Allarme partito dai servizi segreti 

di Tiziano Soresina
Allarme partito dai servizi segreti 

La scorta assegnata al giudice Beretti su richiesta del procuratore generale. Indaga Ancona

07 luglio 2017
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REGGIO EMILIA. Da situazioni e ambienti diversi, ma minacce restano.

È stato questo inquietante “cumulo” a spingere il procuratore generale Ignazio De Francisci (responsabile della sicurezza dei magistrati a livello regionale) a chiedere – la settimana scorsa, nella riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica – un aggravamento sensibile della misura di protezione per il giudice Cristina Beretti che da sabato è scortata dai carabinieri in ogni suo spostamento.

Ciò significa che “qualcosa” era già emerso da tempo nei confronti del magistrato più in vista a Reggio e una vigilanza anche se soft era in atto, ma poi il sovrapporsi di spunti investigativi per nulla confortanti ha spinto a quella che tecnicamente viene chiamata “tutela” (prevista al momento sino ad ottobre).

Come anticipato ieri dalla Gazzetta, sono due le piste che hanno portato a proteggere in maniera più robusta il magistrato che in questo momento rappresenta l’attività giudiziaria reggiana ai massimi livelli: è infatti da nove mesi presidente vicario del tribunale, inoltre fa parte del collegio giudicante del maxi processo Aemilia contro la cosca ndranghetista emiliana con epicentro a Reggio. E nello specifico, le minacce sarebbero collegate sia alla corposa serie di maxi sequestri di beni (da svariati milioni di euro) in odore di mafia e non solo che sono stati “firmati” dal giudice Beretti, ma anche al ruolo che ricopre nel procedimento Aemilia.

Relativamente alle rilevanti misure patrimoniali, gli accertamenti ancora in corso hanno fatto emergere – tramite intercettazioni – non solo minacce, ma anche strane richieste di informazioni sulla toga reggiana. Essendoci di mezzo un reato contro un magistrato, se ne sta occupando di questa vicenda – per competenza – la procura di Ancona. Un fascicolo già ben instradato.

Non meno preoccupante il secondo versante che si è andato a sommare al primo e che riguarda “voci” minacciose raccolte dai servizi segreti, con sempre il giudice Beretti come obiettivo. Su questa delicata pista investigativa vi sono accertamenti in corso, ma colpisce il fatto che gli spunti da approfondire siano emersi in ambienti ndranghetistici che hanno parecchio a che fare con il maxi procedimento Aemilia. Una pista che viene presa a dir poco con le molle dagli inquirenti e gli atti – sempre per competenza – sono approdati alla procura di Ancona, con il possibile interessamento della Dda marchigiana in quanto il tessuto criminale in cui sono maturate le minacce è di matrice mafiosa.

Ieri il giudice Beretti ha affrontato l’ennesima udienza di Aemilia. Nell’aula bunker che come sempre pullula di forze dell’ordine, si è aggiunta per la seconda volta (martedì l’esordio, visto che la misura di protezione è in atto dal primo luglio) la “presenza” della scorta. Ogni spostamento del magistrato viene da sabato scorso adeguatamente “scortato”, sia all’interno del palazzo di giustizia (nel tempo trascorso in aula come giudice ad Aemilia o nei processi penali da calendario, ma anche nelle “puntate” nei vari uffici come presidente vicario), sia al di fuori del tribunale. Una protezione attorno al giudice Beretti discreta ma allo stesso tempo efficace, di cui in diversi si sono accorti nel palazzo di giustizia.

Intorno alle 14, quando il processo Aemilia si è bloccato per la pausa-pranzo, il magistrato ieri non ha potuto evitare l’assalto dei giornalisti, anche se la “rincorsa” si è completata solo fuori dall’aula bunker, cioè al primo piano del tribunale. Il giudice Beretti è stato comunque lapidario: «Io non dico assolutamente niente!». Con il magistrato c’è anche il presidente della Corte di Aemilia, vale a dire Francesco Caruso. Capisce la situazione e con tono bonario, mettendo la mano sulla spalla di un cronista, riesce a chiudere ogni insistenza giornalistica: «Cercate di capire, di queste cose non se ne parla».

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