«A Cutro solo a messa nessuna processione»
L’ex sindaco Delrio in aula per due ore ha parlato anche del viaggio in Calabria. «Sapevamo che c’era la mafia ma la svolta è arrivata con il prefetto De Miro»
REGGIO EMILIA. Il viaggio a Cutro, in occasione della processione del Santissimo Crocifisso del 2009, «dove restai 24 ore, andai a messa e non partecipai alla processione». L’incontro con il prefetto Antonella De Miro con i consiglieri comunali di origine calabrese nel 2011, dove «non si parlò delle interdittive ma del fatto che nella comunità cutresi ci fossero persone perbene».
Sono alcuni dei temi toccati ieri in aula, al processo Aemilia, del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, chiamato come testimone dalle difese degli imputati Pasquale Brescia, Gianluigi Sarcone e Francesco Scida, per raccontare fatti di sua conoscenza relativi al periodo in cui era sindaco a Reggio.
L’esame dell’ex primo cittadino è iniziato poco dopo le 12.30 ed è durato due ore. In aula erano presenti per l’occasione il presidente della Provincia Giammaria Manghi, il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti e alcuni assessori del Comune di Reggio.
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INCONTRO COL PREFETTO. Nell'incontro del 2011 in cui Delrio accompagnò alcuni consiglieri comunali di origine calabrese dal prefetto Antonella De Miro, «non era in discussione lo strumento delle interdittive, ma il fatto che nella comunità cutrese ci fossero persone perbene».
Delrio ha detto che «a fronte di una crescita dell’opinione pubblica e di notizie allarmanti che emergevano sulla stampa, qualcuno si sentiva ingiustamente accomunato ai delinquenti e questo è un fenomeno da stigmatizzare perché i cittadini reggiani sono sia di origine cutrese che non. Quelli che fanno i delinquenti lo fanno e le persone perbene non devono dire da dove vengono per dimostrarlo». Dunque, prosegue il ministro, «ci fu un disagio vero, percepito, che però nulla toglie al fatto che era importante e giusto che la comunità civile prendesse coscienza del fenomeno».
In questo contesto «i consiglieri comunali mi chiesero di poter manifestare la loro solidarietà per l’azione contro la 'ndrangheta ma anche la preoccupazione che ci fosse una stigmatizzazione generale verso i cutresi», aggiunge il ministro.
«Qualcuno venne da lei per lamentarsi delle interdittive?», ha chiesto il legale Antonio Piccolo. «Direttamente no – ha risposto il ministro –. Indirettamente alcune persone avevano segnalato che le interdittive rappresentavano un provvedimento che pesava. Segnalavano un disagio, ricordo che ci fu una segnalazione rispetto a Bacchi, non mi ricordo da parte di chi, a livello generico». Qualcuno dunque aveva a cuore la situazione dell’imprenditore di Boretto Bacchi, colpito da un’interdittiva e dopo cinque anni tornato nuovamente in possesso della “patente” antimafia.
LO STUDIO DI CICONTE. Agli avvocati che domandano se avesse avuto sentore del fenomeno della ’ndrangheta sul territorio, Delrio risponde: «Certamente. Sapevamo che a Brescello c’era la presenza della famiglia Grande Aracri, conoscevamo i processi e le condanne definitive e quindi sapevamo che nel territorio reggiano in senso lato, cioè in provincia, c’era questa presenza. Erano notizie note al punto che, visto che dalle forze dell’ordine non arrivavano evidenze dirette di penetrazione della criminalità organizzata, chiedemmo di fare un’inchiesta sulle risultanze processuali coordinata dal professore Enzo Ciconte che fu poi ripetuta nel 2010». Questo perché, «avevamo la percezione che anche Reggio Emilia potesse diventare bersaglio dell’azione criminale».
PRESA DI COSCIENZA. A fare la differenza nella lotta alle infiltrazioni e a determinare la presa di consapevolezza della comunità, fu però secondo Delrio il protocollo firmato dal Comune a maggio del 2011 con la prefettura, che aprì la stagione delle interdittive antimafia. «Fu con l’azione mirata del prefetto Antonella De Miro che la coscienza a Reggio divenne per fortuna molto più forte».
L’AIER. Delrio parla anche dei rapporti con l’associazione dei costruttori edili, per la maggior parte di origine calabrese, Aier e con il suo presidente Antonio Rizzo. «L'Aier fu ricevuta come tutte le associazioni che ne facevano richiesta dall’assessore all'Urbanistica ed esaminammo una loro proposta su come utilizzare l’invenduto che rimaneva dopo una stagione di grande espansione urbanistica. In giunta ritenni di non far passare questa proposta amministrativa». In merito al presidente dell'associazione, Delrio spiega: «Rizzo abita nella località dove abito io a Canali, avevamo degli amici in comune e lui è sempre stato un mio sostenitore politico».
LA PROCESSIONE. Il ministro precisa alcuni dettagli del famoso viaggio compiuto a Cutro nel 2009, alla vigilia delle elezioni amministrative in cui era candidato a sindaco della città del Tricolore per il secondo mandato. «Cutro – spiega Delrio – è una città legata a Reggio Emilia da un patto di amicizia fin dal 1995. Avevo ricevuto numerosi inviti, ho accettato quello del sindaco e mi sono recato a Cutro per una visita istituzionale, indossavo la fascia, durata 24 ore».
Il ministro smentisce di aver partecipato alla processione del Santissimo crocefisso, evento che si svolge nel paesino calabrese ogni 7 anni: «Non ho partecipato alla processione. Ho solo assistito alla messa, poi sono stato in piazza con altri sindaci e 5.000 persone, e me ne sono andato», chiarisce l'ex sindaco.
«La sera prima – aggiunge – avevo cenato al mare con due consiglieri comunali eletti a Reggio Emilia: Antonio Olivo e Salvatore Scarpino».
GLI APPALTI DI IREN. L’avvocato Stefano Vezzadini, difensore di Sarcone, ha insistito in particolare su alcuni aspetti relativi agli appalti di Agac e di Iren, chiedendo a Delrio chiarimenti sulla modalità del massimo ribasso. In particolare il legale ha chiesto al ministro se sapeva che Iren usava il massimo ribasso più frequentemente rispetto alle gare indette in precedenza da Agac.
«Sinceramente non ricordo e comunque noi invitavamo a non fare gare al massimo ribasso, questo era uno dei nostri inviti ma non ricordo se la percentuale di gare al massimo ribasso fosse aumentata». Il ministro ha detto che c’era già consapevolezza sul fatto che questa modalità di assegnazione dei lavori favorisce il «rischio di pratiche illegali, infiltrazioni e aziende fantasma, infatti con il nuovo codice approvato il massimo ribasso viene eliminato, ridotto solo a una soglia minima».
Di fronte alle ripetute domande dell’avvocato Vezzadini ha aggiunto: «Non ho conoscenza di come veniva gestito l’appalto. Mi interessava la qualità del servizio, non come veniva fatto l’appalto».
IL RUOLO DI ENRICO BINI. L’avvocato Vezzadini ha chiesto all’ex sindaco di Enrico Bini. Il legale ha incalzato Delrio, chiedendo se Bini gli avesse mai parlato di infiltrazioni mafiose e se era vero che l’attuale sindaco di Castelnovo Monti era accusato da alcuni esponenti politici di lanciare accuse generiche. Il ministro ha però risposto che con Enrico Bini aveva più volte affrontato i temi delle legalità, quando era presidente della Cna e della Camera di Commercio, firmando ad esempio un protocollo già nel 2007.