«A Bianchini non ho detto della galera di Bolognino»
Giulio Giglio, fratello del collaboratore di giustizia, racconta il retroscena quando presentò all’imprenditore l’imputato considerato un capo bastone
REGGIO EMILIA. Era a conoscenza che Michele Bolognino si era fatto tanti anni di galera per associazione mafiosa ma, nonostante ciò, Giulio Giglio - fratello del collaboratore di giustizia Pino Giglio - non ha pensato di rivelarlo ad Augusto Bianchini quando li ha messi in contatto per fare affari insieme. È uno dei retroscena sulla della liaison d’affari che legava Michele Bolognino, considerato uno dei capibastone del clan ’ndranghetistico al nord, con Bianchini, il titolare dell’omonima impresa di costruzioni di San Felice (Modena).
Giulio Giglio, anch’egli imputato in Aemilia ma a piede libero, è apparso ieri sul banco dei testimoni chiamato dai difensori di Bolognino e Bianchini. «Quando ho presentato Michele a Bianchini non gli ho detto della galera perché non era necessario. Per quanto mi riguarda aveva già pagato il dovuto. Lo considero un uomo perbene, un lavoratore». Giulio Giglio, 43 anni, è considerato dall’accusa di essere a totale disposizione del fratello Pino, con il quale aveva stabilito a Montecchio i suoi affari dopo aver lasciato il Crotonese.
Condivideva con il fratello Pino le quote in via paritaria della Giglio srl, società dei trasporti con oltre venti camion, finita poi sotto confisca. «Ho conosciuto Bianchini ne 2004 - ha spiegato ieri Giglio - Bianchini successivamente mi chiese se conoscevo a mia volta qualcuno che era in grado di fare alcuni lavori in edilizia. Allora io ho pensato a Bolognino e glielo ho presentato. Si sono visti nel mio ufficio e io ero presente. Dopo hanno lavorato insieme. Mi è capitato di vedere al lavoro nei cantieri di Bianchini gli operai di Michele».
Dal canto suo, in qualità di teste, Giglio è stato incalzato dagli avvocati affinché spiegasse il danneggiamento dell’auto intestata al padre, fatto grave viste la cause. «Sì, è stata danneggiata da alcuni spari» racconta il testimone, «mio padre ha sporto denuncia ma non sappiamo chi sia l’autore».
L’intreccio tra i fratelli Giglio e Bolognino era quindi certo e consolidato, e da questi fu allargato a Bianchini, anch’egli imputato in Aemilia proprio per effetto di questi rapporti, e che si è avvalso della manodopera offerta poi da Bolognino anche per i cantieri del terremoto.
Durante l’udienza sono stati ascoltati ex operai e soci d’affari di Bolognino. «Michele, se c’erano degli operai che si svegliavano tardi, sapeva come motivarli. Si è sempre interessato ai dipendenti, li trattava come figli ma quando serviva sapeva essere duro».
Un’udienza che si è aperta con una nuova ammonizione da parte del presidente del collegio, Francesco Caruso, rivolta alla nuova società che ha vinto l’appalto per gli stenotipisti. «I verbali sono lenti ad arrivare» ha detto seccato il presidente, che ha chiesto pazienza agli avvocati che hanno chiesto le trascrizioni delle udienze passate.