Aemilia, Muto è in cella ma malato
Associazione mafiosa: il 62enne ha chiesto la scarcerazione per motivi di salute
12 agosto 2017
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REGGIO EMILIA. Il maxi processo Aemilia è in sosta estiva sino al 5 settembre relativamente alle udienze, ma per i tre giudici (il presidente Francesco Caruso e i colleghi Cristina Beretti ed Andrea Rat) l’attività non è finita, in quanto dovranno pronunciarsi nei tempi di legge sull’istanza di scarcerazione avanzata – per motivi di salute – dall’imputato 62enne Antonio Muto (originario di Cutro, ma da tempo residente a Reggio) attraverso gli avvocati difensori Vincenzo Belli e Salvatore Staiano.
Muto si trova in cella a Reggio con l’accusa di associazione mafiosa, ma da tempo non sta bene, da qui la richiesta di scarcerazione. In aula – due giorni fa – è stato sentito il medico legale Moreno Lusetti che non ha avallato la richiesta, ritenendo il carcere compatibile con le condizioni dell’imputato, adeguatamente curato in carcere alla Pulce. Ora la “palla” passa alla Corte che si esprimerà nel giro di pochi giorni.
Per la Dda di Bologna il 62enne è un “partecipe” della cosca ’ndranghetista radicatasi in Emilia e con epicentro a Reggio. Secondo i pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi siamo di fronte, nel caso di Muto e di altre 41 imputati (identificati come detto in “partecipi” del clan) a persone “costantemente in contatto con gli altri associati – si legge nel capo d’imputazione – espressione della consapevole e volontaria partecipazione all’associazione di stampo mafioso, dell’osservanza delle sue gerarchie e regole, della fedeltà alle direttive ricevute, del perseguimento dell’interesse dell’organizzazione, partecipando alle riunioni del sodalizio, utilizzando in modo costante il rapporto con gli altri associati come forma di allargamento della propria infulenza nonché capacità affaristica e di inserimento nel sistema economico emiliano”.
Le udienze nell’aula-bunker riprenderanno con il solito ritmo (martedì e giovedì) il 5 settembre e per quel giorno sono stati convocati i periti incaricati di trascrivere le intercettazioni (sarebbero 18mila ...) per indicare un termine finale per il deposito del lavoro monstre che gli è stato affidato. Poi si ricomincerà – sino al 28 settembre – con i testimoni della difesa.
Muto si trova in cella a Reggio con l’accusa di associazione mafiosa, ma da tempo non sta bene, da qui la richiesta di scarcerazione. In aula – due giorni fa – è stato sentito il medico legale Moreno Lusetti che non ha avallato la richiesta, ritenendo il carcere compatibile con le condizioni dell’imputato, adeguatamente curato in carcere alla Pulce. Ora la “palla” passa alla Corte che si esprimerà nel giro di pochi giorni.
Per la Dda di Bologna il 62enne è un “partecipe” della cosca ’ndranghetista radicatasi in Emilia e con epicentro a Reggio. Secondo i pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi siamo di fronte, nel caso di Muto e di altre 41 imputati (identificati come detto in “partecipi” del clan) a persone “costantemente in contatto con gli altri associati – si legge nel capo d’imputazione – espressione della consapevole e volontaria partecipazione all’associazione di stampo mafioso, dell’osservanza delle sue gerarchie e regole, della fedeltà alle direttive ricevute, del perseguimento dell’interesse dell’organizzazione, partecipando alle riunioni del sodalizio, utilizzando in modo costante il rapporto con gli altri associati come forma di allargamento della propria infulenza nonché capacità affaristica e di inserimento nel sistema economico emiliano”.
Le udienze nell’aula-bunker riprenderanno con il solito ritmo (martedì e giovedì) il 5 settembre e per quel giorno sono stati convocati i periti incaricati di trascrivere le intercettazioni (sarebbero 18mila ...) per indicare un termine finale per il deposito del lavoro monstre che gli è stato affidato. Poi si ricomincerà – sino al 28 settembre – con i testimoni della difesa.