Aemilia atto secondo, dieci archiviazioni
Fra chi esce dall’inchiesta anche quattro poliziotti e un carabiniere. Il gip: «Solo regali, non un concreto apporto al clan»
REGGIO EMILIA. Si è “alleggerito” il troncone investigativo che è stato stralciato dall’inchiesta principale di Aemilia e che perlomeno nella fase iniziale ha incluso una cinquantina di indagati a piede libero.
In questo contesto l’archiviazione della posizione dell’ispettore di polizia Felice Caiazzo (per quasi tre anni nel mirino della Dda di Bologna per favoreggiamento aggravato dal metodo mafioso) è emersa nell’udienza del 22 settembre al maxi processo Aemilia, in cui l’investigatore è stato chiamato a deporre dalle difese.
In contemporanea alla sua sono state archiviate – su richiesta del pm antimafia Marco Mescolini poi avallata dal gip bolognese Alberto Ziroldi – altre nove posizioni. Fra le persone uscite dall’inchiesta vi sono un brigadiere dei carabinieri (Vincenzo Giuseppe Inguì) e quattro poliziotti: oltre al già citato Caiazzo, vi rientrano Pierluigi Lamanna, l’ispettore Agatino Catalano (a capo della Scientifica di Reggio Emilia, ora è in pensione) e l’ispettore Francesco Strada (in forza alla questura di Crotone).
Relativamente a quest’ultimo nell’udienza di Aemilia del 10 giugno 2016 era emerso che dopo la famosa cena di Villa Gaida agli "Antichi Sapori", organizzata per elaborare una strategia di contrasto alle interdittive antimafia – emanate dal prefetto Antonella De Miro – Alfonso Paolini (ora imputato di Aemilia) venne raggiunto dal provvedimento del prefetto di revoca del porto d'armi. Il calabrese allora cedette il suo fucile a un ispettore della questura di Crotone, appunto Francesco Strada. Stando a quanto riferito in aula dagli investigatori Strada aveva ottimi rapporti con Paolini e in alcune occasioni venne a Reggio a trovarlo o per portare il suo camper in deposito in un'azienda di trasporti della nostra provincia.
Tornando al provvedimento del gip Ziroldi, sono saltate le accuse anche per Eugenio Lucente, Roberto Dall’Ara ed Angelo Gennaccaro. Complessivamente otto persone, nei cui confronti il giudice specifica che “va condiviso l’assunto del pubblico ministero secondo cui, pur essendo emersa una più che inopportuna contiguità fra costoro e diversi esponenti dell’associazione criminosa attinti dal provvedimento cautelare per il reato di cui all’articolo 416 bis del codice penale (associazione di tipo mafioso, ndr) e, per alcuni, la fruizione di servizi o l’ottenimento di regalie, non sono state acquisite ulteriori evidenze tali da poter giustificare l’esistenza di un concreto apporto all’organizzazione criminosa, ovvero di una specifica correlazione tra la loro condotta e la propria attività d’ufficio”. Archiviate anche le posizioni di Gaetano Oppido (classe 1974) e Giuseppe Villirillo.