Reggio Emilia, Aemilia: «Clan, il pentimento di Giglio un grimaldello straordinario»

Reggio Emilia, Aemilia: «Clan, il pentimento di Giglio un grimaldello straordinario»

Relazione della Direzione nazionale antimafia sulla collaborazione di giustizia avviata da Giuseppe Giglio

23 giugno 2017
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REGGIO EMILIA. La collaborazione di giustizia avviata da Giuseppe Giglio – imprenditore 50enne arrestato nell'ambito dell'inchiesta di 'ndrangheta Aemilia e condannato in primo grado a 12 anni e sei mesi – rappresenta uno «straordinario grimaldello nella disponibilità della Dda di Bologna». Così la definisce la relazione della Direzione nazionale antimafia, nella parte dedicata al distretto emiliano-romagnolo. «Sebbene non ancora pienamente valorizzato e valutato nella sua reale portata probatoria», nella relazione si evidenzia che le dichiarazioni del pentito hanno «consentito di allargare a contesti insospettabili ed insospettati il livello della collusione fra imprese, politica e 'ndrangheta in territori diversi da quelli di origine e di maggiore radicamento della organizzazione calabrese». Dunque, si legge nel capitolo curato dal consigliere Cesare Sirignano, da Giglio arriva «un bagaglio di conoscenze di grande rilievo formatosi nel tempo ed acquisito direttamente da uno dei perni dell'azione di reimpiego di capitali provenienti da altre cosche calabresi».

Nella relazione si sottolinea inoltre il forte impatto dell'operazione Aemilia e i primi risultati ottenuti: 58 le condanne in abbreviato, mentre è in corso il dibattimento a Reggio per altri 150. Proprio la sentenza del gup Francesca Zavaglia, dove si evidenzia il salto di qualità della 'ndrangheta emiliana, è definita «pietra miliare per i successivi approcci investigativi e processuali».

Tra gli elementi di rilievo si ricorda, inoltre, lo scioglimento del Comune di Brescello, il primo caso in regione. La ‘ndrangheta si sta muovendo su due diversi livelli, come spiega sempre l’Antimafia: «Per conseguire il controllo del territorio, la criminalità organizzata utilizza, gioco forza, soggetti appartenenti all’ala militare e si avvale di altri corregionali, trasferitisi altrove, per supportarne, anche logisticamente, l’operato, confidando nella loro affidabilità e nel rispetto del comune codice mafioso». Raggiunto il risultato, però, «è necessario creare, progressivamente, le condizioni per infiltrarsi nei centri di potere e negli enti territoriali e per penetrare nella realtà economica locale. In questa fase, decisiva per riciclare i proventi delle attività criminali, le figure tradizionali di criminali mafiosi, fino ad allora protagoniste, lasciano il posto a figure professionali ed imprenditoriali locali, insospettate ed insospettabili, del tutto sganciate dalle dinamiche interne dell’organizzazione».