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Aemilia, si indaga su nuovi reati

Aemilia, si indaga su nuovi reati

Il pentito Antonio Valerio oggi torna a deporre. Tanti gli spunti sui quali la procura sta lavorando

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REGGIO EMILIA. Notizie di reato e spunti investigativi. Sono già al lavoro i pm della Dda di Bologna che stanno passando al vaglio le confessioni e le rivelazioni del pentito Antonio Valerio, l’imputato 50enne del processo Aemilia, che oggi tornerà in aula per riprendere la sua deposizione. Martedì Valerio è comparso sugli schermi dell’aula di Aemilia per la prima volta, dopo aver riempito da giugno a settembre i verbali che lo hanno visto passare dall’essere un semplice imputato a diventare il perno del processo contro la ’ndrangheta. «Nel 1987 a Reggio Emilia c'erano già gruppi mafiosi, i Dragone portarono la ‘ndrangheta qui già in quegli anni. Così come i Lucente, si staccarono da Cutro per arrivare qui», ha detto Valerio martedì, nella speranza di acquisire a pieno lo status di collaboratore di giustizia. Oggi tornerà in collegamento da un luogo protetto con l’aula bunker di Reggio per l’udienza del processo Aemilia che lo vede imputato per associazione di stampo mafioso. Valerio deve ancora affondare nei ricordi più recenti: si è fermato agli anni Novanta, quelli che lo hanno visto passare da picciotto di paese ad affiliato di livello, assurto nella scala criminale grazie anche a reati di sangue. Ha già racconto l’omicidio del padre Gino avvenuto nel luglio del '77, a Cutro, quando ha risposto al presidente della Corte d'Assise Francesco Caruso e alla pm Beatrice Ronchi, delineando i legami della cosca con la terra di origine, parlando di uno «storico summit» avvenuto a Quattro Castella tra Antonio Dragone, Antonio Arena e Pasquale Voce. Valerio si è anche auto accusato di un tentato omicidio, avvenuto nel 1989 a Montecchio. Il pentito ha detto che con lui c'era Paolo Bellini, “primula nera, che nell'occasione gli avrebbe coperto le spalle. «Sparai a Nino D'Angelo – ha detto Valerio – un siciliano che mi dava fastidio in Val d'Enza, dove trafficavo droga. Stavo per dargli il colpo di grazia ma poi Bellini mi disse che dovevamo andare via subito. Per quel fatto non fummo mai indagati».

Nei verbali Valerio ha già ammesso di essere stato uno dei mandanti dell’omicidio di Rosario Ruggiero a Cutro, di aver fatto parte del commando che ha ucciso Giuseppe Ruggiero a Brescello e di essere stato l’autore dell’attentato in via Premuda.

Ma c’è molto di più: Valerio si dovrà soffermare anche sull’ascesa del boss cutrese Nicolino Grande Aracri, così come sulla zona grigia, quella presidiata da soggetti non affiliati ma che hanno stretto affari e amicizie con gli uomini del clan. Rivelazioni che stanno diventando la cosiddetta “pistola fumante” in mano alla procura, che grazie a Valerio sta acquisendo ulteriori dettagli e conferme all’inchiesta a strascico durata anni, già condita da intercettazioni a non finire.

Negli atti depositati al processo con le dichiarazioni di Valerio c’è il romanzo criminale della consorteria mafiosa in Emilia, che a Reggio detta legge, spesso con le pistole in pugno.

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