanno redatto le tessere. Il presentatore ha solo il compito di depositare. Il mio discorso non riguarda la quantità di tessere, di cui molto spesso non si conosce la paternità di chi le ha raccolte. Il mio era un discorso di qualità delle tessere. Ed è per questo che ho chiesto controlli, senza puntare il dito contro nessuno, ma ritenendo necessario che si facessero verifiche».
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