Auto incendiata, l’indagine all’Antimafia
Dopo la distruzione della vettura di Salvatore Silipo, il fascicolo per danneggiamento è stato trasmesso alla Dda di Bologna
08 agosto 2017
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REGGIO EMILIA. L’informativa completa sull’incendio doloso della vettura della 35enne Maria Brugnano in via Zambonini deve ancora atterrare sul tavolo del sostituto procuratore di Reggio Emilia, Giacomo Forte. Ma il contenuto del fascicolo aperto per danneggiamento a seguito di incendio avvenuto domenica alle 3 del mattino è già partito verso Bologna. Una strada quasi obbligata trattandosi dell’auto della moglie di Salvatore Silipo, 40 anni, imputato di Aemilia per estorsione e usura con l’aggravante del metodo mafioso. La procura reggiana ha trasmesso il fascicolo per competenza alla Direzione distrettuale antimafia. Restano chiaramente ignote le cause che hanno portato qualcuno a prendersi la briga di dare fuoco alla Fiat Punto parcheggiata davanti all’abitazione a Pieve Modolena di Silipo, che si trova attualmente in carcere alla Pulce.
Un atto doloso piuttosto eclatante, testimoniato anche dalla tanica lasciata vicino all’auto in fiamme, che è stata solo parzialmente danneggiata grazie anche all’arrivo dei vigili del fuoco. Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri, che hanno preso in carico in primi accertamenti, risalendo in poche mosse alla proprietaria dell’auto e al legame parentale con Silipo.
Per fare luce sul “reato spia”, che ha acceso subito un allerta, gli investigatori stanno cercando tracce nelle frequentazioni dell’imputato di Aemilia e dei suoi familiari. Silipo è stato incarcerato nel 2016 dopo aver violato la sorveglianza speciale. Nonostante l’obbligo di soggiorno a Reggio era andato infatti a passare qualche giorno in estate a Cutro, venendo così riarrestato. Ma i suoi precedenti sono diversi ed è considerato uomo di fiducia a Reggio Emilia degli altri associati del clan di ’ndrangheta ora sotto l’egida di Grande Aracri. Secondo la Dda di Bologna, avrebbe pianificato e gestito sia da solo che in concorso con il suo socio in affari, Alfonso Mendicino (anch’egli imputato di Aemilia e attualemente detenuto alla Pulce) diverse attività illecite di usura ed estorsione, «comunque nell’interesse dell’organizzazione». Silipo è stato tratto in arresto anche nel maggio 2010 dalla Guardia di Finanza di Reggio Emilia per il reato di associazione per delinquere ed usura. Le indagini erano partite circa un anno prima da un controllo fiscale effettuato nei confronti di un imprenditore edile di Scandiano, che aveva rivelato un giro di fatture false, ritenuto una copertura per fare fronte a prestiti a tassi di usura. A finire nel mirino delle forze dell’ordine sono stati però anche alcuni suoi familiari, con i quali Salvatore Silipo fu accusato di una serie di furti all’Ipercoop Ariosto. Madre e figli gestivano una nutrita banda di ladri con l’aiuto anche dell’unico estraneo, l’amico di sempre Alfonso Mendicino. (e.l.t.)
Un atto doloso piuttosto eclatante, testimoniato anche dalla tanica lasciata vicino all’auto in fiamme, che è stata solo parzialmente danneggiata grazie anche all’arrivo dei vigili del fuoco. Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri, che hanno preso in carico in primi accertamenti, risalendo in poche mosse alla proprietaria dell’auto e al legame parentale con Silipo.
Per fare luce sul “reato spia”, che ha acceso subito un allerta, gli investigatori stanno cercando tracce nelle frequentazioni dell’imputato di Aemilia e dei suoi familiari. Silipo è stato incarcerato nel 2016 dopo aver violato la sorveglianza speciale. Nonostante l’obbligo di soggiorno a Reggio era andato infatti a passare qualche giorno in estate a Cutro, venendo così riarrestato. Ma i suoi precedenti sono diversi ed è considerato uomo di fiducia a Reggio Emilia degli altri associati del clan di ’ndrangheta ora sotto l’egida di Grande Aracri. Secondo la Dda di Bologna, avrebbe pianificato e gestito sia da solo che in concorso con il suo socio in affari, Alfonso Mendicino (anch’egli imputato di Aemilia e attualemente detenuto alla Pulce) diverse attività illecite di usura ed estorsione, «comunque nell’interesse dell’organizzazione». Silipo è stato tratto in arresto anche nel maggio 2010 dalla Guardia di Finanza di Reggio Emilia per il reato di associazione per delinquere ed usura. Le indagini erano partite circa un anno prima da un controllo fiscale effettuato nei confronti di un imprenditore edile di Scandiano, che aveva rivelato un giro di fatture false, ritenuto una copertura per fare fronte a prestiti a tassi di usura. A finire nel mirino delle forze dell’ordine sono stati però anche alcuni suoi familiari, con i quali Salvatore Silipo fu accusato di una serie di furti all’Ipercoop Ariosto. Madre e figli gestivano una nutrita banda di ladri con l’aiuto anche dell’unico estraneo, l’amico di sempre Alfonso Mendicino. (e.l.t.)