«Solidarietà a chi scrive di mafie»
Giulietti, presidente Fnsi, in visita alla Gazzetta: «Le querele temerarie sono la nuova forma di lupara»
REGGIO EMILIA. «Le querele temerarie sono la nuova forma della lupara. Un tempo si sparava, ora si sparano querele temerarie». E poi: «Ai giornalisti serve una scorta mediatica. Sembra un paradosso, ma è così. Per questo lancio un appello a nome della Fnsi: i grandi media devono venire qui e accendere i riflettori su Aemilia, per rendere più sicuri i cronisti di questi territori e i cittadini. Senza informazione le mafie possono mangiarsi la vita della comunità». Raccontare il malaffare in quell’Emilia un tempo felice, dove il radicamento delle mafie ha trovato un terreno fin troppo fertile, in un clima di connivenze e sotto valutazioni.
Sono alcuni argomenti affrontati ieri dal presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi), Giuseppe Giulietti, in occasione della sua visita in Gazzetta.
Una visita all’indomani della sentenza di primo grado del processo Black Monkey, che ha portato alla condanna a 26 anni di Nicola “Rocco” Femia, il boss che complottava di sparare al giornalista dell’Espresso, Giovanni Tizian. «Un cronista straordinario, costretto a vivere sotto scorta», afferma Giulietti, in città con la presidente dell’Associazione Stampa Emilia-Romagna (Aser), Serena Bersani, e con il componente della segreteria Fnsi, Mattia Motta. Nell’incontro, il presidente Fnsi ha affrontato nodi critici e difficoltà con cui devono fare i conti i cronisti che si occupano di mafie, soprattutto a Reggio, dove si sta svolgendo il maxi-processo Aemilia.
«Siamo qui per manifestare solidarietà ai cronisti di questa città, le minacce ricevute sono una minaccia all’articolo 21 della Costituzione: vogliono oscurare il diritto alla conoscenza per avere le mani libere. La battaglia dei cronisti di Reggio diventa anche della Fnsi». Intimidazioni, tentativi di mettere il silenziatore alla stampa. E poi querele temerarie, minacce più o meno velate. C’è anche questo nell’Emilia che si vuole civile, di cui il processo sta invece raccontando il volto oscuro. «Alla giustizia spetta il compito di fare i processi, cercando i nessi fra chi opera a Reggio e i mandanti, non solo in Calabria, di queste operazioni – aggiunge Giulietti – Ma di fronte a un giornalista minacciato non basta la scorta di polizia, che pure è sacrosanta. Serve una vera scorta mediatica». Per Giulietti, un tema di cui deve farsi carico la politica, senza alcun indugio: «Ognuno faccia i congressi che vuole, ma argomenti come il diritto alla sicurezza e il contrasto alla mafia non possono andare in vacanza. Sarebbe a rischio la democrazia». Quanto alle querele temerarie, «sono opera di gruppi organizzati, spesso malavitosi. Il messaggio è: “Non ci rompete le scatole”. Abbiamo rivolto un appello al ministro Orlando, che vedremo il 7 marzo. Bisogna introdurre una norma che c’è già in Inghilterra: il 90% di queste querele viene archiviata. E chi fa queste querele deve lasciare il 50% di ciò che chiede ad una cassa pubblica o al fondo delle vittime delle mafie. Oggi non succede niente a questi signori, che operano a mano libera, colpendo i cronisti, i direttori, ma soprattutto il diritto dei cittadini ad essere informati». (e.spa.)