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«Reggiani e cutresi: è ora di parlare»

«Reggiani e cutresi: è ora di parlare»

L’ex presidente della Provincia Sonia Masini: «Il processo non basta: attenzione perché la ’ndrangheta si rigenera»

15 luglio 2017
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REGGIO EMILIA. «Ho ricevuto molto messaggi di solidarietà sul telefonino. Da parte del Pd? No, nessuno, tranne da alcuni iscritti, ma non dal partito». Il giorno dopo la deposizione in aula l’ex presidente della Provincia torna sulle dichiarazioni rilasciate al processo Aemilia, dove è stata ascoltata per quasi quattro ore come testimone, chiamata dalla difesa dell’imputato Gianluigi Sarcone.

Un’audizione fiume, dove l’ex sindaca di Ramiseto è stata protagonista di un atto d’accusa, ma anche un mea culpa, sul modo con il quale il partito ha gestito i rapporti con la comunità cutrese in passato.

Masini, una critica molto forte la sua. Soprattutto alla luce del sua militanza ed esperienza amministrativa.
«Guardi, io non ho fatto né attacchi, né critiche. Ho solo raccontato fatti circostanziati e li ho collegati tra di loro, traendo conclusioni e dando un giudizio. Inoltre voglio ricordare che sono stata chiamata a deporre in un tribunale e ho risposto alle domande dell’avvocato, del pm e del presidente».

Qualcuno dice che lei ha parlato in quel modo solo perchè non ha più ruoli nel partito.
«La verita è che mi sono esposta, e non da oggi, e invece di sostenermi per le cose che dico alcuni mi attaccano, anche ora su Facebook. Persone che non attaccano chi è omertoso o la mafia, ma preferiscono attaccare me. Chi dice queste cose, che cerco una rivincita, dice cose vili. Sono stata chiamata da un tribunale a dire la verità. E ho detto quello che penso: che ci siamo sbagliati ad affidarci ad alcune persone».

In aula ha parlato dei consigliere comunali cutresi.
«Anche io credevo che avessero comportamenti trasparenti ma a distanza di anni devo dire che i loro comportamenti non sono trasparenti. E lo dico dopo aver fatto un percorso di maturazione, non perché non ho un ruolo. Chissenefrega di avere un ruolo. Sto benissimo così».

Crede che il processo Aemilia stia portando a quella presa di coscienza tanto auspicata?
«La gente è distratta, pensa che si risolverà tutto delegando. Io invece ho l’opinione che non possiamo solo delegare, serve un processo profondo di cambiamento. C’è chi non sa e chi fa finta di non sapere. Ma attenzione, il processo non sarà risolutivo perché la ’ndrangheta si rigenera. I reggiani devono parlare, prendere posizione, per aiutare prima di tutto i cutresi, penso a tanti bravissimi ragazzi. Bisogna dare un esempio».

Vuole fare questa battaglia con il suo partito?
«Non lo so, non partecipo a una riunione di partito da un po’ di tempo e sto bene così. Dico solo che gli appelli che faccio io dovrebbero farli anche loro, perché i cutresi onesti vanno sostenuti. È in atto un passaggio importante e bisogna dire ai cutresi che sanno delle cose che questo è il momento di dirle, altrimenti resterà un’ombra indelebile sui loro figli e nipoti. Dicano quello che sanno e nessuno pensi che con il processo Aemilia si è chiuso tutto. Insieme dobbiamo capire quali sono stati gli intrecci del passato, perché vanno rotti».

Torniamo ai cutresi e al rapporto con il partito.
«Come partito avevamo un rapporto strettissimo con la comunità cutrese».

Però ora molti parlano di discriminazioni e generalizzazioni nei loro confronti.
«Una tesi vittimista che non ho mai sopportato. Perché, come ho detto in tribunale, li abbiamo accolti a braccia aperte, addirittura si era fatto un volo Reggio-Cutro. La comunità cutrese è stata tenuta in grande considerazione e di conseguenza i suoi rappresentanti».

Perché tutta questa considerazione?
«Ovviamente era una comunità con un bacino di voti importante. Ma non era solo questo. C’era una storia comune, venivano da una realtà amministrata dalla sinistra. Ma mi chiedo che storia era quella? Noi abbiamo vinto il fascismo, loro la ’ndrangheta non l’hanno vinta, anzi l’hanno esportata al nord».

Che ruolo hanno avuto a Reggio?
«Hanno avuto posti di grande responsabilità. Nella Reggiana Calcio, nelle costruzioni, si occupavano di edilizia, urbanistica. Antonio Rizzo disse persino che volevano creare una banca, dunque darsi alla finanza. Avevano agganci con l’informazione, erano presenti in tutti i gangli della vita sociale ed economica. Dov’era la discriminazione?».

Dunque nessuna discriminazione?
«La discriminazione la costruisce la malavita e chi compie omicidi, mette bombe, si dedica all’usura. Quando le persone si associano per delinquere: queste sono le cose che fanno male alla comunità e contro le quali si devono ribellare».

E non lo hanno fatto?
«Non ho mai visto i rappresentanti occuparsi di queste cose, mai visti occuparsi della ’ndrangheta. Eppure dovrebbero essere loro a raccontarci i nomi, le logiche. Perché non si sono mai esposti? Perché hanno avuto paura ma questa paura rischiamo di ritrovarla poi a Reggio. Non pronunciano nemmeno la parola ’ndrangheta. Perché non entrano nel merito? Ne sanno meno di me e lei? Nei paesi si sa tutto, vuole che non sappiamo di omicidi, taglieggiamenti. Possono non sapere?».

Per qualcuno l’omertà era anche un calcolo elettorale.
«C’è la paura, c’è omerta, e c’è anche chi ha convenienza e ci guadagna e poi c’è anche chi ha un calcolo politico».

Un avvocato in aula ha detto che la comunità viene delegittimata.
«Sono i fatti che deligittimano Cutro, non il racconto che se ne fa. Quando a Cutro accadono cose, quando la mafia viene portata a Reggio, questo delegittima. Io ribadisco: parte di quello che ho saputo l’ho saputo grazie alla stampa, con la quale pure non avevo un rapporto facile. E comunque, ovviamente, c’è giornalista e giornalista».

Crede che la Provincia da lei retta per due mandati abbia fatto il suo dovere nella lotta alle infiltrazioni?
«La Provincia ha fatto un grande lavoro, non sempre conosciuto. Abbiamo cancellato con la Camera di Commercio 1.500 ditte di autotrasporto. Ho revocato appalti, negato autorizzazioni. Potrei raccontare mille episodi, anche di collaborazione con la prefettura».