Mafia al Nord, a Reggio il processo-record
Per numero di imputati è il procedimento più rilevante dopo quello che Falcone incardinò a Palermo
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REGGIO EMILIA. Un maxiprocesso per mafia, ossia una corsa contro il tempo per non far scadere i termini delle numerose carcerazioni in atto: trent’anni fa al Sud, ora al Nord e con l’aula-bunker di Reggio come storico luogo in cui si snodano le udienze-fiume.
Colpisce parlarne in queste ore in cui vengono ricordati i 25 anni dalla strage di Capaci, dove fu ucciso il magistrato Giovanni Falcone (insieme alla moglie e a tre agenti della scorta) che tre decenni fa istruì con Paolo Borsellino (magistrato antimafia che rimase vittima di un attentato pochi mesi dopo la morte di Falcone) il primo maxiprocesso alla criminalità organizzata. Nel biennio 1986-87 si concretizzò la prima aggressione giudiziaria a Cosa nostra, in Sicilia. Trent’anni dopo il processo dai “numeri” roboanti si è spostato di molto dal profondo Sud, ha l’Emilia come “palcoscenico” e la ’ndrangheta come associazione mafiosa alla sbarra. Affari criminali che cambiano, come ha ben spiegato – ieri a Milano – Gaetano Calogero Paci, procuratore aggiunto della Procura di Reggio Calabria: «Quello che accade in Calabria è frutto di tante ragioni: storiche, culturali, legate alle difficoltà di collegamento e marginalizzazione geografica, ma anche frutto di una lunga stagione di disattenzione e sottovalutazione, di una stagione di isolamento – ha aggiunto – e i frutti di questo oggi li troviamo sparsi in tutta Italia: non c'è inchiesta di medio livello del mio ufficio che non abbia conseguenza in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna. Tutto quello che si fa in Calabria ha un collegamento con il resto d'Italia ma anche del mondo». Oggi la 'ndrangheta «non si occupa più di sequestri di persona ma di realizzare opere sofisticate, inserite nei più grossi appalti nazionali e internazionali – ha concluso – dalla Salerno-Reggio Calabria, all'alta velocità, opere tecnologicamente avanzate». Furono da primato i “numeri” del maxiprocesso palermitano alla Cupola: 475 imputati (inizialmente erano oltre 700), 349 udienze, 19 ergastoli, condanne per 2.665 anni di reclusione, 114 assoluzioni, multe per 11 miliardi di vecchie lire. Non è da meno Aemilia, il più grande procedimento di mafia al Nord Italia: 147 imputati, 45 parti civili, 1.300 testimoni, 18mila intercettazioni, ormai vicino alle 100 udienze...
Colpisce parlarne in queste ore in cui vengono ricordati i 25 anni dalla strage di Capaci, dove fu ucciso il magistrato Giovanni Falcone (insieme alla moglie e a tre agenti della scorta) che tre decenni fa istruì con Paolo Borsellino (magistrato antimafia che rimase vittima di un attentato pochi mesi dopo la morte di Falcone) il primo maxiprocesso alla criminalità organizzata. Nel biennio 1986-87 si concretizzò la prima aggressione giudiziaria a Cosa nostra, in Sicilia. Trent’anni dopo il processo dai “numeri” roboanti si è spostato di molto dal profondo Sud, ha l’Emilia come “palcoscenico” e la ’ndrangheta come associazione mafiosa alla sbarra. Affari criminali che cambiano, come ha ben spiegato – ieri a Milano – Gaetano Calogero Paci, procuratore aggiunto della Procura di Reggio Calabria: «Quello che accade in Calabria è frutto di tante ragioni: storiche, culturali, legate alle difficoltà di collegamento e marginalizzazione geografica, ma anche frutto di una lunga stagione di disattenzione e sottovalutazione, di una stagione di isolamento – ha aggiunto – e i frutti di questo oggi li troviamo sparsi in tutta Italia: non c'è inchiesta di medio livello del mio ufficio che non abbia conseguenza in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna. Tutto quello che si fa in Calabria ha un collegamento con il resto d'Italia ma anche del mondo». Oggi la 'ndrangheta «non si occupa più di sequestri di persona ma di realizzare opere sofisticate, inserite nei più grossi appalti nazionali e internazionali – ha concluso – dalla Salerno-Reggio Calabria, all'alta velocità, opere tecnologicamente avanzate». Furono da primato i “numeri” del maxiprocesso palermitano alla Cupola: 475 imputati (inizialmente erano oltre 700), 349 udienze, 19 ergastoli, condanne per 2.665 anni di reclusione, 114 assoluzioni, multe per 11 miliardi di vecchie lire. Non è da meno Aemilia, il più grande procedimento di mafia al Nord Italia: 147 imputati, 45 parti civili, 1.300 testimoni, 18mila intercettazioni, ormai vicino alle 100 udienze...