Gli affari della cosca in Romania
Nella relazione semestrale della Dia riflettori sugli interessi dei Grande Aracri
REGGIO EMILIA. Un gruppo di criminali siciliani, dedito al traffico internazionale di droga, ha cercato di mettersi in affari con alcuni pakistani residenti a Brescello. È il particolare inedito che emerge dalla relazione sul secondo semestre del 2016 realizzata dalla Direzione investigativa antimafia.
Nel capitolo dedicato alla criminalità organizzata siciliana si parla di droga. «L’individuazione dei canali di rifornimento, europei ed intercontinentali, conferisce inoltre, sempre più, al traffico di stupefacenti le connotazioni di reato transnazionale». E relativamente a questo passaggio una nota chiarisce: «L’operazione “Up & Down”, eseguita ad Agrigento, Favara e Porto Empedocle, ha evidenziato l’esistenza di un sodalizio criminale, dedito al traffico di sostanze stupefacenti (hashish e cocaina) provenienti anche dal Belgio, nonché il tentativo di “contatti con fornitori calabresi, nella fattispecie di Rosarno, e con fornitori di nazionalità pakistana residenti a Brescello in provincia di Reggio Emilia”». Il virgolettato proviene da uno stralcio del provvedimento cautelare nei confronti di alcuni trafficanti.
La relazione ricorda anche un’operazione del dicembre scorso della procura di Catania contro alcune persone accusate di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso: uno degli arrestati viveva a Reggio Emilia. Nella nostra provincia si registra inoltre da tempo la presenza di soggetti legati alla camorra.
La Dia dedica ampio spazio al clan Grande Aracri, «di cui sono noti gli interessi protesi alla realizzazione di una “struttura” in cui far confluire tutte le ‘ndrine dei territori limitrofi a quelli di Cutro, oltre a quelli operanti nel capoluogo di regione.
Si tratta di una strategia di azione già segnalata dalla Direzione nazionale antimafia e Antiterrorismo, che registra “numerosi segnali di una sostanziale pariteticità con le cosche reggine, almeno per quanto attiene alle più importanti organizzazioni del Crotonese, tra le quali, come affermato nella precedente relazione, spicca quella di Cutro facente capo a Nicolino Grande Aracri, il quale – non a caso - avrebbe voluto realizzare, prima del suo arresto, una struttura paritetica alla Provincia reggina, chiamando alla partecipazione tutti gli esponenti dei territori ricompresi nel distretto, con eccezione del solo circondario di Vibo Valentia, lasciato - viceversa - alla competenza criminale di Reggio Calabria.
Un disegno, del quale hanno espressamente riferito alcuni collaboratori di giustizia, ma che, almeno allo stato, sembra aver perduto slancio, proprio per la detenzione, frattanto intervenuta, dello stesso Nicolino Grande Aracri al 41 bis». Parlando delle mire egemoniche delle cosche cutresi si ricorda che «nel periodo in esame è stato possibile cogliere molteplici evidenze circa gli interessi, in Romania, di soggetti collegati alla ‘ndrangheta. Ci si riferisce, in particolare, a quanto riscontrato nel mese di settembre nel corso dell’operazione “Grecale Ligure” della Dia di Genova, che ha colpito, tra gli altri, anche soggetti vicini alla cosca Grande Aracri. Secondo quanto acquisito nel corso dell’attività investigativa, l’operato del sodalizio sarebbe stato finalizzato allo svuotamento patrimoniale delle società in stato di insolvenza, attraverso il trasferimento dei beni in aziende di nuova costituzione».