Gazzetta di Reggio

Reggio

Frode del formaggio: gli indagati sono 27 

Frode del formaggio: gli indagati sono 27 

Nuove indagini: spunta il reato di associazione a delinquere. Avviso di garanzia anche ad Alai per abuso d’ufficio

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REGGIO EMILIA. Salgono a 27 gli indagati nell’inchiesta sul formaggio contraffatto partita due anni fa, affidata al sostituto procuratore di Reggio Maria Rita Pantani. Si tratterebbe di una seconda indagine che ha allargato il perimetro della prima. Il 14 febbraio, secondo quanto venuto a galla in queste ore, sono stati spediti gli avvisi di garanzia a 27 persone, dai casari fino ai dirigenti dei due consorzi, quello del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano. L’ipotesi di reato riguarda la presunta non conformità di alcune forme che sarebbero state prodotte senza rispettare i disciplinari. Ecco spiegato, quindi, l’aumento degli indagati, lungo tutta la filiera, dall’alto al basso. In alcuni avvisi, però, spunta un’altra ipotesi di reato, molto pesante: quella di associazione a delinquere finalizzata ai reati di frode alimentare.
Tra gli indagati c’è anche l’ex presidente reggiano del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai, al quale viene contestato il solo reato di abuso d’ufficio. «Il Consorzio del Parmigiano Reggiano non ha natura pubblicistica - è il commento di Roberto Sutich, avvocato di Alai - e l’ex presidente non poteva quindi commettere il reato contestato». Il 14 febbraio il gip Giovanni Ghini ha respinto le misure cautelari richieste dal pm, tra le quali c’era la sospensione di Alai dalla carica di presidente, che ha già lasciato l’incarico nel 2016. Il primo troncone d’inchiesta risale al 2015 per fatti accaduti nel 2013. Culminò con il sequestro – e poi il dissequestro - di alcune forme. Furono effettuate delle perquisizioni dai carabinieri del Nucleo antifrode (Nac) di Parma in una quindicina fra caseifici e magazzini di stoccaggio sia di Parmigiano Reggiano che di Grana Padano. I sospetti nati a fine 2014 nei formaggi finiti sotto tiro riguardavano difetti strutturali, difformità nelle croste, fessurazioni (veri e propri “buchi” nel prodotto) e la presenza del conservante lisozima, non pericoloso ma non previsto nel Parmigiano Reggiano. L’inchiesta metterebbe più in risalto una frode commerciale, perché lo stringente disciplinare del Parmigiano Reggiano non prevede nella produzione l'utilizzo di quella sostanza naturale. Sul registro degli indagati anche tre imprenditori lattiero-caseari: uno di questi è Dante Bigi, fondatore della Nuova Castelli e il maggiore esportatore italiano di Parmigiano Reggiano. Indagati, anche, l'imprenditore fiorentino 46enne Luigi Fici (ex ad di Nuova Castelli) e il collega mantovano 47enne Mario Panazza (della Casearia Gentile ma anche del cda della Casearia Tricolore). I tre imprenditori sono accusati di frode nell’esercizio del commercio e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari. (e.l.t.)