Minacce alle toghe, l’inchiesta s’allarga
di Tiziano Soresina
Accertamenti su diverse persone per il clima intimidatorio verso Beretti, Salvi e Stignani emerso in un maxi sequestro
09 luglio 2017
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REGGIO EMILIA. Si sta rivelando sempre più spinosa la storia delle minacce che ha fatto scattare le misure di protezione nei confronti di tre magistrati reggiani.
Un’indagine che da quanto “filtra” coinvolge più persone, con ruoli probabilmente diversi nel creare un clima ritenuto non solo inquietante ma anche pericoloso dagli inquirenti. Minacce nate nel contesto di un sequestro patrimoniale milionario che ha avuto fin dall’inizio momenti di forte tensione non solo nei confronti dei pubblici ufficiali che hanno materialmente agito, ma soprattutto nei riguardi dei tre magistrati (due pm ed un giudice) che si sono pronunciati su questa clamorosa evasione fiscale. Accertamenti sono ancora in corso, perché i confini di questa indagine – in procura ad Ancona, competente sui reati nei confronti di magistrati in organico a Reggio – si starebbero allargando, fra parole pesanti (emerse nelle intercettazioni) e strane richieste di informazioni specificatamente sul giudice Cristina Beretti che ha avallato l’atto di sequestro patrimoniale. Nella primavera scorsa il clima minaccioso aveva portato a forme di protezione non solo per il giudice Beretti, ma anche per i due sostituti procuratori che avevano indagato su questa non indifferente evasione fiscale. Da allora questa protezione è rimasta inalterata per i pm Valentina Salvi e Giulia Stignani (si tratta di un accompagnamento nei trasferimenti quotidiani dall’abitazione alla procura e viceversa), mentre più di “qualcosa” è cambiato per l’attuale numero uno del nostro tribunale che – tecnicamente – è passata da una semplice vigilanza ad una tutela. Un aggravamento della protezione che affonda le radici anche nel ruolo che il presidente vicario del tribunale ricopre nel maxi processo Aemilia (fa parte della triade di giudici che dovrà emettere la sentenza di questo storico e ciclopico procedimento contro la ’ndrangheta emiliana dal forte radicamento a Reggio Emilia). L’accelerata è dovuta alle “voci” minacciose raccolte dai servizi segreti, con sempre il giudice Beretti come obiettivo.
Anche su questa delicata pista investigativa vi sono accertamenti in corso, ma colpisce il fatto che gli spunti da approfondire siano emersi in ambienti ndranghetistici che hanno parecchio a che fare con il maxi procedimento Aemilia. Dal primo luglio, quindi, la toga reggiana attualmente più in vista è “scortata” da uno o due carabinieri e c’è un’auto blindata della procura a disposizione per ogni spostamento.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Un’indagine che da quanto “filtra” coinvolge più persone, con ruoli probabilmente diversi nel creare un clima ritenuto non solo inquietante ma anche pericoloso dagli inquirenti. Minacce nate nel contesto di un sequestro patrimoniale milionario che ha avuto fin dall’inizio momenti di forte tensione non solo nei confronti dei pubblici ufficiali che hanno materialmente agito, ma soprattutto nei riguardi dei tre magistrati (due pm ed un giudice) che si sono pronunciati su questa clamorosa evasione fiscale. Accertamenti sono ancora in corso, perché i confini di questa indagine – in procura ad Ancona, competente sui reati nei confronti di magistrati in organico a Reggio – si starebbero allargando, fra parole pesanti (emerse nelle intercettazioni) e strane richieste di informazioni specificatamente sul giudice Cristina Beretti che ha avallato l’atto di sequestro patrimoniale. Nella primavera scorsa il clima minaccioso aveva portato a forme di protezione non solo per il giudice Beretti, ma anche per i due sostituti procuratori che avevano indagato su questa non indifferente evasione fiscale. Da allora questa protezione è rimasta inalterata per i pm Valentina Salvi e Giulia Stignani (si tratta di un accompagnamento nei trasferimenti quotidiani dall’abitazione alla procura e viceversa), mentre più di “qualcosa” è cambiato per l’attuale numero uno del nostro tribunale che – tecnicamente – è passata da una semplice vigilanza ad una tutela. Un aggravamento della protezione che affonda le radici anche nel ruolo che il presidente vicario del tribunale ricopre nel maxi processo Aemilia (fa parte della triade di giudici che dovrà emettere la sentenza di questo storico e ciclopico procedimento contro la ’ndrangheta emiliana dal forte radicamento a Reggio Emilia). L’accelerata è dovuta alle “voci” minacciose raccolte dai servizi segreti, con sempre il giudice Beretti come obiettivo.
Anche su questa delicata pista investigativa vi sono accertamenti in corso, ma colpisce il fatto che gli spunti da approfondire siano emersi in ambienti ndranghetistici che hanno parecchio a che fare con il maxi procedimento Aemilia. Dal primo luglio, quindi, la toga reggiana attualmente più in vista è “scortata” da uno o due carabinieri e c’è un’auto blindata della procura a disposizione per ogni spostamento.
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