Gazzetta di Reggio

Reggio

Extracomunitari Excomunitari Tracomunitari

Stefano Scansani
Extracomunitari Excomunitari Tracomunitari

La domenica: l'editoriale del direttore Stefano Scansani

3 MINUTI DI LETTURA





Ve ne siete accorti? L’Unione europea che va scombinandosi ha creato almeno due nuove categorie di cittadini ivi residenti o già in essa residenti. Oggi non ci sono soltanto gli extracomunitari, nome col quale si identificano coloro che non appartengono agli Stati che compongono l’organizzazione sovranazionale del nostro continente. Extracomunitari, ad esempio, sono gli svizzeri come gli statunitensi, quanto i congolesi.

Una seconda nuova categoria è specialmente quella dei britannici che bisognerebbe classificare dal 23 giugno 2016 col nome di excomunitari. Se lo meritano.

La data indicata è quella del referendum col quale i sudditi di Sua Maestà decisero la Brexit e ora continuano ad elaborare la tattica di abbandono politica, economica e normativa più favorevole, per loro. Excomunitari è la definizione giusta, perché proietta il profilo del Regno Unito che è egocentrico, fissato sull’area del dollaro, sigillato sulla sterlina, a capo del Commonwealth, denso di esperienza su come trattare con gli altri Stati rimasti nell’Unione. Uno alla volta, bilateralmente, singolarmente. E noi ci caschiamo e sfasciamo.

Un ex, infatti, di solito è scafato perché è un pezzo emerito dei tracomunitari. Che siamo noi, rimasti con la bandiera blu aureolata dalle 27 stelle.

Tracomunitari è una definizione volutamente ambigua, perché non significa che italiani, francesi, tedeschi, spagnoli e tutti gli altri facciano la Comunità, ma che sono in relazione tra loro, in un’organizzazione incompiuta, difettosa, stanca.

Allora, ci sono tre generi: extracomunitari, excomunitari e tracomunitari.

Questi ultimi (cioè noi) per mille motivi vivono in una condizione di insopportabile decadenza dello spirito e dei contenuti dell’Unione Europea. Lasciamo stare le burrasche populiste o secessioniste che ogni tanto spazzano il vecchio continente per la gioia della Russia, degli Usa e della Cina. Neanche mi riferisco alla novità dei partiti sovranisti che, per intenderci, sono quelli che vorrebbero tornare agli Stati nazionali, alla regioni indipendenti, alle monete superate, ai dazi e alle frontiere.
I tracomunitari mai approderanno a una serena stagione europea, sostenuta dall’ottimismo dei cittadini e dalla riforma dell’organizzazione, finché ogni singola campagna elettorale significherà una sospensione dell’impegno collettivo, e un’elezione potrà rappresentare un’incognita.

Le urne politiche d’ogni Paese sono una sospensione d’animo (e attività) di Bruxelles, intesa come motore della Ue.

Qualche esempio. L’Europa dell’euro attende con trepidazione il 7 maggio quando il ballottaggio deciderà il nuovo presidente della Repubblica francese: Macron o la Le Pen.

A dire il vero la Ue è in sospensiva da mesi. C’era stata attesa anche in vista del 15 marzo scorso quando gli olandesi erano stati chiamati a scegliere fra lo xenofobo euroscettico Wilders e il liberale europeista Rutte.

L’anno scorso per la Ue è stato un periodo lungo di indugi. Infatti a giugno andarono alle urne gli spagnoli dopo un lungo periodo di stallo interno; gli austriaci votarono per il loro nuovo presidente il 24 aprile e il 22 maggio, tornarono ai seggi il 4 dicembre per scegliere tra il nazionalista d’ultradestra Hofer e il verde van der Bellen. Nella stessa data gli italiani si espressero per il referendum che fece saltare in aria il governo Renzi.

Intanto il 23 giugno i britannici avevano detto addio alla Ue. Sempre nel 2016, l’8 novembre, gli Stati Uniti installarono Trump alla Casa Bianca: sorpresa totale e frastornante per la vecchia Europa.
Non è finita. In Germania il prossimo 24 settembre sono in calendario le elezioni federali che vedranno in campo il socialista Schulz e la cristiano-democratica Merkel (cancelliera da 11 anni e “capa” delle dinamiche europee). Infine l’urna italiana è sempre imminente e frequente: da qui alla primavera prossima tutto è possibile.

Gran traffico.

Al di là dell’autonomia identitaria d’ogni Paese emerge fra le tantissime disunioni dell’Unione anche quella politica. Nel senso che ogni tornata non può rappresentare una rimessa in discussione di valori, obiettivi o anche dell’ordinaria attività Ue la quale non po’ continuare a singultare “aspettiamo i risultati di qua, attendiamo il nuovo governo di là”.

Ecco perché a differenza degli extracomunitari e degli excomunitari siamo costretti ad essere tracomunitari.

La prossima evoluzione sarà determinante. O ci ritroveremo davvero comunitari tutti d’un pezzo, o semplicemente tra, preposizione semplice che indica una posizione intermedia nello spazio. Bella conquista dopo sessant’anni.
s.scansani@gazzettadireggio.it