Le contaminazioni da amianto e la cosca
di Alberto Setti
Per gli inquirenti la ’ndrangheta si serviva di Bianchini e delle sue entrature per far lavorare gli affiliati
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REGGIO EMILIA. Ma perchè la vicenda amianto, che ha interessato San Felice, Finale, Sermide, Mirandola, Concordia e Reggiolo è sfociata nel processo Aemilia?
La tesi di fondo è che la ’ndrangheta made in Reggio Emilia si sia servita di Bianchini e delle sue entrature per garantire lavoro agli uomini della cosca, peraltro sottopagati, i quali poi si sarebbero prestati ad operazioni illecite, quali appunto lo smaltimento abusivo e irresponsabile dell’amianto.
Nelle intercettazioni, gli altri dipendenti di Bianchini – che invece esprimeva stima per gli uomini di Bolognino – dicono che «quelli, gli operai di Bolognino e Giglio sono brutta gente», al punto da preferire un trasferimento nei cantieri di Milano piuttosto che lavorare con loro, ad esempio a Parma. Ad assistere all’udienza di ieri (oltre agli studenti di una scuola di Lugo di Romagna) c’erano infatti – in videoconferenza – il presunto boss Michele Bolognino, che gli investigatori hanno individuato come “mandatario” della Cosca nel modenese. Con Bolognino, Augusto Bianchini – raccontano le intercettazioni - avrebbe preso gli accordi. E in udienza era presente anche Luigi Alleluia, uomo di Bolognino che Bianchini chiamò a ottobre 2012 per il famoso “magrone” alla ditta Phoenix di San Felice. In quella occasione, hanno spiegato in udienza i carabinieri, a seguito di una segnalazione Arpa aveva effettuato un primo sopralluogo nel cantiere della ditta biomedicale in costruzione a San Felice. Per impedire un successivo “prelievo fiscale” (ovvero un esame più approfondito) da parte di Arpa, le intercettazioni e le foto dei carabinieri che sono state ripercorse ieri raccontano delle concitate telefonate a Luigi Alleulia da parte di Bianchini: doveva realizzare in fretta e furia una gettata di cemento («un pavimento veloce») e Bianchini si fidava di lui. Qualche tempo dopo le intercettazioni raccontano anche della discussione tra Alleluia e Bolognino, sulle 200 ore pagate da Bianchini ad Alleluia, per quei “pavimenti”.
Il viaggio dell’amianto che ieri è stato ripassato ha contemplato anche una nuova puntata, nel modenese, a proposito dei lavori di una rotatoria a Vignola. A lungo si è discusso, tra le parti, della tangenziale di Sermide, anche quella presumibile sede di stoccaggio di materiali contaminati, così come delle scuole. Gli investigatori, a proposito, hanno ricordato anche la contaminazione nel cantiere della scuola di Reggiolo, dove però il sindaco, impose, a differenza del Modenese, uno smaltimento a norma di legge.
La tesi di fondo è che la ’ndrangheta made in Reggio Emilia si sia servita di Bianchini e delle sue entrature per garantire lavoro agli uomini della cosca, peraltro sottopagati, i quali poi si sarebbero prestati ad operazioni illecite, quali appunto lo smaltimento abusivo e irresponsabile dell’amianto.
Nelle intercettazioni, gli altri dipendenti di Bianchini – che invece esprimeva stima per gli uomini di Bolognino – dicono che «quelli, gli operai di Bolognino e Giglio sono brutta gente», al punto da preferire un trasferimento nei cantieri di Milano piuttosto che lavorare con loro, ad esempio a Parma. Ad assistere all’udienza di ieri (oltre agli studenti di una scuola di Lugo di Romagna) c’erano infatti – in videoconferenza – il presunto boss Michele Bolognino, che gli investigatori hanno individuato come “mandatario” della Cosca nel modenese. Con Bolognino, Augusto Bianchini – raccontano le intercettazioni - avrebbe preso gli accordi. E in udienza era presente anche Luigi Alleluia, uomo di Bolognino che Bianchini chiamò a ottobre 2012 per il famoso “magrone” alla ditta Phoenix di San Felice. In quella occasione, hanno spiegato in udienza i carabinieri, a seguito di una segnalazione Arpa aveva effettuato un primo sopralluogo nel cantiere della ditta biomedicale in costruzione a San Felice. Per impedire un successivo “prelievo fiscale” (ovvero un esame più approfondito) da parte di Arpa, le intercettazioni e le foto dei carabinieri che sono state ripercorse ieri raccontano delle concitate telefonate a Luigi Alleulia da parte di Bianchini: doveva realizzare in fretta e furia una gettata di cemento («un pavimento veloce») e Bianchini si fidava di lui. Qualche tempo dopo le intercettazioni raccontano anche della discussione tra Alleluia e Bolognino, sulle 200 ore pagate da Bianchini ad Alleluia, per quei “pavimenti”.
Il viaggio dell’amianto che ieri è stato ripassato ha contemplato anche una nuova puntata, nel modenese, a proposito dei lavori di una rotatoria a Vignola. A lungo si è discusso, tra le parti, della tangenziale di Sermide, anche quella presumibile sede di stoccaggio di materiali contaminati, così come delle scuole. Gli investigatori, a proposito, hanno ricordato anche la contaminazione nel cantiere della scuola di Reggiolo, dove però il sindaco, impose, a differenza del Modenese, uno smaltimento a norma di legge.