Gazzetta di Reggio

Reggio

«L’Appennino è stato abbandonato all’età della pietra»

di ENRICO MORENI
«L’Appennino è stato abbandonato all’età della pietra»

Un lettore risponde all’appello della Gazzetta sulle priorità «In montagna viaggiamo su vecchie mulattiere asfaltate» 

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In merito all’articolo del direttore Stefano Scansani “Reggio Emilia, tra il dire e il fare è passato un altro anno” del 3 gennaio, in cui ci invitate (noi lettori) a scrivere le priorità viste dai cittadini, “dalla bassa alla montagna passando per la città” segnalo le mie priorità.

Io abito a Ligonchio, una frazione del comune di Ventasso, che a quanto pare fa parte della provincia di Reggio Emilia, regione Emilia-Romagna. Dico così perché qui questi due enti pubblici è come se non ci fossero, sono anni che ormai hanno lasciato questo territorio completamente alla mercé di se stesso. Leggendo l'articolo sulla Gazzetta in cui vengono elencate alcune opere (tutte in pianura o che servono alla pianura) tra le priorità emergono cose come “demolire un sovrappassaggio pedonale”, “buttare giù un muro” o “realizzare qualche parcheggio” francamente mi viene da ridere. Dico così perché qua i problemi sono molto più gravi, ci sono paesi isolati da settimane da frane come Miscoso, che forse tra qualche mese sarà nuovamente raggiungibile, e altri come Vaglie sulla cui frana non è ancora stato ipotizzato alcun ripristino, ci vorranno come minimo dei mesi, forse anni, forse la strada rimarrà chiusa per sempre. In alto appennino non abbiamo bisogno di nuove opere, grandi varianti da milioni di euro, ma di semplice e molto più economica manutenzione delle infrastrutture già esistenti. Le strade sono manutenute in maniera indecente, e i ponti cadono a pezzi. Il ponte sul Rio Sologno, sul quale sembra che sia stato raggiunto un accordo per il suo rifacimento è solo la punta dell'iceberg. Un altro ponte sotto Collagna versa nelle stesse condizioni e tra poco toccherà al ponte del “Pianello” sul Secchia, coetaneo di quello sul rio Sologno, ma molto più lungo, e costoso da sistemare. L'asfalto non viene rifatto da decine di anni in alcuni tratti, e ogni chilometro frane e smottamenti hanno deformato il manto stradale. Quest'estate abbiamo visto adottare provvedimenti assurdi della provincia che piuttosto che asfaltare la SP91, ha vietato il transito a biciclette e moto. Mi viene da fare una riflessione anche guardando ai vicini di Modena e di Parma, dove la viabilità in appennino oltre ad essere stata manutenuta negli anni è stata anche oggetto di interventi di rettifiche di diversi tratti di strade, che non mi metto a citare qui per non dilungarmi. In appennino reggiano le strade sono ancora quelle del 1920, le vecchie mulattiere asfaltate, e quelle recenti si distruggono, come la “Gatta Pianello” che è stata portata via dal fiume per la terza o quarta volta.

L'unica strada degna di questo nome è la SS63 sulla quale sono state fatte tante promesse, dopo la variante del Bocco, si aspettano quelle della Bettola (sulla quale nessun politico ha osato fare previsioni temporali), della “pinetina” di Vezzano, e un collegamento rapido tra Puianello e Reggio Emilia, che si possa collegare alla tangenziale sud della città tra Canali e Rivalta, passando dietro alla vasca di Corbelli.

È evidente come la provincia di Reggio Emilia viaggi a due velocità, con un centro/nord industrializzato, e un sud ed estremo sud che occupa il 50% del territorio provinciale abbandonato all'età della pietra, dal quale vengono tolti sempre più servizi, ed è incredibile come questa cosa non interessi a nessuno. È forse uno specchio dell'Italia?